Guerra e salute

La coincidenza fra il ventesimo anniversario dell’11 settembre 2001 e la riconquista taliban dell’Afghanistan è stata l’occasione per rievocare – attraverso una quantità di dichiarazioni politiche, contributi giornalistici e documentazioni di vario genere – gli avvenimenti di questi anni e alla fine fare un bilancio che si può riassumere in una sola parola: FALLIMENTO. La sconfitta politica, militare e morale degli Stati Uniti e dell’intero Occidente. Sconfitta morale soprattutto per le menzogne costruite ad arte (la più grave quella che ha innescato la guerra in Iraq), per gli scandalosi abusi (come quelli perpetrati nel carcere di Abu Ghraib), per le sistematiche violazioni dei trattati internazionali (vedi il campo di prigionia di Guantanamo, ancora attivo).  Per “l’inaffidabilità, la violenza, l’arroganza, l’ignoranza, la mancanza di lucidità, la sfrenatezza, e l’indifferenza” di cui hanno dato prova gli Stati Uniti in questi lunghi venti anni, come scrive Carlos Lozada in un ampio reportage sul Washington Post (e riportato su Internazionale).

Nell’analisi delle guerre seguite all’attentato dell’11 settembre non mancano i calcoli delle spese sostenute dai principali attori sul campo, in primis gli USA: 4,79 trilioni di dollari (1 trilione = 1.000 miliardi di dollari) che sono andati in larga parte ad arricchire l’industria degli armamenti e delle compagnie di milizie private (Contractors) (Costs of War, Watson Institute).

Venti anni di guerre hanno provocato un enorme carico di morte e di sofferenze per le popolazioni coinvolte: un dato quasi interamente rimosso dalle fonti d’informazione. Gli unici dati riportati con precisione sono quelli delle vittime delle Twin Towers, i due grattacieli di New York colpiti dall’attentato dell’11 settembre: 2.996 morti (compresi i 19 attentatori), 6.400 feriti e 34 dispersi. Verrebbe da dire, ingiustamente, un’inezia di fronte al mostruoso carico di morte, disperazione e sofferenze inflitto alle popolazioni civili del Medio Oriente nei due decenni successivi: 650mila morti in Iraq dal 2003 al 2006; tra 500 e 600mila morti in Siria dal 2011 al 2019 (la Siria è stata il terreno di una guerra civile innescata dalla destabilizzazione dell’area causata dall’invasione dell’Iraq); 180mila in Afghanistan. A questi numeri va aggiunto un numero incalcolabile di feriti e di invalidi, la distruzione di case, scuole, ospedali, lo sfollamento e la migrazione di milioni di persone (6,5 milioni di rifugiati dalla Siria; 2,2 milioni di rifugiati dall’Afghanistan). Una catastrofe umanitaria di proporzioni bibliche, che noi occidentali osserviamo con fastidio quando una parte di questi rifugiati si avvicina inevitabilmente ai nostri confini.

Gavino Maciocco e Angelo Stefanini

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20/9/2021

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