Salute mentale. Un contributo alla riflessione
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È accaduto nel SPDC di Livorno diversi giorni fa, un paziente della Val di Cornia, ricoverato in SPDC a Livorno, sarebbe rimasto contenuto al letto per una settimana e morto per polmonite (non connessa a COVID). Sembra anche che nessuna azione era stata promossa, né audit né altro, per chiarire (o almeno discutere in equipe) l’accaduto. E’ possibile ancora morire legati a letto? (cit. lettera ai giornali di Mario Serrano, ex Direttore DSM Livorno).
Questa tragica notizia e la nota di Mario Serrano hanno aperto una finestra e una riflessione sul pianeta “Salute mentale/Psichiatria” e in particolare sui SPDC, lì dove la sofferenza umana può prendere la via della “rabbia” e della violenza, anche istituzionale.
Il fenomeno “contenzione fisica”nei SPDCè stato oggetto di grande attenzione in Puglia nell’ambito del Progetto regionale (di cui sono stato Responsabile scientifico) “Miglioramento e valutazione della qualità dell’assistenza nei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura della Regione Puglia” (detto CIAO2)”, DGR n. 1814 del 06.12.2005. Al progetto hanno partecipato tutti i 18 Servizi del territorio regionale.
Di quella esperienza voglio riportare sia la cultura della valutazione che alcuni dati, che ci tolsero dalla autoreferenzialità. Soprattutto negli anni 2008, 2009 e 2010, attraverso l’adozione più diffusa di Registri di Monitoraggio degli eventi sentinella (negativi e positivi) e della Scheda di Monitoraggio compilata ogni quadrimestre, si sono potuti avere dati, sufficientemente attendibili sui comportamenti aggressivi, sul fenomeno“contenzione”, di attività, organizzativi, di integrazione del SPDC nella “RETE” dipartimentale e territoriale.
Riguardo al fenomeno della contenzione si è, inizialmente, registrato il numero di episodi di contenzione fisica, mentre nonsono stati disponibili il numero di pazienti contenuti né la durata (indicatori introdotti solosuccessivamente, nel 2010). Dai datiche riguardarono complessivamente i18 SPDC regionali allora presenti sul territorio (progetto CIAO-2), si poté desumere quanto segue:
. E’ alto il numero di infortuni ad operatori (41 nel 2008 e 55 nel2009).
. Gli episodi di aggressivià sono stati 828 nel 2008, 702 nel 2009.
. Il numero di TSO è stato di 1099 nel 2008 su 5876 ammissioni, 1088su 5530 ammissioni nel 2009, mentre il numero di giornate di degenza in TSO è pari ad 1/5 circa delle totali. Il dato è, tuttavia, disomogeneo, risultando comunque mediamente elevato.
. Il numero degli episodi di contenzione sono stati 1116 nel 2008 e 1202nel 2009. La situazione in Regione è risultata non omogenea e, mentre vi sono SPDC in cui la contenzione fisica non viene praticata (4 nel 2008/9), ve ne sono altri che mostrano una tendenza ad un ricorso costante alla stessa, da pochi episodi fino ad oltre 250 episodi di contenzione fisica all’anno (N.B. un paziente potrebbe essere stato contenuto più volte durante la stessa degenza).
. Nel periodo gennaio-agosto 2010 il numero totale di pazienti contenuti meccanicamente è stato pari a 354, per 4.641 ore di contenzione e 43 persone contenute per più di 24 h.
. Il numero medio di operatori per posto letto è sceso da 1,48 nel2006 a 1,23 nel 2009 e quello dei medici da 0,35 nel 2006 a 0,3 nel 2009.
. E’ aumentato il numero di SPDC con criteri di selezione relativi alle caratteristiche dei ricoverati (da 10 nel 2006 a 13 nel 2008 – due li hanno definiti formalmente). Tuttavia persistono ancora molte disomogeneità, con rischi di ricoveri inappropriati (LEA) o di gestione difficile di pazienti con gravi comorbiditào patologie organiche: ritardo mentale, demenza, dipendenza e abuso di sostanze, disturbi di personalità, doppia diagnosi, tuttesituazioni spesso correlate ad aggressività o confusione(Nestor, AJP 2002; Kaltiala-Heino et al., IJLP 2003; Sailas, Wahlbeck, COP 2005; Friedman, NEJM 2006).
. Irapporti tra SPDC e CSM sembrano essere ancora problematici, discontinui; ancora nel 2008 un servizio dichiara di non aver ricevuto visite dagli operatori dei CSM e dai registri di monitoraggiorisultano 808 incontri con operatori territoriali rispetto a 4390 persone ricoverate. Di conseguenza il ricovero potrebbe risultare avulso dal contesto territoriale e la acuzie segnare una discontinuità nella storia del paziente e nella sua presa in carico.
. Il SPDC è il luogo dove in modo forte e pressante si concretizza la necessità di gestire comportamenti aggressivi e drammaticamente si attualizza il conflittot ra diritto/dovere di cura e libertà individuale.
Emersero anche alcune criticità organizzative:
. la mancanza di valide sinergie con i CSM e le agenzie di soccorso sanitario e non (118, PS, Forze dell’ordine..) unita alla tendenza a “psichiatrizzare” qualsiasi comportamento violento o “fuori norma”(di manicomiale memoria),
. ricoveri inappropriati, l’invio in SPDC poco attento senza aver eseguito terapie adeguate e aver informato opportunamente il paziente sulla necessità e modalità con cui avverrà il ricovero,
. dotazioni organiche inadeguate numericamente e poco formate nella gestione dell’aggressività e nel riconoscimento dei segni precoci di crisi,
. un clima organizzativo poco sereno e coerente, il burn-out, difficoltà ad esprimere le emozioni (cosa che riguarda sia i pazienti che gli operatori), difficoltà di audit, spazi inadeguati.
Sono tutti fattori che, quando presenti, possonofavorire risposte contenitive e coercitive, sia “farmacologiche”
che fisiche, laddove non è peraltro dimostrato che il ricovero psichiatrico sia un mezzo idoneo alla prevenzione della violenza (Buchanan, PS 2008).
In ogni caso, la “contenzione farmacologica”sembra essere meno interessata dall’ampio dibattito in atto circa la legittimità e la terapeuticità degli interventi contenitivi, nonostante gli effetti collaterali (anche fatali) degli antipsicotici usati nell’urgenza (vedi note AIFA), trattandosi comunque di un atto (da valutare per la appropriatezza) terapeutico che rientra nell’esercizio della professione medica, peraltro considerato meno stressante dai pazienti (Mayers, IJSP 2010).
D’altra parte la contenzione fisica è una prassi che limita totalmente la libertà individuale ed in particolare la libertà di movimento, con gravi ripercussioni giuridiche e medico-legali: non vi è alcuna norma giuridica che riconduca la “contenzione fisica” ad un atto medico e quindi ad un trattamento sanitario o che ne approvi o incoraggi l’uso (EC Commitee of Ministers, Rec1994/1235, Rec 2004/10; WHO, 2005).
Si tratta di una pratica per cui è difficile valutare il rapporto tra sicurezza e protezione da una parte e diritti umani dall’altra, tra rischi e benefici a breve e lungo termine, per cui tutte le raccomandazioni internazionali puntano ad una sua restrizione (Mohr et al. CJP 2003; Sailas, Wahlbeck, COP 2005; Chandler, JAPNA 2008; Sailas, Fenton,Cochrane Review 1998-2009).
L’articolo 3 del Codice di Deontologia Medica dice che la tutela della salute fisica e psichica deve avvenire sempre nel rispetto della libertà e dignità della persona umana, mentre l’articolo 49 dice chiaramente che anche in caso di trattamenti sanitari obbligatori il medico non deve porre in essere o autorizzare misure coattive salvo casi di effettiva necessità e nei limiti previsti dalla legge.
La contenzione fisica potrebbe, quindi, essere considerata solo nei casi in cui, essendosi dimostrati inefficaci tutti gli altri interventi meno restrittivi, sia attuale il rischio di danno alla persona (per l’incolumità del paziente, degli operatori o di altre terze persone), ravvisandosi uno “stato di necessità”(art.54 c.p.)e trovandosi il sanitario a doverassumere la cosiddetta “posizione di garanzia”.
Comunque, nonostante una certa percentuale (30-50%) di ricoveri inappropriati tra i pazienti contenuti, rimane alta la quota di pazienti propriamente psichiatrici, con comportamenti aggressivi, ma la contenzione fisica comunque costituisce sempre un evento potenzialmente avverso, significativo per quanto concerne il rischio clinico (Board APA, 2002-2003), nel duplice aspetto della possibile compromissione:
. del percorso terapeutico, per le conseguenzepsicologicamente deleterie per il paziente, per lo staff curante, per i famigliari;
. della salute fisica e psichica del paziente, come rischio attuale connesso alla esecuzione della pratica (vedi
elaborato gruppo di lavoro su emergenza-urgenza Regione Emilia Romagna 2008; risultati questionario su contenzione Progetto CIAO Regione Puglia).
Va in ogni caso considerato che il paziente contenuto necessita, proprio perché in quella condizione, di assistenza continuativa, sia sul piano fisico che per garantire il necessario contenimento emotivo.
Con l’obiettivo di eliminare la contenzione fisica ed in ogni caso prevenirla e minimizzarne l’uso, secondo le Raccomandazioni della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome del 29.07.2010 sulla Contenzione Fisica in Psichiatriae la Regione Puglia ha recepito integralmente le Raccomandazioni della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome del 29.07.2010 sulla Contenzione Fisica in Psichiatria, adottando con deliberazione della giunta regionale del 22 novembre 2011, n. 2548, il Documento di “Raccomandazioni per la prevenzione ed il superamento della contenzione fisica nei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura della Regione Puglia”.
Ma che sta accadendo oggi
Penso che nei servizi sempre si faccia il possibile per garantire ai cittadini ed agli operatori le buone pratiche assistenziali, so bene che ci sono in Italia SPDC dove non si contiene, tuttavia la domanda è se quanto accaduto a Livorno non sia un segnale preoccupante rispetto al deteriorarsi della cultura della “Salute mentale”. Certamente il problema principale oggi, soprattutto in questo periodo pandemico, è la carenza di personale e di risorse e quando il depauperamento dei servizi supera una certa soglia critica è più difficile mantenere standard assistenziali di qualità, ma è solo questo il problema?
Forse altrettanto grave è il problema dei modelli organizzativi, così disomogenei sul territorio nazionale, tanto più a fronte della scarsità di specialisti, peraltrocon una formazione lontana forse dalla “salute mentale” così come l’abbiamo vissuta negli anni passati, quelli che si sono formati con Basaglia.
Poi della problematica delle contenzioni fisiche nei SPDC non se ne parla, mentre serve una attenta valutazione, raccolta dati, indicatori di frequenza edi duratadelle contenzioni, monitoraggio ambientale, delle dotazioni organiche, modalità di collegamento CSM/SPDC e con altre agenzie e istituzioni della rete territoriale…
In ogni caso, è difficile pensare che l’aggressività nasca e si consumi all’interno dei SPDC, quando invece è l’ultimo atto di un dramma che nasce fuori, nelle relazioni conflittuali familiari e sociali, e/o nel fallimento della presa in carico dei pazienti gravi, che è compito fondamentale del DSM, e/o nella frammentazione del percorso che dal territorio porta al ricovero. Insomma il tema così complesso delle contenzioni nei SPDC(ma non solo) non può né deve essere messo sotto il tappeto, ma merita una attenta valutazione critica, tecnica, culturale, avendo bene a mente i “servizi che vogliamo”.
Fulvio Picoco
Psichiatra. Brindisi – Collaboratore redazionale del mensile Lavoro e Salute
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