“La tortura non è solo quella di Genova 2001. La teoria delle poche mele marce non passa”.

La sentenza della corte di Strasburgo sancisce che quella di Genova fu una vera e propria mattanza. E mette in evidenza non solo come il percorso di giustizia italiano sia stato lungo e tortuoso, ma anche lacunoso.
Questa è una battaglia che facciamo dal 2001 come movimenti, garantisti, partito della rifondazione comunista, e comitati per la verità e la giustizia su Genova. E anche come gruppi parlamentari, che io ho avuto la possibilità e il piacere di dirigere. Certo, finalmente, questa condanna, per un atto commesso nel 2001, è un po’ la metafora della nostra tesi sul rapporto tra potere militare e politica e sul rapporto tra politica e impunità, e di come l’impunità del potere militare si regga sua volta sulla politica. E, infine, di come la politica utilizzi questa impunità per governare i movimenti, soprattutto nelle fasi recessive come l’attuale.

La sentenza dei giudici di Strasburgo è molto chiara. A te ha convinto?
La sentenza è molto chiara e dice una cosa specifica importante anche sul piano giurisdizionale. Come avevano capito anche quei magistrati che avevano individuato l’esistenza di tortura sia alla Diaz che a Bolzaneto, su cui la sentenza di Strasburgo è attesa da qui tre mesi, in assenza dell’introduzione del reato di tortura, e a trent’anni dalla firma da parte dell’Italia della convenzione internazionale sulla tortura, non è permesso di fatto che quelli che si macchiano di tortura possono essere realmente puniti. Ci sono stati giudizi nei confronti di poliziotti ma nessuno ha fatto nemmeno un giorno di carcere, oppure se la sono cavata con una leggerissima sanzione. Molti addirittura sono stati promossi, fino al caso abnorme di De Gennaro di cui si parla finalmente in queste ore.

Entrando specificatamente nell’ambito giuridico, l’assenza del reato di tortura che conseguenze ha?
Senza il reato di tortura la magistratura ha dovuto adottare le cosiddette aggravanti del reato di violenza. E tra l’altro queste aggravanti, senza il reato di tortura, vigente peraltro in moltissimi paesi nel mondo, poi vanno in prescrizione, come è accaduto nei procedimenti su Genova 2001. Ora il presidente del Consiglio dice che il Parlamento risponderà con la legge sulla tortura.

Qual è il tuo giudizio sulla legge che sta per essere approvata?
Beh, innanzitutto noi che siamo stati tra i presentatori di un testo, sentiamo parlare ormai dal 2005 di questo tema.Ci sono dei fatti addirittura grotteschi. Quando abbiamo presentato il testo per la prima volta ci è stato risposto, dall’allora Governo, che la tortura non rientrava nella mentalità e nella cultura delle forze dell’ordine e quindi, nonostante ci fosse la firma dell’Italia in calce alla convenzione internazionale contro la tortura, non andava introdotta nel codice penale, che sarebbe stata un’offesa per la nostra polizia. Così come oggi c’è una resistenza ossessiva contro l’introduzione della targhetta con il nome, e della individuazione numerica, per gli agenti in servizio nelle iniziative di piazza. Questa legge è mediocre. Lo stesso primo firmatario, Luigi Manconi ha detto che una legge è meglio farla, ma è insufficiente. La tortura non è un reato specifico di pubblici funzionari, come abbiamo sempre chiesto e come prevede la convenzione internazionale, ma diventa un’aggravante di un reato comune che ogni cittadino può commettere. Seguendo il filo del ragionamento sull’habeas corpus che ogni pubblico funzionario dovrebbe osservare,come dimostrano i casi Cucchie e Aldrovandi, non c’è più la reponsabilità del pubblico ufficiale, che viene equiparato al normale cittadino che commette tortura. Per lui solo un’aggraveante di tre anni. 

C’è poi il punto sulla cosiddetta “afflizione psichica”…
Il secondo punto riguarda l’afflizione psichica, appunto. Se si esclude che vi è tortura quando vi è afflizione psichica oltre che fisica, vuol dire che la maggior parte dei casi verrebbero esclusi. Certo, meglio averla questa legge, ma è veramente molto deludente. Del resto, non siamo riusciti a far pssare, anche per i voti del centrosinistra, la commissione per la verità su Genova, e quindi ci ha dovuto pensare la Corte di Strasburgo e l’azione di un nostro compagno che è stato colpito duramente nella notte cilena della Diaz. Questo dice tutto sul profilo di questa maggiornza sul tema. Il rapporto tra potere miltare e potere politico, di cui parleremo domani nel corso di una conferenza, a Roma, sulla repressione, ripeto, viene metaforizzata in questa sentenza di Strasburgo.

La figura di De Gennaro, e con lui i governi che l’hanno promosso, esce un po’ malconcia da questa vicenda.
De Gennaro è stato a Genova l’uomo della Nato. E’ staato l’uomo che ha tenuto il rapporto tra il potere militare statunitense e quello italiano. Dopo essere stato dirigente della polizia è passato ai servizi segreti e poi a Finmecanica che, non dimentichiamo, è un’imporante industria pubblica che ha specializzato la propria produzione nel settore delle armi. E’ tutto molto molto grave e non si capisce il silenzio del presidente del Consgilio.

E dire che Renzi aveva detto che apriva gli archivi del nostro periodo “cileno”, quello della strategia della tensione…
Un’operazione puramente di facciata. Anche perché non è uscito nulla di nuovo. Erano atti conosciuti dalla magistratura.

Pochi giorni fa Ilaria Cucchi ha avuto modo di sottolineare che alla ripertura del procedimento che riguarda il fratello ci potrebbero essere importanti novità.
Questo elemento è importantissimo perché riconosce il deficit nella legislazione italiana e il deficit di impunità di carabinieri, polizia e polizia penitenziaria. La tortura non è solamente quella di Genova, della Diaz e di Bolzaneto. Non è un fatto di poche mele marce, come si affannano a dire alcuni dirigenti della destra e del Pd. Non dimentichiamo che abbiamo avuto anche la caserma Ranieri di Napoli un mese prima di Genova. Oppure il caso delle squadrette di picchiatori nelle carceri di Sassari che hanno massacrato i detenuti in trasferimento. E’ un dato strutturale. La tortura e la violenza in carcere e nelle manifestazioni è diventato un dato strutturale nel comportamento di polizia penitenziaria, polizia e carabinieri. Sul caso Cucchi, ucciso nel passaggio tra carabinieri, carcere e polizia, non c’è dubbio che il fatto che sia crollata l’impunità legislativa e giudiziaria che vi è stata finora può far riaprire, se la procura lo farà, e dovrà farlo credo, con attenzione e acume, il caso sulle responsabilità, finora vergognosamente coperte. Non dimentichiamo che si è tentato di scaricare tutto sui medici, che pur probabilmente sono stati conniventi. Io sono stato in quell’ospedale, al Pertini di Roma, poche ore dopo la morte di Stefano. Quello non è un ospedale ma una sezione carceraria ospedaliera quindi vi è la connivenza con la poilzia penitenziaria. Mi assumo la responsabilità di quello che dico, ovviamamente. Comunque non c’è dubbio che non si può tutto addebitare alle mancate cure dei medici. Qui c’è qualcuno che ha ucciso, come nei caso di Cucchi, appunto, e di Aldrovandi e Bianzino. E quindi ci sono delle leggi da cambiare. Non dimentichiamo che ancora il Governo non fa nulla sulla incostituzionalità di parte della Fini Giovanardi e non fa nulla sulla Bossi Fini. Questa legislatura è molto molto deludente, anche sul piano dei diritti che, nonostante lo sbandierato garantismo, vede Governo e Parlamento assolutamente fermi.

Fabio Sebastiani

10/4/2015 www.controlacrisi.org

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