Brasile, la vittoria di Lula tra la cyber-war di QAnon, gli impedimenti militari e i tentati brogli alle elezioni


Domenica, Lula ha vinto il ballottaggio al secondo turno sconfiggendo, per pochissimo, il fascista e militare Bolsonaro che in questi ultimi anni è stato a capo di un governo neoliberista, atlantista e molto ben voluto da Washington che ha fatto tabula rasa di diritti umani, ambiente e conquiste sociali. Se al primo turno era palese la vittoria di Lula, al secondo era molto in dubbio in quanto i sondaggi favorivano Bolsonaro. La vittoria è avvenuta nonostante il forte clima di tensione e di frattura politica del popolo brasiliano, che ha ormai sancito la sua forte polarizzazione con le percentuali dei due rivali.

Una cyber-war eterodiretta

Detto ciò non si possono non analizzare le bugie sistematiche, sull’elezione di Lula, a cui è stata sottoposta partedell’opinione pubblica attraverso alcuni canali social “indipendenti”. Vi è stata una vera e propria cyber-war via social veicolate da QAnon nei confronti di Lula con contenuti fuorvianti volti a creare ancora più confusione di quanta già ce ne fosse. Secondo questi contenuti, da guerra non-convenzionale, la vittoria del “comunista pregiudicato” Lula è avvenuta grazie a brogli elettorali in quanto fino all’ultimo i sondaggi e gli spogli davano in testa Bolsonaro. Tra le motivazioni, che farebbero pensare a “brogli” da parte di Lula, vi sarebbero le foto della “folla immensa” dei sostenitori di Bolsonaro nelle piazze, mentre non si sono mai viste in Brasile folle di queste dimensioni per Lula; il fatto che Bolsonaro ha 9 milioni di followers sui social contro i 5 milioni di Lula; e il fatto che Biden è stato il primo capo di Stato, insieme al francese Macron, a congratularsi con Lula per “elezioni libere, eque e credibili”.

Queste bugie da guerra non-convenzionale non dicono che alle elezioni presidenziali del 2002, Lula vinse al secondo turno con 61,27%, ovvero con 52.793.364 voti e, ad acclamarlo, vi erano le masse popolari che non ne potevano più delle politiche neoliberista attuate dai governi di destra precedenti su ordine di Washington. Per quanto riguarda i followers sui social, bisogna vedere quanti sono i veri follower “veri” e quanti invece sono i troll o gli account falsi eterodiretti da chi dirige le macchine propagandistiche di Bolsonaro via social catturando i sentimenti negativi degli utenti. Una tecnica conosciuta fin dai tempi di Cambridge Analytica quando manipolava le elezioni in Kenya e più recentemente con i mezzi propagandistici come “La Bestia” usata da Matteo Salvini in Italia, o dagli strumenti pensati dal banchiere Steve Bannon, ideologo della nuova estrema destra e punto di riferimento di Bolsonaro. Poi bisogna capire che i milioni di favelados e di indigeni che sostengono Lula non posso permettersi di accedere alle nuove tecnologie.
Inoltre il fatto che altri capi di Stato si congratulino per le elezioni con il neo-presidente eletto di un Paese è una cosa abbastanza consuetudinaria che non fa pensare ad alcun “complotto”. Per verità di cronaca bisogna dire che Lula ha ricevuto le congratulazioni anche da Putin e da Xi Jinping.

Eppure la cyber-war si dimentica che Lula non è al potere dal 2011; che è stato vittima di una persecuzione politica e giudiziaria orchestrata da Washington e dai militari brasiliani vicini a CIA ed estrema destra; che il governo di Dilma Rousself venne fatto cadere con un golpe parlamentare guidato dal golpista, neoliberista ed atlantista Michel Temer; che Lula che è stato dichiarato innocente dopo aver vinto tutte le cause in tribunale. Tra il 2015 e il 2019, le Forze Armate Brasiliane esercitarono pressioni sul Tribunale Federale Supremo affinché Lula restasse in carcere per evitare che potesse presentarsi alle elezioni, vincerle e tornare alla presidenza del Paese. La sinistra in Brasile, secondo i piani di Washington, doveva morire e quindi venne scelto Jair Bolsonaro per rappresentare la controparte da “uomo forte” al comando. Quindi come avrebbe potuto orchestrare dei brogli?
Secondo questa narrazione ci sarebbero “strani movimenti militari a Rio de Janeiro” e che Bolsonaro attenderà di ricevere le prove della frode e che, in seguito, “potrebbe scattare la legge marziale e la richiesta di nuove elezioni sotto il controllo dei militari”. Linguaggio colorito che sembra più rispecchiare le ambizioni dello stesso Bolsonaro.
Il problema è che oggi i QAnonisti, tramite il potere dei social network e i loro algoritmi, hanno un ruolo di gatekeeper, ovvero falsi contro-informatori in grado di cavalcare temi a loro favorevoli, strumentalizzare i temi della contro-informazione alternativa, di usarli come specchietto per le allodole e, dopo aver trovato legittimità con quei temi, sulla stessa onda, propongono notizie devianti che si infiltrano nel dibattito, creano confusione e danno origine a false polarizzazioni che non hanno un corrispettivo nella realtà. Il loro fine è quello di postare sempre più l’asticella dei temi verso un clima paranoico, fertile per la destra ultraconservatrice.

Impedimenti ai lettori durante il processo elettorale

Questi mezzi di cyber-war sono un prodotto americano ed hanno agito oscurando per esempio che in Brasile ci sono stati degli impedimenti minacciosi a questa campagna elettorale da parte dei bolsonaristi e dall’apparato militare, di cui l’omicidio politico del leader del PT Reginaldo Camilo dos Santos ne è un esempio.
Il magistrato Alexandre de Moraes, Presidente del Tribunale Superiore Elettorale (TSE) del Brasile, ha chiesto spiegazioni al Direttore Generale della Polizia Stradale Federale (PFC) Silvinei Vasques per lo svolgimento di operazioni di polizia che avrebbero ostacolato la circolazione degli elettori durante il voto in diverse località del Nordest. Vasques, secondo fonti ufficiali, avrebbe imposto addirittura 514 posti di blocchi stradali, nonostante l’autorità elettorale avesse precedentemente vietato qualsiasi azione di polizia che potesse ostacolare il trasporto degli elettori. Caso vuole che alla vigilia del voto, Vasques abbia postato un’immagine sui social media chiedendo alle persone di votare per Jair Bolsonaro, nonsotante il suo ruolo istituzionale.

Blocchi attuati solo ed esclusivamente dove la maggioranza degli elettori erano simpatizzanti di Lula. Questo spiega ampiamente come mai i sondaggi sembravano errati. Moraes ha affermato che Vasques può essere ritenuto penalmente responsabile per disobbedienza e reato elettorale.

La richiesta del TSE nasce dalla segnalazione del deputato Paulo Teixeira (del PT di Sao Paulo), che ha affermato che c’è stata una “strumentalizzazione” della Polizia Stradale e di quella Federale (PF) per interferire nel processo elettorale.
Nella richiesta alla Corte, il deputato ha citato specificamente la denuncia di un episodio registrato nella città di Cuité, Paraiba, comune a 219 chilometri da João Pessoa. Secondo la denuncia, il blitz della Polizia Stradale avrebbe allontanato la popolazione della zona rurale della città che si stava recando a votare. Il sindaco di Cuité, Charles Camaraense (Cittadinanza), ha ribadito la denuncia. Sui social ha espresso indignazione per l’operazione portata avanti dal PRF in città. “Se pensano che in questo modo impediranno alla gente di votare per Lula, si sbagliano”, ha scritto in un post su Twitter. Elettori e leader politici hanno avanzato accuse simili in altre città e Stati come il Rio Grande do Norte. Anche il senatore Humberto Costa (PT-PE) ha ricevuto e condiviso alcune delle denunce.
L’eletto senatore ed ex governatore del Maranhão Flávio Dino (PSB) ha affermato che c’è stato un blitz e il sequestro di veicoli nell’area rurale della città di Caxias, nel Maranhão – denuncia che è stata trasmessa alla Corte Elettorale. Flávio Dino ha anche denunciato che la Polizia Stradale Federale ha effettuato operazioni contro i trasporti, vietati dalla giustizia elettorale. Non è un caso che, nello Stato del Maranhão, Lula ha ottenuto il 68,84% nel primo turno. Inoltre, secondo ispezioni del TSE, ci sarebbero dei dubbi sulle sezioni scrutinate più velocemente in quanto proprio quelle a maggioranza bolsonarista.

In tutto ciò, quello che ha sempre infastidito gli Stati Uniti è stato la politica estera di Lula per la sua amicizia con Hugo Chavez e per il suo appoggio a Paesi e popoli vittime dell’imperialismo e del colonialismo. Anche se ha vinto, di poco rispetto al numero dei votanti, da gennaio Lula diventerà davvero Presidente e avrà i poteri che gli consentiranno di governare, sempre se da oggi a gennaio non ci sarà nessun golpe militare contro di lui.

“In queste ore c’è una strategia di tensione nei social media brasiliani, promossa da canali reazionari per preparare il terreno a un colpo di stato contro Lula. I sostenitori di Bolsonaro organizzano tutto il giorno blocchi stradali e cercano di portare il Brasile nel caos. Un brutto presenti menti in quanto il colpo di Stato in Cile di Pinochet inizio’ proprio con il blocco dei trasporto. Per Ben due giorno si è atteso un pronunciamento di Bolsonaro che non è apparso in pubblico da quando è stato annunciato il risultato delle elezioni. Oggi, Bolsonaro inizialmente ha condannato le proteste non riconoscendo la vittoria di Lula. In queste ore sembra essersi ricreduto ed aver autorizzate la transizione. “

Lorenzo Poli

Collaboratore redazionale del mensile Lavoro e Salute

1 novembre 2022

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