L’attacco finale alle società pubbliche, la legge sulla concorrenza del Governo Draghi
Il “doppio binario” del sistema europeo delle società pubbliche
La scelta di ostacolare l’impresa pubblica è una caratteristica tutta italiana che non trova riscontro negli altri paesi europei, tuttavia la spinta alle privatizzazioni ha matrice europea. E’ infatti attraverso un sofisticato sistema di “due pesi e due misure” messo in piedi dal regolamento 1176/2011, meglio conosciuto come “Semestre Europeo” che la Commissione Europea ed il Consiglio hanno il potere di introdurre un diritto speciale, contrario al diritto generale, rivolto puntualmente a singoli paesi.
La forzatura che ha spinto alle privatizzazioni delle municipalizzate rappresenta un esempio di diritto speciale valevole solo per l’Italia, indotto dalle istituzioni comunitarie essendo le pubbliche amministrazioni ordinariamente libere di utilizzare le proprie società in house, per la gestione dei servizi pubblici anche di rilevanza economica,1 in base al principio di autorganizzazione o di libera amministrazione.
I poteri esercitati da Commissione e Consiglio sui singoli paesi2 sono ampi: “la Commissione può formulare progetti di raccomandazioni agli Stati membri per la correzione degli squilibri individuati. Queste raccomandazioni possono essere pubblicate contestualmente alla pubblicazione dell’esame approfondito o successivamente, unitamente ad altre raccomandazioni specifiche per paese”3
E’ stato così generato un ordinamento a doppio binario per cui nel primo binario sono previste le norme generali contenute nei trattati, nei regolamenti e nelle direttive, valide per tutti gli Stati dell’Unione Europea, che consentono l’indifferente utilizzo delle imprese pubbliche4 e private per lo svolgimento di servizi di rilevanza economica. Nel secondo binario, attraverso il sistema amministrativo azionato dal “semestre europeo” vengono forzati gli ordinamenti nazionali per introdurre le norme speciali in grado di vanificare le libertà contenute nei Trattati, e valevoli solo per il paese destinatario. Le forzature consistono in raccomandazioni, le quali altro non sono che limiti, ostacoli, divieti, imposizioni per il paese cui sono dirette.
Non è dunque l’approccio autolesionista del legislatore italiano il mandante delle norme che, per indurre alle privatizzazioni, aggiungono “oneri amministrativi e tecnici ulteriori rispetto a quelli previsti dalla normativa comunitaria”5, quanto il decisore comunitario esterno. La stessa Corte costituzionale, nella sentenza 100 del 2020, di cui fornirà maggior dettaglio nel paragrafo successivo, ha infatti rilevato: “la norma delegata, in effetti, è espressione di una linea restrittiva del ricorso all’affidamento diretto che è costante nel nostro ordinamento da almeno dieci anni”. Non a caso, le norme speciali a carico degli Stati posti sotto sorveglianza dalla Commissione Europea e dal Consiglio sono vigenti proprio da dieci anni a questa parte.
Si riportano a titolo di esempio alcuni passi delle raccomandazioni pubblicate negli anni scorsi a partire dal 2014:
20146 “L’aggiustamento strutturale previsto nel programma di stabilità permetterebbe all’Italia di rispettare il parametro di riferimento della riduzione del debito nel periodo di transizione 2013-2015, in parte grazie a un ambizioso programma di privatizzazioni da attuare nel periodo 2014-2017 (pari a 0,7 punti percentuali di PIL ogni anno).”
20167 “La riforma della pubblica amministrazione è un passo importante che, se saranno adottati e attuati i necessari decreti legislativi, permetterà all’Italia di cogliere i benefici attesi in termini di maggiore efficienza e migliore qualità nel settore pubblico. Di particolare importanza per risolvere la cause profonde delle inefficienze sono i decreti legislativi sulle imprese di Stato e sui servizi pubblici locali, proposti dal governo a gennaio 2016”.
Con tale meccanismo delle raccomandazioni e della sorveglianza, attraverso le interferenze di oscuri uffici di Bruxelles, non sottoposti ad alcun controllo democratico e tanto meno ad alcun pubblico dibattito, al punto che è sfuggito pure dall’orizzonte della Corte Costituzionale8, è stato possibile mettere in piedi un sistema di due pesi e due misure tra i paesi membri dell’Unione Europea.9
E’ indubitabile che la matrice delle privatizzazioni italiane abbia origine nelle istituzioni sovranazionali del Consiglio e della Commissione Europea.
L’attività legislativa, di iniziativa prevalentemente governativa, nonché l’attività regolamentare esercitata dagli apparati statali “indipendenti” quali l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), l’Autorità Garante della Concorrenza e dei mercati (AGCM) e le Autorità regolatorie di settore dei trasporti ART e dei servizi energia, reti e ambiente (ARERA), sono state la cinghia di trasmissione degli input sovranazionali.
Nessuno spazio di dibattito è stato invece concesso all’interno delle Istituzioni di rango costituzionale, quali il Parlamento e il CNEL, nonché della volontà del popolo espressa nel partecipatissimo referendum sull’acqua pubblica del 2011.
Perciò, solo per l’Italia e per la Grecia, quest’ultima sotto la direzione della Troika, si è assistito ad un attacco sistematico alle imprese pubbliche che gestiscono servizi pubblici.
Tutto ciò sta avvenendo in totale contraddizione con i principi della Costituzione Repubblicana, in particolare degli articoli 41 e 43, molto poco presidiati e difesi dalla Corte Costituzionale, che disciplinano la libertà d’impresa pubblica senza alcun condizionamento o limite se non quello del benessere dei cittadini.
Assistiamo senza difesa, subendone tutte le conseguenze, ad un meccanismo europeo di “due pesi e due misure” in contrasto con la Costituzione Italiana e più restrittiva degli stessi Trattati europei. Per gli stati europei più liberi, o meno sudditi, vale infatti solo il principio della liberalizzazione dei mercati che restano tali anche con la contemporanea presenza delle imprese pubbliche e private. Liberalizzazione e privatizzazione sono due concetti molto diversi, è infatti ben possibile la presenza di una impresa pubblica in una competizione liberalizzata.
Ciò che sta accadendo in Italia è invece una forzata privatizzazione che comporterà la forte riduzione se non addirittura la scomparsa delle imprese pubbliche anche nel settore dei servizi pubblici tradizionali del trasporto pubblico locale e dei servizi idrici.
In definitiva, la libera autorganizzazione delle pubbliche amministrazioni non è messa in discussione dalle norme comunitarie, e ben potrebbe uno stato nazionale trovare il punto di equilibrio tra la libera organizzazione e la concorrenza e del mercato, quasi ovunque in Europa eccetto che in Italia o in Grecia.
Il ricorso del TAR Liguria, la sentenza n. 100 della Corte Costituzionale ed il parere del Consiglio di Stato alla proposta di aggiornamento delle linee guida ANAC n° 7 sulle società in house
Dell’anomalia della legislazione italiana, più oppressiva rispetto a quella comunitaria, si è occupato anche il TAR Liguria il quale, nel 2020, ha rilevato la sospetta incostituzionalità dell’art. 192 comma 2 del D. Lgs. 50/2016 (codice dei contratti) nella parte in cui prevede che le stazioni appaltanti diano conto, nella motivazione del provvedimento di affidamento in house, delle ragioni del mancato ricorso al mercato.
Secondo il TAR Liguria il principio di autorganizzazione o di libera amministrazione delle autorità pubbliche, anche di fonte europea, sarebbe stato compromesso dall’imposizione di obblighi motivazionali supplementari circa le ragioni del mancato ricorso al mercato, in violazione della stessa legge delega del codice dei contratti che aveva fissato, tra gli altri, il divieto del gold plating, ossia di introduzione o di mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive.
La Corte Costituzionale che ha giudicato il caso, Presidente Marta Cartabia, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale adducendo quale motivo la perdurante volontà del legislatore di restringere il ricorso all’affidamento diretto:
“9. La norma delegata, in effetti, è espressione di una linea restrittiva del ricorso all’affidamento diretto che è costante nel nostro ordinamento da oltre dieci anni e che costituisce la risposta all’abuso di tale istituto da parte delle amministrazioni nazionali e locali, come emerge dalla relazione AIR10 , relativa alle linee guida per l’istituzione dell’elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori…” ed ancora “9.1. Già l’art. 23-bis del D.L. 112/2008, abrogato a seguito di referendum, richiedeva, tra le altre condizioni legittimanti il ricorso all’affidamento in house nella materia dei servizi pubblici locali, la sussistenza di situazioni eccezionali…che non permettono un efficace ed utile ricorso al mercato.”
La Corte Costituzionale ha concluso che “la specificazione introdotta dal legislatore delegato è riconducibile all’esercizio di normali margini di discrezionalità ad esso spettanti nell’attuazione del criterio di delega, ne rispetta la ratio ed è coerente con il quadro normativo di riferimento.”
Risultano in questa sentenza almeno due “pilastri” motivazionali della Corte Costituzionale che appaiono basati su fondamenta fragilissime.
- Il giudizio dell’autorità indipendente ANAC di un supposto “abuso di tale istituto da parte delle amministrazioni nazionali e locali”.
- Il richiamo alle ragioni di una norma (art. 23-bis del D.L. 112/2008) già abrogata con referendum nel 2011.
Per il primo “pilastro” si può infatti obiettare che se la scelta organizzativa della pubblica amministrazione è per diritto libera, non può essere contemporaneamente qualificata come “abuso” dando una qualifica negativa di anomalia ad un diritto ordinario incontestabile ed in linea con gli articoli 41 e 43 della Costituzione, neppure lontanamente citati nella sentenza.
Pure il Consiglio di Stato, recentemente interpellato per valutare le nuove linee guida sugli affidamenti alle società in house formulate dall’Autorità anticorruzione, ha sospeso il suo giudizio su nuovi gravami motivazionali facendo notare una certa incoerenza della linea restrittiva con lo scenario normativo in materia di semplificazione e accelerazione delle procedure di affidamento succedutesi dal 2019 in avanti11.
Nel suo parere ha ribadito “il rilievo centrale ai fini di una gestione efficace del piano di ripresa e resilienza e, più in generale, agli effetti di un recupero dello storico deficit di capacità realizzativa delle opere pubbliche e di spesa degli investimenti pubblici, anche comunitari, che affligge non da ieri il Paese”.
Il Consiglio di Stato, senza mezzi termini, ha evidenziato che le prassi amministrative che ci si propone di cambiare per le società in house assumono un rilievo strategico e centrale nella realizzazione degli investimenti pubblici, per cui l’esigenza di speditezza, celerità, efficienza ed efficacia operativa delle pubbliche amministrazioni nella realizzazione degli investimenti pubblici dovrebbe essere equilibrata e non messa in secondo piano rispetto alle esigenze della concorrenza e della trasparenza.
Per il secondo “pilastro”, il richiamo del Giudice delle leggi ad una norma abrogata in sede di referendum, dà l’impressione di voler raschiare il fondo del barile pur di dimostrare le risalenti e consolidate ragioni alla eccezionalità dell’uso di società pubbliche rispetto al mercato che, evidentemente, così consolidate e risalenti non erano.
Al di là della tenuta costituzionale della norma contestata dal Tar Liguria, l’effetto della sentenza 100/2020 è stato nei fatti quello di innovare il diritto costituzionale, ciò in quanto il legislatore di oggi e tutte le istituzioni ed agenzie che hanno un ruolo di influenzare il governo, la citano sempre quale premessa per giustificare l’eccezionalità dell’uso delle società pubbliche, bypassando, come se non esistessero, gli articoli 41 e 43 della Costituzione.
Di fatto, in materia di agibilità della pubblica amministrazione nella scelta delle modalità organizzative dei servizi pubblici si sta assistendo ad un’operazione rivoluzionaria del diritto, sempre più frutto di equilibrismi interpretativi volti a sostenere le scelte dei Governi, nella totale inconsapevolezza dei destinatari della rivoluzione perché privati nei fatti da un lato, delle attività di rappresentanza dei parlamentari, dall’altro lato della non meno importante informazione che sarebbe scaturita da un vero dibattito pubblico.
1Si ricorda che la direttiva 2014/24/UE stabilisce che “nessuna disposizione dalla presente direttiva obbliga gli Stati membri ad affidare a terzi o a esternalizzare la prestazione di servizi che desiderano prestare essi stessi o organizzare con strumenti diversi dagli appalti pubblici ai sensi della presente direttiva.
2Fonte: https://www.consilium.europa.eu/it/policies/european-semester/ .
3Descrizione riportata nelle pagine istituzionali del Consiglio.
4Gli affidi diretti sono consentiti alle imprese pubbliche che presentano le caratteristiche delle società in house.
5Cfr. Sentenza della Corte Costituzionale n° 100/2020.
6Pag. 6 https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST%2010791%202014%20INIT/it/pdf
7Pag. 8 https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-9205-2016-INIT/it/pdf
8Non vi è infatti traccia nella sentenza 100/2020 delle ragioni del mutato orientamento del legislatore a proposito della stretta agli affidi diretti.
9Cfr. pag. 14 del documento n. doc. Comm.: 9411/22 – COM(2022) 616 final del Segretariato Generale del Consiglio del 13.6.2022 “(21) Conformemente all’articolo 19, paragrafo 3, lettera b), del regolamento (UE) 2021/241, e al criterio 2.2 dell’allegato V di tale regolamento, il piano per la ripresa e la resilienza comprende un’ampia gamma di riforme e investimenti che si rafforzano reciprocamente, da attuare secondo un calendario indicativo per l’attuazione da completarsi entro il 31 agosto 2026. Questi affrontano tutte o un sottoinsieme significativo delle sfide economiche e sociali individuate nelle raccomandazioni specifiche per paese rivolte dal Consiglio all’Italia nei semestri europei 2019 e 2020, oltre che nelle raccomandazioni specifiche per paese formulate entro la data di adozione di un piano per la ripresa e la resilienza.”
“Dalle riforme in settori quali i trasporti e la gestione delle risorse idriche ci si attende un miglioramento strutturale dell’efficienza economica, tra l’altro mediante un ricorso più sistematico a procedure competitive per l’assegnazione dei contratti di servizi.”
Fonte: https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-9759-2022-INIT/it/pdf
10AIR Analisi di impatto della regolazione.
11Fonte: https://www.iuranovitcuria.it/2021/10/14/il-parere-del-consiglio-di-stato-sulle-linee-guida-dellanac-in-tema-di-in-house/
Valeria Soru
8/7/2022 https://www.lafionda.org
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