Guerra e armi autonome: perché è l’ora di parlarne
Il conflitto tra Ucraina e Russia ha riacceso il dibattito pubblico riguardo l’uso dell’intelligenza artificiale (IA) negli scenari bellici e su come possa cambiare drammaticamente il mondo in cui viviamo. I reportage del conflitto stanno mostrando come applicazioni IA siano ormai al tempo stesso diffuse, multiformi e soggette a diversi livelli di attenzione da parte dei media. Nel teatro ucraino l’IA è salita alla ribalta in diverse occasioni, sia come strumento per il riconoscimento del nemico, che come veicolo di propaganda. Tuttavia uno degli aspetti più dibattuti è l’utilizzo di armamenti come ad esempio i droni e, nello specifico, di killer robot ed altre armi sviluppate con applicazioni di machine learning, ossia per mezzo di sistemi informatici in grado di apprendere e adattarsi senza seguire istruzioni esplicite, utilizzando algoritmi e modelli statistici per analizzare e trarre inferenze da modelli nei dati.
Come ha affermato in più occasioni il professor Stuart Russell dell’Università della California a Berkeley (una delle principali autorità mondiali in materia di intelligenza artificiale): utilizzando termini come ‘killer robot’ i media suggeriscono scenari fantascientifici con sistemi informatici in grado di prendere coscienza e scatenare olocausti nucleari o la messa in schiavitù dell’intera umanità (ogni riferimento a film come Terminator e Matrix è puramente voluto). Tuttavia, questa ipotesi non rispecchia la situazione attuale e descrive il futuro in modo poco plausibile (per gli appassionati dello studio dello sviluppo di coscienza autonoma nelle macchine, rimando alla ricerca nel campo della Artificial General Intelligence o AGI).
Chiara Poletti
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18/5/2022
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