Senza l’articolo 18 le nuove assunzioni sono a termine.
«Sui nuovi occupati i dati veri sono quelli delle rilevazioni ufficiali Istat», avvisa Michele Tiraboschi, giuslavorista e direttore del centro studi sul lavoro Adapt-Marco Biagi. «Queste dell’Inps sono dati amministrativi – spiega – elaborazioni ricavate dalle comunicazioni obbligatorie dei datori di lavoro al ministero: è un susseguirsi di dati e stime a fini politici nel momento in cui si discute se il Jobs act funziona o meno».
I dati veri, quelli dell’Istat, allora cosa ci dicono ?
«Che ogni anno stipuliamo tanti nuovi contratti, ma che l’occupazione è stagnante. In un anno di riforme del lavoro, da marzo 2014 quando è partita la liberalizzazione, cui poi ha fatto seguito il contratto a tutele crescenti e tutto il resto, a marzo i posti in più sono 30 mila».
Ma perchè tra Inps e Istat i dati sono così distanti tra loro ?
«Perchè i dati sulle comunicazioni obbligatorie tengono conto solo del numero dei nuovi contratti stipulati che possono essere a termine di apprendistato, tirocini e può capitare che in un anno una stessa persona venga computata anche dieci volte. L’Istat invece ci fornisce dati reali, elaborati in base ad una specifica campionatura, e calcola i posti di lavoro effettivi».
Ma se ormai da mesi i contratti a tempo indeterminato stanno aumentando i due dati non dovrebbero ad avvicinarsi ?
«No. Perché un conto sono le assunzioni aggiuntive e un altro le stabilizzazioni e le trasformazioni di contratti già in essere, di una persona che già lavorava, magari con un contratto a termine o di apprendistato».
Il ministro del Lavoro Poletti sostiene che anche riuscire ad aumentare la qualità del lavoro, riducendo la precarietà, è un risultato importante.
«Io sono un tecnico, non faccio valutazioni politiche. Partiamo dal piano tecnico: facile dire che aumentano i contratti stabili, ma non dimentichiamoci che sono contratti senza articolo 18. Dopo uno, due o tre anni di esonero contributivo io posso lasciare a casa il lavoratore pagando da 4 a 6 mensilità di indennizzo. Trovo contraddittorio fare la propaganda contro la precarietà e poi festeggiare perché ci sono più contratti stabili, ma di questo tipo».
E quale valutazione economica da invece ?
«Lo sgravio contributivo costa 15 miliardi di minori entrate. Rinunciare a questa fetta di soldi avrebbe senso se si obbligasse le imprese ad assumere persone in più. E secondo i consulenti mancano almeno 3 miliardi di coperture, io dico 5 miliardi. Per cui questa operazione costerebbe 20 miliardi».
Per produrre cosa ?
«Non certo stabilità senza articolo 18. Bastano seimila euro di indennizzo ed un lavoratore con contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti può essere lasciato a casa. Adesso è più stabile un contratto a tempo determinato di tre anni rispetto ad un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti».
Paolo baroni
15/5/2015 da La Stampa
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