Una conversazione tra storie di recluse e luoghi reclusi a Napoli.
Il gruppo di donne e uomini, che sta lavorando per dare nuovamente memoria, valore politico- culturale- relazionale a Santa Fede, in via San Giovanni Maggiore Pignatelli a Napoli, si è riunito il 21 giugno, invitando altri/e abitanti, per donare voci narranti di quel luogo, per svelare storie passate e presenti della reclusione di corpi e spazi.
Il fil rouge della conversazione è iniziato dalla lettura di alcuni brani del libro L‘Onore in pericolo di Laura Guidi (ed. Liguori, 1991), che ricostruisce la storia e l’atmosfera dei reclusori napoletani per donne.
A Napoli, in un contesto urbano che ha offerto ben poche risorse alle donne sole, la reclusione istituzionale è stata una risposta ricorrente alla condizione di orfane, vedove, donne disonorate. A partire dal XVI secolo sono stati fondati istituti “di correzione” o di ricovero in città, oltre 60 strutture sono elencate nel XIX secolo, tra cui Santa Fede. L’edificio che la notte del 13 dicembre 2014 alcune associazioni, comitati, cittadine e cittadini hanno riaperto, dopo decenni di abbandono, per interrompere il lungo oblio che ha sottratto alla vivibilità del quartiere una preziosa risorsa, tra le tante, che ancora oggi restano inutilizzate, degradate o privatizzate, sempre percepite come ruderi e vuoti urbani in pieno centro storico.
Risorse sequestrate, non vivibili, espulse dalla conoscenza e dalla coscienza degli abitanti e delle abitanti della nostra città. Risorse sottratte, quindi recluse, alla vita quotidiana e collettiva, ingabbiate in una forma senza tempo e spazio. Una mappa “inaccessibile” della città.
La conversazione è continuata analizzando le persistenti forme di reclusione esercitate come frontiera sociale ed ideologica su soggetti femminili Nella storia molte sono le donne che hanno subito una reclusione trasversale. Accanto agli istituti di pena tradizionali, tesi principalmente a reprimere una condotta, si sono conosciuti altri tipi di istituti di reclusione, Santa Fede ne è un esempio
La povertà diventa sempre più il collante tra reclusione ed esclusione, tante donne recluse nei carceri italiani hanno difficoltà economiche, culturali e spesso sono migranti.
Sono state ben conosciute le difficoltà delle donne detenute quando si è svolto un progetto di ricerca del sé nel Carcere femminile di Pozzuoli durato tre anni e che ha ottenuto il risultato di far scrivere le detenute raccogliendo i loro scritti in un volume Davanti a me è caduto il cielo (ed. Filema,..). Scritture intense e appassionate, nate da un lungo lavoro svolto tra le detenute e le insegnanti del Carcere con il Gruppo di ricerca Soggettività femminili della Biblioteca nazionale di Napoli. Da questo volume si sono letti alcuni brani.
In risposta alla segregazione agiscono le relazioni, infatti si vorrebbe anche costruire una rete di scambi di esperienze di OKKUPAZIONE/LIBERAZIONE di luoghi chiusi e ridati alle abitanti e agli abitanti. Si sono create delle agorà, delle piazze, delle assemblee per fare e parlare di desideri e bisogni, una vera politica in presenza.
Fare collettività significa anche iniziative e lotte in relazione. L’Asilo ha lanciato la campagna ADOTTA UNA LOTTA che si sta continuando per condividere la conoscenza dei tanti luoghi pubblici che sono oggi reclusi e le esperienze in corso per opporsi a reclusioni, sequestri, segregazioni, scarti, espulsioni, sfratti e sfollamenti.
Per questa campagna si adotterà la Biblioteca Brancaccio di piazzetta Nilo, sezione distaccata della Biblioteca nazionale di Napoli, prima biblioteca pubblica d’Europa, chiusa al pubblico dal 2009, pur se i lavori di recupero sono stati ultimati da tempo, i cui libri insieme ai volumi del Fondo Soggettività femminile sono sequestrati all’interno. Copie dei due testi scelti per le letture sono rinchiusi all’interno.
Frutto del lavoro di un gruppo di bibliotecarie, il fondo comprende oltre 3.000 volumi e periodici, saggi del pensiero della differenza sessuale e di storia dei movimenti femminili e femministi, testi politici e culturali di donne che restano sottratti alla conoscenza. Già da anni il Comitato Brancacciorichiede la riapertura della biblioteca e il ritorno del fondo alla sua sede originaria, Biblioteca nazionale di Napoli.
Le storie di reclusione sono tante e diverse, spesso riguardano corpi e saperi di donne, ma anche i luoghi possono diventare “reclusi”, forse perché possono creare vita collettiva, curiosità, relazioni diverse e differenti.
I centri storici delle nostre città sono sempre più reclusi, tra tentazioni speculative e sfruttamento intensivo. Per questo si è accolto l’invito delle donne di TerreMutate dell’Aquila il 27 e 28 giugno, affinché il centro storico possa rivivere. Ancora dal terremoto si nega la possibilità di vita relazionale ai suoi abitanti, o ex abitanti. Importante e significativo sarà per tante aquilane, e non solo, se finalmente si aprirà la casa delle donne proprio in quei giorni.
Alcune di noi andranno all’incontro per continuare un percorso di condivisione, come Donne in nero di Napoli, Casa delle donne di Napoli, Assemblea delle donne di Napoli perlarestituzione, oltre che come gruppo di Santa Fede liberata.
Con le donne dell’Aquila abbiamo una storia parallela anche per la ricerca di una casa delle donne. Abbiamo già da tempo avviato un confronto sull’importanza di avere un luogo politico che sia una casa, che si pensi e si progetti a partire da un luogo autonomo per avere uno sguardo originale su questo mondo. A Napoli si richiede una casa delle donne dalla fine degli anni ’70, ancora non c’è. Nel frattempo molte donne si prendono autonomamente spazi in città.
L’analogia tra i nostri percorsi è anche da cercare nei modi in cui il terremoto ha cambiato il volto delle nostre città, generando lo svuotamento degli spazi di socialità e di incontro, modificando anche i modi del nostro fare politica.
Il cambiamento epocale che stiamo vivendo fa pensare al come abitare la città per tessere relazioni e vivere spazi come “bene comune”, opportunità di vita, sviluppo di pratiche politiche e di pensiero autonomo.
Per informazioni: Santa Fede Liberata: santafedeliberata@gmail.com
Nadia Nappo, Elena Pagliuca
25/6/2015 www.womenews.net
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