Fascismo oggi. Ritorno al passato
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La casa editrice Kappa Vu tra gravi censure, resistenza civile, nuovi libri.
Alessandra Kersevan, saggista e titolare della casa editrice Kappa Vu, fa parte di un gruppo di storici e storiche denominato “Resistenza storica”, del quale è cofondatrice. Ha fatto ricerche e pubblicazioni sul tema dei crimini di guerra italiani, in particolare con il libro Un campo di concentramento fascista: Gonars 1942-1943 (Udine, KappaVu-Comune di Gonars, 2003), e ha contribuito a gettar luce su temi e fatti della Resistenza in Friuli Venezia Giulia, Slovenia, Croazia, sottoposti a continue strumentalizzazioni e manipolazioni, lavorando per esempio a Porzus. Dialoghi sopra un processo da rifare (Udine, KappaVu, 1995).
Dianella Pez: Nel recente ottobre la casa editrice Kappa Vu è stata di forza estromessa, e ad opera delle più alte Istituzioni regionali, dallo Stand Friuli Venezia Giulia al Salone del libro di Torino. Iniziamo da qui.
Alessandra Kersevan: La Regione Friuli Venezia Giulia ha allestito uno stand al Salone del libro (che quest’anno si è svolto in ottobre a causa delle restrizioni sanitarie) dando la possibilità agli editori della regione di esporre ciascuno una ventina di titoli e di proporre la presentazione di un libro. Kappa Vu aveva aderito e la sua adesione, come quella di altri editori facenti parte dell’Associazione degli editori del FVG, era già stata accettata e messa in programma. Pochi giorni prima dell’apertura del Salone è arrivata invece, in forma di diktat, l’esclusione della mia casa editrice, portando come motivazione la Mozione 50 del Consiglio regionale approvata nel marzo 2019. Tale mozione impegna la Regione a «sospendere ogni contributo finanziario e di qualsiasi altra natura (es. patrocinio, concessione di sale) a beneficio di soggetti pubblici e privati che, direttamente o indirettamente, concorrano con qualunque mezzo o in qualunque modo a diffondere azioni volte a non accettare l’esistenza di vicende quali le Foibe o l’Esodo ovvero a sminuirne la portata e a negarne la valenza politica». Senza addentrarmi nel contenuto della mozione, chiaramente lesiva dei diritti di espressione previsti dalla Costituzione, mi limito a rilevare che non solo non nomina Kappa Vu, ma non chiarisce neppure quali siano i parametri entro o oltre i quali si sia considerati negazionisti, riduzionisti o si neghi la valenza politica; quindi non si capisce chi e in base a quali criteri abbia potuto stabilire che Kappa Vu sia “negazionista” o “riduzionista”. L’articolo 1 della legge 30 marzo 2004 n. 92, istitutiva del cosiddetto Giorno del Ricordo, dice che bisogna ricordare le foibe e l’esodo e «la più complessa vicenda del confine orientale», fatti che sono ampiamente analizzati e documentati nei nostri libri. L’esclusione di Kappa Vu decisa dall’assessore Tiziana Gibelli è quindi una discriminazione per sua esclusiva scelta politica e ideologica. Del resto lo ha dichiarato lei stessa esplicitamente nella risposta a un’interrogazione del consigliere regionale di Open Furio Honsell, dicendo che se non ci fosse stata la Mozione 50 avrebbe impedito ugualmente a Kappa Vu la partecipazione. Durante questa risposta ci ha definiti come «ladri di storia». In seguito a queste dichiarazioni il consigliere Honsell ha presentato una mozione di censura dell’assessore Gibelli, firmata da tutti i consiglieri di opposizione, che verrà discussa oggi, 10 novembre 2021.
D. P.: Hai vissuto tutta una serie di attacchi ed intimidazioni in varie zone d’Italia, a ragione di un lavoro di ricerca storica personale e collettivo ritenuto scomodo perché smonta e decostruisce attraverso il rigore delle fonti quella narrazione in chiave anticomunista o palesemente fascista che da decenni tenta di colonizzare le coscienze della nostra regione e non solo.
A. K.: Purtroppo non si tratta solo delle coscienze della nostra regione, ma di tutta Italia. Con la Legge del Giorno del Ricordo, dal 2004 ogni anno il 10 di febbraio si ricordano le foibe e l’esodo secondo la narrazione messa a punto già dai nazifascisti nel periodo della guerra dal ‘45 e poi nel periodo della guerra fredda, tesa a criminalizzare la lotta di liberazione jugoslava, dimenticando non solo il precedente “fascismo di frontiera”, ma l’aggressione italiana alla Jugoslavia del 1941 e la terribile repressione messa in
atto dalle autorità fasciste e dall’esercito italiano, e violando quindi sistematicamente la stessa legge del Giorno del Ricordo, che dice che bisogna ricordare anche «la più complessa vicenda del confine orientale». Così dal 2004 gli italiani sono stati inondati da una messe di informazioni pseudostoriche che descrivono i partigiani jugoslavi come intenti ad ammazzare «gli italiani solo perché italiani», esagerando a dismisura i numeri e usando descrizioni orripilanti tipiche della “guerra psicologica”. A questa “narrazione”, sostanzialmente di origine fascista, si è adeguato quasi tutto il mondo giornalistico e anche buona parte del mondo storiografico e solo da qualche anno alcuni storici “accademici” come il prof. Tomaso Montanari o, per certi versi, il prof. Alessandro Barbero, si sono “esposti” denunciando l’uso politico antipartigiano che viene fatto del Giorno del Ricordo. Il gruppo di Resistenza Storica ormai da 25 anni ha raccolto una quantità enorme di documentazione su tutte le vicende controverse della Resistenza nella nostra regione dimostrando che la narrazione che è stata fornita agli italiani è puramente propagandistica.
Da anni pubblichiamo queste nostre ricerche presentandole in centinaia di conferenze in tutta Italia, invitati da istituzioni, da biblioteche, circoli culturali, ma spesso osteggiati da manifestazione spesso violente di formazioni neofasciste e anche da alcune associazioni di destra degli esuli. L’ANPI in questi giorni a livello nazionale ha approvato una mozione che condanna la discriminazione che abbiamo subito, concludendo che «Così in Friuli Venezia Giulia si è scivolati nel ventennio e in una delle istituzioni della Repubblica una
parte politica è arrivata a dare patentini di legalità culturale. Esattamente come faceva il MinCulPop, il Ministero della cultura popolare di mussoliniana memoria, imponendo veline e censure per chiunque fosse anche appena fuori dalla linea del regime».
D. P.: Il tema delle foibe, e arriviamo così al libro in via di pubblicazione di cui parleremo tra poco, è uno di quegli argomenti sensibili su cui l’attacco è stato ed è più feroce e condotto all’insegna delle accuse di negazionismo che si rinnovano ad ogni occasione. Quali sono gli strumenti di risposta quando all’opera sono proprio l’inversione e lo stravolgimento degli eventi e dei ruoli delle parti?
A. K.: Innanzitutto vorrei esprimere un mio giudizio sul termine “negazionismo”, che nato per definire le posizioni di alcuni storici che “negano” la Shoah, è ormai esteso a una marea di ambiti, spesso per “etichettare” negativamente coloro che esprimono dubbi o che hanno posizioni contrarie a quelle del mainstream politico e mass-mediatico sui più svariati argomenti, dal clima, alla pandemia. È quindi un termine che io invito ad evitare fuori dal contesto per cui è stato coniato, perché è usato per impedire una ricerca indipendente e approfondita dei fatti, quando collidono con le posizioni ufficiali. Su un argomento come le vicende del confine orientale, le foibe e l’esodo, parlare di negazionismo o riduzionismo è assolutamente sbagliato in qualsiasi senso, dal momento che gli studi sono ancora in corso e, come ho detto, dimostrano già una realtà storica molto diversa da quella diffusa a piene mani in questi anni. Sostanzialmente con il Giorno del Ricordo siamo in presenza di un’operazione propagandistica enorme, nata per contrastare la memoria della lotta di liberazione jugoslava, ma estesa poi a minare anche la memoria e il valore della Resistenza italiana, con finalità quindi antipartigiane e alla fine anche contro la Costituzione che dalla Resistenza è nata.
D. P.: KappaVu pubblicherà tra poco un libro su Norma Cossetto. Fermiamoci su questo libro e sulla strumentalizzazione di questa figura, che parte dal tempo della sua morte per arrivare ai giorni recenti quando, ad esempio, l’assessore regionale al Patrimonio afferma che “coloro che per decenni hanno nascosto la vicenda della giovane violentata e trucidata in Istria dai “cosiddetti partigiani titini”, adesso vorrebbero insegnare i valori dell’accoglienza e il rispetto dell’identità di genere, proponendo valori opposti alla femminilità assoluta di una vera donna italiana, testimoniata da Norma Cossetto.” (Sito Regione FVG, Notizie dalla Giunta, 5 ottobre 2021)
A. K.: La vicenda di Norma Cossetto è complicata perché la quantità di invenzioni, di ricordi sballati, di documenti fasulli che si sono accumulati è enorme e districare la matassa non è stato semplice. Sostanzialmente il problema è che di Norma Cossetto si sa per certo soltanto che è morta. Per tutto il resto: la sua personalità, cosa pensasse, ecc. le circostanze dell’arresto o non arresto, e soprattutto quelle della morte sono o pura fantasia o pura propaganda. I fascisti in questo sono stati bravi, hanno creato un mito, nel senso classico del termine. Il mito lo hanno creato già nel ’44, dando poi il nome di Norma Cossetto a un battaglione femminile della Repubblica Sociale. Ma la loro versione dei fatti stava così poco in piedi che nel dopoguerra per decenni non hanno sollevato il problema, riesumando la sua figura soltanto dalla fine degli anni ’90, a revisionismo storico ormai del tutto imperante, Partito comunista non più esistente, Jugoslavia distrutta e nessuno che difendesse più la memoria della sua lotta contro il nazifascismo. Loro, purtroppo, hanno saputo trasformare la inesistenza documentale dei fatti nella loro forza, intricando talmente
le invenzioni che per dimostrarne la falsità bisogna scrivere appunto interi libri, come ha fatto Claudia Cernigoi con il libro che stiamo per pubblicare. Quello però che è fondamentale è che attraverso la questione delle foibe i fascisti da carnefici quali erano stati si sono riciclati come vittime nella vita politica della Repubblica nata dalla Resistenza.
Confutare e combattere le loro falsità non è quindi un’operazione solo storica, ma attuale e importantissima. Purtroppo la sinistra in questi trent’anni non ha dimostrato di capire l’importanza a questa battaglia.
D. P.: In conclusione, anche la pubblicazione di questo libro ci parla di resistenza civile, e la casa editrice Kappa Vu la sta praticando. Vi sono compagni e compagne di strada in questo compito fondamentale per costruire e rinnovare la consapevolezza di cosa sia stata la Resistenza da cui è nata la nostra Costituzione antifascista del 1948 e di cosa sia stato il fascismo che continua ad annidarsi anche nei luoghi che la Costituzione dovrebbero difenderla. Chi sono?
A. K.: Come ho già accennato, in tutta Italia ci sono circoli, associazioni antifasciste e alcune forze politiche che si stanno accorgendo del danno che è stato fatto in questi anni alla memoria della Resistenza e dei suoi valori e stanno mettendo in atto iniziative per contrastare la narrazione ormai prevalente nel Giorno del Ricordo. Che ormai è diventato la “settimana”, il “mese” del Ricordo, e confondendosi spesso con la Giornata della Memoria, mettendo sullo stesso piano e nella stessa serie di iniziative, da parte di molti comuni e istituzioni nella stessa unica locandina, le iniziative per la Shoah e per le foibe, mettendo dunque i due fatti sullo stesso piano e arrivando più o meno implicitamente a una criminalizzazione della lotta partigiana. Devo dire che il mondo antifascista è arrivato con un certo ritardo a capire e a rendersi conto della strumentalizzazione politica e delle falsità storiche che hanno sorretto tutta la questione del Giorno del Ricordo. La legge nel 2004 è stata approvata quasi all’unanimità, con il voto contrario soltanto dei parlamentari di Rifondazione comunista e dei Comunisti italiani. Anche per quanto riguarda il testo della legge, le parole dell’art. 1 che estendono il ricordo oltre alle foibe e l’esodo anche «alla più complessa vicenda del confine orientale» sono frutto di un emendamento presentato da una parlamentare di Rifondazione comunista, altrimenti avremmo avuto una legge che faceva iniziare la storia d’Italia nel 1943 o nel 1945, dimenticando tutto quello che era successo prima. Purtroppo, come dicevo, la «più complessa vicenda del confine orientale» viene ricordata pochissimo. Studiare, analizzare, capire cos’è successo in questo territorio nel corso del Novecento, soprattutto nella prima metà del secolo, permetterebbe di capire la sostanziale falsità della “narrazione” che è stata propinata in questi anni agli italiani.
Ricordo che è stata una vera e propria censura da parte di organismi statali nei confronti della verità storica. Faccio soltanto due esempi: – la Relazione della Commissione di storici italiani e sloveni, prodotta nel 2001 e mai fatta propria dallo Stato italiano, nonostante che la sua assuunzione come documento ufficiale fosse stato prevista dall’accordo tra Italia e Slovenia del 1993 che aveva istituito la Commissione; – la censura del documentario della BBC “L’eredità fascista” (Fascist legacy”) sui crimini di guerra italiani in Etiopia, Libia e Jugoslavia, mai trasmesso dalla Rai, nonostante lo avesse acquistato ancora nel 1993.
Di queste azioni di censura fa parte anche la discriminazione subita da Kappa Vu da parte della giunta della Regione Friuli-Venezia Giulia. La solidarietà che stiamo incontrando, la presa di posizione dell’ANPI e ora la mozione di censura dei gruppi di opposizione presenti nel Consiglio regionale ci indica che c’è una presa di coscienza nel mondo antifascista sulla stretta relazione esistente tra le falsità che vengono raccontate intorno alle foibe e all’esodo da parte delle forze di destra, e l’attacco sistematico alla memoria della storia partigiana e in definitiva alla Costituzione nata dalla Resistenza.
Intervista curata da Dianella Pez
Coordinatrice del Circolo di Udine di Libertà e Giustizia
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