Te lo ricordi l’8 marzo al carcere?
“Possiamo tenervi per anni in condizioni disumane, stipati nelle celle come in carri bestiame.
Possiamo annullare da un momento all’altro quello che resta dei vostri minimi diritti.
Possiamo massacrarvi di botte quando vi ribellate a tutto questo, anche se siete inermi e in overdose.
Possiamo lasciarvi in agonia per ore e ore.
Possiamo lasciarvi morire.
Possiamo fare in modo che tutto questo succeda nella piena impunità, che valga solo la nostra versione dei fatti e che tutte le colpe vi ricadano addosso.
Possiamo continuare a criminalizzarvi anche da morti e farla pagare cara ai sopravvissuti”.
Mentre rileggo il decreto di archiviazione del Tribunale di Modena sulla peggiore strage carceraria della storia della Repubblica, il senso del testo in lessico giudiziario mi suona più o meno in questo modo.
L’atto dispone che le morti di Hafedh Chouchane, Bilel Methani, Slim Agrebi, Ali Bakili, Lofti Ben Mesmia, Ghazi Hadidi, Artur Iuzu, Abdellha Rouan1, avvenute durante la repressione della rivolta del marzo 2020 nella casa circondariale Sant’Anna e nel corso dei successivi trasferimenti ad altre carceri, non meritino nemmeno la fatica dell’apertura di un processo.
Sentenzia, il decreto, che l’assunzione di estesi quantitativi di medicinali “è la causa unica ed esclusiva del decesso dei nove carcerati“.
Per quanto ormai sia diventato abituale nel Belpaese veder sfumare nel nulla le indagini che coinvolgono il personale dei corpi dello stato (l’ultimo caso in ordine di tempo è quello sulla morte di Matteo Tenni per mano di un carabiniere), il provvedimento di archiviazione del GIP di Modena, che accoglie le richieste della Procura, si distingue dalla media per gravità.
Esplicita è la decontestualizzazione dei fatti.
Vengono ignorate platealmente le denunce dei pestaggi presentate da vari detenuti, che descrivono, fra l’altro, le violenze esercitate da parte della polizia penitenziaria sui loro compagni “a colpi di manganellate al volto e al corpo, morti successivamente a causa delle lesioni e dei traumi subiti”. Denunce che sono state tenute volutamente distinte e separate dall’inchiesta sui decessi, come se si trattasse di fatti diversi e scollegati.Inutile dire che numerosi prigionieri presenti al Sant’Anna in quei giorni di marzo non sono stati minimamente considerati come potenziali testimoni delle circostanze della morte dei loro compagni.
Altro aspetto abnorme è l’esclusione del Garante nazionale dei detenuti e dell’Associazione Antigone dal novero delle “persone offese”, scelta che rappresenta non solo un atto di delegittimazione, ma anche una modalità per definire inammissibili i loro atti oppositivi e le perizie dei loro consulenti, che mettono in discussione su più punti la versione ufficiale (in particolare sul mancato approfondimento delle lesioni riscontrate sui cadaveri).
L’unico atto oppositivo ammesso, quello dei familiari di Hafedh Chouchane, viene liquidato senza rispondere nel merito ai dubbi sulla tempestività del soccorso.
Il decreto di archiviazione si fonda dunque su un’unica narrazione, quella di polizia:
“la vicenda oggetto del presente procedimento ha trovato compiuta ricostruzione, nella sua genesi e nel conseguente sviluppo in termini spaziali e temporali, nelle relazioni redatte dalla Polizia penitenziaria e dalla Squadra Mobile della Questura modenese… e ad esse, pertanto, in ragione della accuratezza della struttura storico-narrativa … pare lecito operarsi integrale riferimento“.
A seguire, sulla base di tale accurata struttura storica-narrativa, viene sancita “l’insussistenza di alcuna ipotesi di responsabilità in capo ai soggetti intervenuti nel processo gestionale della sommossa“.
Il tutto senza timore del ridicolo e con buona pace del conflitto di interessi.
Stante la deresponsabilizzazione degli agenti coinvolti è facile prevedere a chi saranno invece accollate tutte le responsabilità.
La Procura di Modena ha da poco richiesto sei mesi di proroga delle indagini sulla rivolta del Sant’Anna, che contano al momento 70 detenuti denunciati, di cui 3 per tentata evasione e 67 per incendio, devastazione e saccheggio.
Come ci ricordano le condanne per il G8 di Genova – che a 20 anni di distanza tengono un compagno ancora in galera – il reato di devastazione e saccheggio viene punito con la reclusione da otto a quindici anni. Anni di prigione che potenzialmente andranno a gravare su persone che già stanno subendo il carcere, che in maggioranza vivono condizioni di estrema fragilità, e che rischiano di pagare un prezzo enorme per un giorno di ribellione.
Sappiamo già che dovranno subire altre tonnellate di fango mediatico, la negazione delle loro ragioni, i teoremi sul “chi c’è dietro?”, e tutti i dispositivi giuridici già sperimentati nella repressione dei movimenti.
Si rende necessario, ora più che mai, prendere in carico l’estensione della solidarietà ai detenuti e alle loro famiglie, il sostegno dell’azione e della difesa legale, e l’impegno per rompere il muro del silenzio.
Sabato prossimo possiamo cominciare a parlarne e a organizzarci.
(1) L’archiviazione non riguarda l’indagine sulla morte di Salvatore Piscitelli, avvenuta dopo il trasferimento nel carcere di Marino del Tronto, il cui fascicolo compete alla Procura di Ascoli
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TE LO RICORDI L’8 MARZO AL CARCERE?
Assemblea nazionale, sabato 4 dicembre a Santa Croce di Carpi.
8 marzo 2020.
Primo giorno di lockdown, scoppiano rivolte nelle carceri su tutto il territorio nazionale.
Perdono la vita tredici persone detenute, di cui nove della Casa circondariale Sant’Anna di Modena.
Nonostante la Procura di Modena si sia affrettata ad archiviare il più velocemente possibile, a che punto siamo con le ricostruzioni e le testimonianze sulla strage del carcere di Sant’Anna dell’8 marzo 2020?
Cosa comporterà il ricorso alla Cedu (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo)?
Come se la stanno passando i firmatari dell’esposto per la morte di Salvatore Sasà Piscitelli?
Come procedere per fare sì che una strage di queste dimensioni non venga dimenticata dopo essere stata frettolosamente archiviata?
Per riaprire le indagini sulla strage del carcere Sant’Anna, per sostenere chi ha il coraggio di denunciare le violenze subite, per rompere il muro di silenzio: convochiamo un’assemblea nazionale.
Sabato 4 dicembre 2021 – dalle 11,00 alle 18,00.
Circolo ARCI Arcobaleno, via E. Gilberti 1, Santa Croce di Carpi Modena
Programma:
Ore 11.00 – tavoli tematici di lavoro
– Istituzioni totali e psichiatria
– Come creare una rete di sostegno
– Carcere e informazione
Ore 13.00 – panini solidali per pranzo
Ore 14.00 – assemblea plenaria nazionale
Ore 18.00 – aperitivo e musica
Organizzano:
Comitato Verità e Giustizia per i morti del Sant’Anna
Associazione Bianca Guidetti Serra
Info e contatti: consigliopopolare.modena@gmail.com
1/12/2021 https://www.carmillaonline.com
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