Senza l’autonomia dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza non c’è prevenzione
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Come in tanti hanno scoperto nelle prime ondate pandemiche l’importanza vitale della sanità pubblica, anche sulla sicurezza sul lavoro oggi in tantim comunque sempte pochi, parlano dell’importanza fondamentale del ruolo del Rls per contrastare infortuni e morti sul lavoro.
MA CHE COSA E’ OGGI L’RLS?
Una figura definita o piuttosto, indefinita? E’ efficace nei contesti e nelle condizioni nelle quali opera?
Nel merito di questo aspetto ad oggi restato ai margini, anche nelle stanze sindacali, credo che il sindacato confederale, in particolare, non abbia colto fino in fondo la diversità tra la figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) e il ruolo delle RSU.
Sono due modi di operare diversi, anche se in stretta connessione operativa. Per chi tutti i giorni deve affrontare i relativi problemi all’interno dell’azienda, con i preposti, a volte con gli stessi dipendenti, si accorge, nonostante vi sia l’RSU, di essere solo. Questo perchè, a nostro parere, oggi c’è una sovrapposizione di compiti e letture riguardanti l’organizzazione del lavoro alla quale sono sottoposti lavoratrici e lavoratori. Una organizzazione nella quale la fa da padrone assoluto l’esigenza aziendale su carichi di lavoro, ritmi, pause e relazioni con le dirigenze.
La via d’uscita da questa situazione propodeutica ai rischi è “semplice” e la propone la stessa normativa: parliamo della titolarità delle/dei RLS, indipendente dalle aziende e sgravati da altri incarichi elettivi (RSU, etc); una riconosciuta figura istituzionale che consenta un rafforzamento del ruolo e dei relativi compiti. Una figura che possa, ad esempio, avere la titolarità, senza alcun impedimento da parte di chicchessia, di chiedere l’obbligo di intervento della Vigilanza entro 7 giorni dal ricevimento delle segnalazioni di violazioni di norme antinfortunistiche.
La figura “autonoma” del RLS rappresenta le fondamenta per costruire un’attiva cultura della sicurezza sul lavoro, per tentare di rimettere in discussione questa organizzazione del lavoro che produce solo sfruttamento, schiavitù e morte.
La Direttiva “quadro” della Comunità Europea (391/89/CE) recepita dapprima dal D.Lgs. 626/94 e poi dal D.Lgs. 81/08 (“Testo Unico sulla sicurezza”), creando la figura del RLS, ha fissato un ruolo fondamentale (almeno in teoria) per la difesa dei diritti dei lavoratori alla loro salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Per la prima volta viene infatti riconosciuto in maniera chiara il ruolo dei lavoratori (per tramite dei loro rappresentanti, cioè i RLS) come parte “attiva” nella gestione della prevenzione e la salute e la sicurezza nei luoghi lavoro, quindi non semplicemente come parte passiva, e non sottoposti ad eventuali procedimenti disciplinari dall’azienda in caso di mancato adempimento da parte della stessa.
Ma da tempo quando i RLS esercitano con coerenza e impegno il loro ruolo (cioè semplicemente fanno quello che la legge prevede), diventano lavoratori “scomodi” per l’azienda e quindi soggetti a ogni tipo di pressione e di ricatto. Sono moltissimi i casi di RLS discriminati e perseguitati perché hanno svolto correttamente il proprio ruolo e molti purtroppo sono costretti a rinunciare al loro incarico.
Quando si parla di salute e sicurezza sul lavoro uno dei temi che non viene mai affrontato perchè non lo si ritiene pertinente è il diktat gerarchico, ormai imperante dopo decenni di deperimento dei diritti sindacali nei luoghi di lavoro, della fedeltà all’azienda e conseguente riduzione del diritto alla critica nell’organizzazione del lavoro.
La normativa europea e nazionale assegna al RLS attribuzioni di importanza fondamentale (in dettaglio si può leggere l’articolo 50 del D.Lgs. 81/08):
Oggi alcuni di questi compiti oggi sono osteggiati, ad esempio:
- Programmare possibili e discrezionali sopralluoghi nelle unità operative per verificare le problematiche e, sulla base delle conoscenze delle lavoratrici e dei lavoratori, costruire proposte di miglioramento.
- In caso di prolungata assenza delle Autorità di vigilanza potrebbe avere la facoltà di richiedere l’intervento diretto della Magistratura.
Oggi molte e molti RLS, che vogliono lottare secondo il loro ruolo, si trovano i bastoni tra le ruote, da parte dei loro stessi sindacati, a livello aziendale spesso sono indotti ad assumere queste compatibilità e molti scelgono il disimpegno.
Da più di un decennio questi succede solo sporadimente e solo per il coraggio di pochi RLS, mentre tutte e tutti le/i RLS avrebbero potuto, e dovuto, senza condizionamenti farsi portavoce nei confronti del datore di lavoro delle esigenze espresse dai lavoratori per la tutela salute e sicurezza, supportato dai Decreti legislativi prima citati, ma in realtà il loro ruolo è sempre meno impattivo nelle dinamiche relazionali con la controparte.
Per argomentare, almeno in parte, questa affermazione, basta citare che dal 1994 (anno in cui venne formalizzata la figura del RLS) a oggi, le morti sul lavoro non hanno subito nessun calo, ma hanno continuato a oscillare attestandosi attorno ai 1.400 morti all’anno – sui luoghi di lavoro, in itinere e in agricoltura – cioè più di 3 morti al giorno (fonti INAIL, peraltro sottostimate in quanto comprendono solo i dipendenti pubblici e privati ma non i liberi professionisti, i lavoratori con contratto “anomalo”, i lavoratori in nero, ecc. ).
Oltre a questo, bisogna considerare che le misconosciute malattie professionali, da sempre molte di più delle morti sul lavoro, sono sempre di pù in crescita, anche a causa dell’aumento dell’età lavorativa.
PERCHE’ DICIAMO CHE RLS E RSU DOVREBBERO ESSERE RUOLI DISTINTI?
Il RLS, per quanto disposto dal Decreto, per aziende sopra i 15 lavoratori, deve obbligatoriamente essere eletto all’interno delle rappresentanze sindacali (a seconda dei casi, RSA o RSU) e questo da un paio di decenni comporta molti problemi, a partire da un “conflitto di incarico e competenze” voluto dal legislatore e purtroppo assunto dai sindacati confederali. Le RSA e le RSU si occupano di difesa dei posti di lavoro, dei salari e delle normative contrattuali nazionali, con il compito di migliorarle nei contratti locali, temi, eccetto che sulla connessione indispensabile dell’Organizzazione del lavoro, non dovrebbero influenzare e incidere sul tema della prevenzione e sicurezza sul lavoro ma spesso, da troppo tempo, sono in contrasto con i compiti dei RSL che non dovrebbero essere appesantiti dagli equilibri tra datori di lavoro e sindacati.
Ci sono poi i RLS nelle aziende con meno di 15 dipendenti che vengono scelti tra persone “di comodo”, che nella maggior parte dei luoghi di lavoro diventano di fatto un’appendice aziendale.
Un discorso a parte bisognerebbe fare per le partite IVA, il lavoro “interinale” e il lavoro sommerso.
A queste situzioni di lavoro non si dà una grande attenzione E per “partita IVA” non si intendono certo i ricchi professionisti: (a parte qualche caso atipico…).
Quindi, per noi non c’è prevenzione senza un ruolo chiario delle e dei Rappresentante/i dei Lavoratori per la Sicurezza, dovrebbe essere, una figura fondamentale e strategica che, in collaborazione, con le RSU, deve contribuire al miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori, con l’obbiettivo della prevenzione, perchè prevenire è meglio che denunciare dopo un infortunio o dopo il dramma di una morte.
Un ruolo che, potenzialmente, con il suo operare discrezionale può allontanare quella bara che oggi accompagna chi lavora, in particolare per chi lavora in schivitù nel lavoro, sommerso, nero o grigio che sia.
Franco Cilenti
Direttore editoriale del mensile Lavoro e Salute
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