Inferno Tripoli
Il nuovo rapporto Onu sulla Libia è un continuo atto d’accusa. Con il segretario generale Antonio Guterres che denuncia «le continue restrizioni all’accesso umanitario e al monitoraggio da parte delle agenzie umanitarie nella Libia occidentale».
Nessuna pietà neanche per i bambini. «Il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia ha riferito che i bambini – scrive Guterres nel suo ultimo dossier (Unsmil) – hanno continuato a essere detenuti arbitrariamente nei centri di detenzione a Tripoli e dintorni, senza accesso alla protezione di base e ai servizi sanitari e senza ricorso all’assistenza legale o al giusto processo, e spesso sono stati detenuti con gli adulti».
Il dossier del segretario generale Guterres è un durissimo atto d’accusa nei confronti delle milizie e della cosiddetta guardia costiera libica che, alla data del 14 agosto, aveva riportato indietro 22mila persone. Finite nei campi di detenzione
Quasi non c’è più alcuna distinzione tra uomini in uniforme e trafficanti. «Le donne migranti e rifugiate hanno continuato ad affrontare un rischio elevato di stupro, molestie sessuali e traffico da parte di gruppi armati, contrabbandieri e trafficanti transnazionali, nonché funzionari della Direzione per la lotta all’immigrazione illegale sotto il ministero dell’Interno».
I continui divieti alle agenzie Onu, a cui è impedito di ispezionare i campi di prigionia, sono motivati dalla volontà di nascondere i fatti. «A giugno, l’Unsmil ha documentato ripetuti episodi di violenza sessuale perpetrati – si legge ancora – contro cinque ragazze somale di età compresa tra i 16 e i 18 anni». Abusi avvenuti in strutture ufficiali da parte di agenti e militari libici.
Alla data del 14 agosto, la guardia costiera libica aveva intercettato e riportato nel Paese 22.045 migranti e rifugiati, con 380 morti confermati e 629 persone considerate disperse. «Ma l’aumento del numero di migranti e rifugiati rimpatriati ha portato a un maggior numero di persone detenute arbitrariamente nei centri di detenzione ufficiali della Direzione per la lotta all’immigrazione clandestina, senza un controllo giudiziario e sottoposte a trattamenti e condizioni disumane», insiste Guterres. Ad attenderli non c’è alcun tentativo di impedire i crimini, ma «tortura, violenza estrema, abusi sessuali e accesso limitato a cibo, acqua, servizi igienici e cure mediche, in alcuni casi con conseguente morte o lesioni». All’inizio di agosto i prigionieri erano 5.826 migranti, contro i 1.076 dichiarati a gennaio.
Per le milizie l’approvvigionamento di esseri umani è essenziale per far pesare la propria presenza sia ai tavoli interni che nei negoziati con l’Ue a colpi di barconi. Ancora una volta è il clan di Zawyah a fare scuola, dove gli uomini del comandante Bija e dei fratelli Kachlav non perdono occasione per rilanciare la sfida.
E mentre per le strade si torna a combattere, tra faide e regolamenti di conti come quelli avvenuti ancora una volta ieri proprio a Zawyah, viene fomentato l’odio. «Durante il periodo di riferimento, Unsmil ha documentato – riferisce ancora Guterres nel dossier inviato al Consiglio di sicurezza – un aumento delle dichiarazioni pubbliche contro i migranti e contro i rifugiati oltre a incidenti xenofobi contro gli stranieri». È bastato che un certo numeri di lavoratori subasahariani protestasse contro l’impunità garantita agli xenofobi, perché scoppiassero dei disordini. «Centinaia di uomini, donne e bambini sono stati arrestati e portati in una struttura di detenzione a Zawiyah gestita dalla Direzione per la lotta all’immigrazione illegale». Si tratta proprio del campo di prigionia statale gestito dalla clan di Bija. Notizie compatibili con l’aumento delle partenze da quelle coste.
Nello Scavo
4/9/2021 https://www.avvenire.it
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