Perchè perdiamo?

Perdiamo anche perché siamo pirla

Chi ha letto qualche mio articolo avrà forse dedotto che, pur parlando di temi tecnologici, lo faccio sempre partendo da una lettura interiore, psicologica ma anche antropologica della specie umana, e contemporaneamente incentrata sulla pratica, la quotidianità. 
Una delle cose secondo me più evidenti è che la storia umana è un’onda sinusoidale, a periodi di decadenza culturale seguono periodi di rinascita intellettuale, ed il web ha amplificato ed evidenziato questo aspetto. Insomma si alternano periodi euforici e periodi di depressione. Ora siamo in un periodo di depressione, e se vogliamo uscirne vivi dobbiamo istigare puntando sulla voglia di  tutti. Come nel ’68. Preciso: non la coscienza di massa come nella rivoluzione illuminista e nemmeno la rabbia come nella resistenza, ma l’euforia, come nel sessantotto, pur mantenendo peró le malizie apprese (sarebbe ora) delle altre esperienze, a partire dalla nascita del socialismo (se non prima) fino a quella dei cosiddetti millennials.
Altra precisazione: dico euforia e non creatività. Perché l’euforia creativa fine a se stessa é diversa da quella di una madre che si sbatte ma lo fa “presa bene”, la madre giovane che mentre fa mille cose sorride guardando “suo figlio” ormai cresciuto, si sente libera di andare. Non sente il peso di vivere, ne ha voglia.
Mentre si avvicina il congresso nazionale di Rifondazione Comunista, ascolto il discorso di Ferrero per i trent’anni di rifondazione e mi chiedo cosa cambiare all’interno di questo partito per risollevare le sorti dell’ideologia più empatica della storia umana. Anzi, di più: mi chiedo come cambiare le sorti di questa intera umanità. Non è presunzione la mia, è una ricerca anzitutto interiore. Vorrei che si leggesse sotto questa chiave di lettura la proposta che farò. 
E non è una proposta che faccio alla segreteria, sia inteso, è una proposta che faccio a tutti i compagni e non, che avranno voglia di raccogliere anche solo uno dei punti proposti.

Anzitutto non nascondo di essere stato tra i tanti critici nei confronti della segreteria, ma non ho mai abbandonato il PRC, nemmeno quando era evidente l’incoerenza ideologica. Tutti si sbaglia, è l’intenzione che conta e questo è il partito che ha lottato per i miei diritti, quindi sono rimasto e rimango a supporto nonostante le evidenti incoerenze. Lo devo, lo dobbiamo, ai compagni di tutte le epoche.

Prima di fare una proposta riporto i punti salienti descritti da Ferrero, che concordo pienamente, anzi di più, considero da standing ovation (un po’ in ritardo ma meglio di niente), e quello che non concordo ma che lascio come discussione ai posteri, essendo più interessato alla linea unitaria.

Questi i punti:
Idea chiara di comunismo: la cura materna”. La questione è più profonda, non mi serve una madre, mi servono compagni con cui collaborare attivamente, ma è bene trovare un sunto appetibile per i più, quindi diciamo che in sostanza concordo.
Distruggere l’idea che non ci sia alternativa. che non ci siano soldi o risorse”.Concordo anche se credo che serva insegnare alla gente la responsabilità di fare “i conti della massaia” quando si parla di politica, ad ogni modo qui mi soffermo: i primati viaggiano prima di tutto per imitazione. Non é con le riunioni interne al partito che risolviamo il problema, men che mai nelle chiese, casomai facendo cose pratiche tra la gente, nelle scuole, nei bar, nei luoghi pubblici e affollati (possibilmente non limitandosi a quella fetta che non ha fiato per correre ma a quella che diventerà la resistenza di domani).
“Prima uniamo il popolo, solo dopo riusciamo ad unire la sinistra.” Era ora che lo si capisse. Concordo in pieno: per questo mi rivolgo alla spontaneità della base al di là del partito stesso.
Cosa non concordo: Allearsi con la chiesa è una cazzata parificabile a quella fatta col governo Prodi. Sarebbe l’ennesima mossa da pirla, una specie di compromesso storico fuori tempo è l’ultima cosa che ci serve oggi. Nessuno vieta ad un compagno di essere credente, ma non può essere la linea di partito collettiva perché moriremmo schiacciati dal gigante monarchico oltre che dall’incoerenza. Ad ogni modo come ho detto non voglio polemizzare, è solo una mia opinione. Andiamo avanti.

Concordo anche con Mantovani su quasi tutti i punti, tranne che per una questione:
Certo che bisogna smettere di usare internet per polemizzare ad catzum, ma questo non vuol dire che bisogna contapporre la rete all’attivismo fisico, anzi bisogna cominciare ad usarli entrambi contemporaneamente per coordinarsi. Dal basso. Senza permesso.

Sono passati sei lustri dalla nascita del PRC. Già a quel tempo internet, seppure ben diverso da oggi, esisteva e si diffondeva mutando le abitudini della società. Se il PRC avesse colto all’epoca, con la lungimiranza suggerita da Marx, le future ripercussioni che ci sarebbero state, allora avrebbe potuto giocare un ruolo essenziale nella politica italiana. Doveva farlo il partito? No, deve farlo la base. Accendersi. Coordinarsi senza perdersi in polemiche su uno statuto che ai tempi delle comuni non c’era e non ci sarà domani. Sarebbe come discutere di codice della strada mentre si reinstaura la monarchia. Mera distrazione.
Il bello é che, con poca coerenza rispetto alla suddetta linea “antitelematica”, lo usiamo da anni. Per anni abbiamo aperto decine, centinaia di pagine Facebook, con il risultato di frantumare ancora di piú il dibattito e la rete sociale. Dividi et impera.

Nell’ultimo anno finalmente una piccola novità: l’app di rifondazione. Mi posso permettere una piccola critica?  Anche in quell’app la partecipazione attiva non é contemplata. La comunicazione in quell’app é unidirezionale. Per l’ennesima volta non permette la coesione tra compagni e addirittura metà dei collegamenti é inattiva. Non voglio criticare lo sforzo di chi l’ha faticosamente costruita. Non é tecnico il problema, é politico. Non mancano i link, mancano i documenti, gli spazi di confronto, le strutture organizzative. E non é nemmeno una questione di soldi. É una questione di scelte politiche. Perché non mi si venga a raccontare che in tutta la rete di compagni, dalle università passando per il Brancaccio fino all’FGC non si trova un solo compagno in grado di pianificare un’agenda di innovazione sul piano informatico, foss’anche al solo scopo divulgativo. Persino il neonato Fusaro ha piú visibilità su YouTube di quanta ne abbia cumulata il PRC in trent’anni. Il risultato é palese, la popolazione non sa piú nemmeno come la pensiamo. La disaffezione é alle (cinque) stelle.
Internet non è “del padrone” e quindi da boicottare. internet è un “mezzo di produzione”, e quindi da occupare ed impugnare, forse l’unico già impugnabile, e va usato per ricucinre il tessuto sociale contemporaneamente al conflitto, non in alternativa ad esso. È una cosa che dovevamo fare già dagli anni ’90. Ecco uno dei punti in cui ci siamo dimostrati, come dice Ferrero, dei pirla, e credo che sia questo il punto principale in cui Ferrero ed il resto della segreteria possano fare autocritica e provare a cambiare oggi, ma se non lo fa la segreteria, invito chiunque sia della base a farlo da sé, spontaneamente. 
Badate bene, non creando l’ennesimo milione di pagine Facebook autoreferenziali per ogni singola sede provinciale o addirittura personale, ma al contrario unendo gli sforzi in pochi e ben strutturati spazi comuni di coordinamento prima ancora che di discussione, divisi per macro aree tematiche.

Toccati i punti altrui ecco la proposta:

Un forum: con alcuni compagni stiamo già abbozzando un forum, in modo da discutere in maniera paritetica e soprattutto esaustiva, anziché dispersiva come i social. Perché non è la propaganda che ci serve adesso. Non prima di aver fatto coordinamento. A questo serve un forum, e deve finire su un app. Che sia quella del partito o una autogestita non importa, tanto tutte le strade portano a Roma. Nel caso non si riuscisse ad ottenere uno spazio di coordinamento interno al partito, tengo buono quello che stiamo già costruendo con alcuni compagni della zona piemontese.

Acquisto solidale e monnezza: I gruppi di acquisto solidale facilitano la sopravvivenza soggettiva e contemporaneamente riducono il profitto padronale, mentre lo scambio di materie prime e di scarti riutilizzabili sono vitali per sfidare il padronato sul loro terreno: la produzione.
Il coordinamento serve proprio ad unire le competenze (maker, smanettoni etc) e condividere i beni materiali. L’obiettivo: più nessuno scarto deve finire in pattumiera. Ferro, legno, plastica, umido, togliendo al capitale due introiti: il primo è il profitto sui rifiuti, il secondo è la vendita di beni che riciclando, non vengono acquistati.

Giardinaggio sovversivo e orti collettivi: la diffusione di beni alimentari a costo zero vuol dire sfidare la produzione industriale di cibo a livello industriale. Ma anche l’industria del tabacco. E vuol dire facilitare la sopravvivenza di molti che, viceversa, devono essere coinvolti e sfidati a partecipare al conflitto.

Criptovalute e Trading: Questa più che una proposta è un quesito che pongo, perfetto per studenti di matematica. Riassumo (a fatica) per chi non conosce il tema:

1) Il cuore moderno del capitalismo è la finanza. E quando si parla di finanza si parla di trading. In soldoni quando sentite parlare de “i mercati”, non si sta parlando d’altro che di coloro che investono in borsa. E non so se lo sapete ma nell’era moderna non è più un settore ad accesso esclusivo. Chiunque può scaricare un’app e investire anche solo dieci euro. Tant’è che tanti ormai si inventano broker da un giorno all’altro perdendoci fiumi di soldi. Un gruppo di ragazzini, un paio di anni fa, ha creato un algoritmo BOT in grado di garantire profitto senza rischi di perdita. Si è conclusa con un paio di “desaparecidos” qualche minaccia e la modifica del Bot imposta dal governo USA.

2) I Bitcoin (e loro parenti) sono un altro paio di maniche: sono già di per sé un cazzo in culo per il capitalismo, che dopo aver provato a boicottarli, poi vietarli ha poi provato ad investirci (perdendo fiumi di capitale) in fine sta tentato di arginarne gli effetti propagandandoli online come se fossero un asset (un tipo di azioni) da investimento. Ma in realtà sono e restano una vera e propria moneta. Moneta fuori controllo, auto-stampabile da chiunque, al bisogno, senza una banca centrale (un mero algoritmo senza padroni). Per di più basata su un sistema deflazionistico (l’opposto della nostra inflazione). E già solo questo li rende una guerra al capitalismo mai vista prima.

3) I PetroCoin sono una criptovaluta minore, emessa dal governo Venezuelano (alleato sicuramente più allettante di San Pietro) per sfidare gli USA. È formalmente vietata in America, almeno sulla carta ma di fatto sta prendendo piede, come i Bitcoin e tutte le cryptovalute sono di fatto inarrestabili a meno che non si spenga internet.

4) Ci tengo a precisare: le crypto non vanno usate per evadere (anzi) ma per sfidare il sistema capitalista che di fatto, nonostante svariati tentativi, non è ancora riuscito ad arginarne gli effetti. Penso si debba lavorare in gruppo per facilitare l’accesso ai più ed utilizzare questi sistemi congiuntamente al trading, al posto del denaro, per destabilizzare il sistema finanziario.

5) Precisazione numero due: non è l’investimento in bitcoin quello che immagino, sarebbe pericoloso e poco utile, ma l’utilizzo di Satoshi (con un cambio auto-regolamentato) per lo scambio tra privati e in forma destabilizzante nel settore della finanza, cuore del sistema capitalista. Non tocco il tema del trading conflittuale perché e tutto da discutere e sarebbe una lunga discussione tecnica.

Il quesito è: Come si approccerebbe Marx a tutto questo? (non rispondete di getto, il tema è aperto per studenti di matematica con tendenze Riot)  Ad ogni modo secondo me è qui che va finalizzato l’attacco ai padroni. Una cosa è certa: un euro procapite per tre milioni di compagni solo in italia sono tre milioni di euro, più che sufficienti per cominciare una strategia finanziaria anticapitalista, se ben congeniata in matematica.
Conclusioni:
Sono convinto che le persone che piú di tutti rappresentano un’ideale di rivoluzione, debbano essere, e siano, in grado di rivoluzionarsi. Ma solo se la base, più del partito, rinnova la spinta emotiva e la capacità di disobbedienza estemporanea che contraddistingue i rivoluzionari.

Fino ad oggi ci siamo snaturati a tal punto da perdere la coerenza che, tra le altre cose, ci rendeva con il nostro ateismo i difensori dell’era razionalista della scienza e della medicina contro l’oscurantismo delle religioni (cosa che avremmo potuto evitare pur rispettandone gli aderenti). Siamo andati ben oltre un compromesso (storico): ci siamo mescolati fino a perdere il senso stesso dell’ideologia. Il risultato é sotto gli occhi di tutti, il terrapiattismo, l’antivaccinismo e tutte le peggiori forme reazionarie hanno preso piede nei cervelli della popolazione disorientata, massacrando in primis il sistema sanitario, la ricerca scientifica il concetto stesso di Diritto. Ci siamo snaturati anche dal punto di vista dell’uguaglianza orizzontale. Per anni abbiamo sperato che si svegliasse il partito (Lui), invece dovevamo svegliarci noi, indipendentemente dal partito.

Mi permetto una critica alla parte critica dei compagni, di cui faccio parte volentieri. Non credo vi sia stata malafede gestionale al vertice (o comunque è indifferente), ma solo paura di perdere l’unico spazio comunista rimasto. E soprattutto credo che ci abbia condizionato una depressione sociale di fondo trasversale a tutti gli schieramenti politici (di sinistra) dovuta a quest’era di confusione semiotica, che puó essere recuperata, se al prossimo congresso proviamo a farlo. Basterebbe una botta di vita è un po’ di sana follia. Come schegge impazzite sul tavolo epocale.

Certo sarebbe difficile, anche se non impossibile, ripartire da zero con un partito exnovo in grado di raccogliere tutti i disaffezionati dalla frattura comunista. Sarebbe un percorso troppo lento, specialmente senza una ristrutturazione sul piano informatico impugnandolo questo maledetto sistema di produzione. Facendo di noi stessi le maglie del tessuto sociale, la locomotiva dell’evoluzione della specie.
 Oggi, a pochi mesi dal congresso scrivo questo articolo, nella speranza che qualcuno raccolga lo spunto e dia vita ad una nuova architettura dell’intera struttura partitica, o in alternativa, e comunque in ogni caso, della struttura sociale, creando finalmente un reticolato fatto di una nuova abitudine alle collaborazioni spontaee (oltre che di confronto) ovunque sia possibile e anche laddove non lo sia (buttando nel cesso i mille “ma” “se” “però”). Senza troppo puntigliare, tanto tutte le strade portano a Roma, l’importante è mettersi in moto.

Scusate se mi permetto di scrivere questo articolo che può apparire presuntuoso, è solo una mia opinione, ma non ho mai chiesto il permesso a nessuno per agire, figuriamoci per pensare. d’altronde sfuggire alle gabbie di controllo è imprescindibile per chi vuole la rivoluzione. (non mi invento niente, basta leggere con più attenzione le critiche di Rosa Luxemburg a Lenin).

Delfo Burroni

Collaboratore redazionale del mensile Lavoro e Salute

12/7/2021

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