GKN, la punta dell’iceberg e la terza fase dell’Insorgiamo
No, anche oggi qua non hanno sfondato. Domani vi racconteremo e vi ragguaglieremo.
Anche oggi qua non hanno sfondato. Perché siamo stati un “noi”. Ma dobbiamo sbrigarci a cementificare, espandere, consolidare questo “noi”. Non c’è più tempo.
Perché oggi l’azienda non si è nemmeno presentata ma si preparano a nuovi attacchi. Ben presto “torneranno al contrattacco con elmi ed armi nuove. Torneranno al contrattacco ma intanto adesso, curami!”.
E la convergenza e la solidarietà sono la nostra cura.
Alcune centinaia di persone sono intervenute « a sentire che rumore fa la dignità» davanti allo stabilimento ex Gkn di Campi Bisenzio (Firenze) in risposta all’appello degli operai, che da oltre un anno presidiano la fabbrica, perché oggi, lunedi 7 novembre, sarebbe dovuta iniziare la smobilitazione di alcuni materiali dal sito che Qf, l’acquirente dello stabilimento da dieci mesi sostanzialmente immobile, definisce “rifiuti industriali”. Per gli operai l’iniziativa rappresenta non solo un «grave attacco al presidio e all’assemblea permanente dei lavoratori» ma la prosecuzione del tentativo di smobilitazione di Melrose, il precedente proprietario balzato alle cronache per il licenziamento via sms, illegittimo oltre che feroce.
Davanti alla fabbrica, operai, sindacalisti, studenti e anche semplici cittadini insieme a forze politiche e rappresentanti delle istituzioni: tra questi il deputato Pd e ex sindaco di Campi Bisenzio Emiliano Fossi, il consigliere per il lavoro del presidente della Regione Eugenio Giani Valerio Fabiani, il parlamentare M5s Andrea Quartini e il segretario Fiom Cgil di Firenze Daniele Calosi. Il presidio è iniziato alle otto, in attesa dell’annunciato inizio delle operazioni di smobilitazione, anche se i camion necessari non sono ancora arrivati. Nei giorni scorsi gli operai hanno ammassato davanti alla fabbrica molti materiali, tra cui semiassi per auto, e rifiuti e affisso vari striscioni con scritto, tra l’altro, ‘Ecco il made in Italy’, ‘Pezzi scarti, rave party’, ‘Vendo ferro pago operai’.
«Invitiamo la nostra famiglia allargata», aveva scritto l’assemblea permanente invitando «realtà sociali, sindacali e personalità solidali, lavoratrici, lavoratori, scuole, università, artisti, ad approvare ordini del giorno, semplici messaggi social, fotografie di solidarietà alla lotta Gkn, esporre striscioni. Un solo grande messaggio: “giù le mani da Gkn”, una fabbrica la cui dignità è a disposizione di un intero paese. Per la fabbrica pubblica e socialmente integrata».
L’assemblea dei lavoratori Gkn ha chiesto anche «ad ogni organizzazione sindacale di indire azioni di sciopero utili a favorire la presenza di solidali di fronte ai cancelli Gkn» e ha dato mandato alla Rsu di indire un primo pacchetto di ore di sciopero da utilizzare per qualsiasi mansione interessata all’opera di smobilizzo materiali o di altre attività arrecanti danno al patrimonio societario e industriale dell’azienda». In appoggio alla chiamata, i sindacati di base Cobas lavoro privato, Cub Firenze e Usb lavoro privato hanno indetto per oggi lo sciopero del settore privato a livello della provincia di Firenze per l’intera giornata, «in solidarietà con i lavoratori ex Gkn, contro i processi di delocalizzazione in atto nel nostro territorio».
«Temiamo che questa azienda non abbia in mano nulla, non ha un piano industriale, forse non ha una linea di credito, non ha ottenuto la cassa integrazione e non ha presentato la documentazione per l’accordo di sviluppo. Un’azienda che non fa nulla per ripartire e che contemporaneamente brucia liquidità forse va verso il fallimento. Da 10 mesi mancano risposte alle domande che facciamo. Se si sta preparando il fallimento di Gkn usando come scusa la mobilitazione dei lavoratori, non saremo noi che dovremo rispondere delle proprie condotte non chiare», ha spiegato Dario Salvetti del Collettivo di fabbrica dello stabilimento Gkn di campi Bisenzio durante un’assemblea aperta nel piazzale.
«C’è anche il sospetto che ci sia una continuità rispetto al precedente proprietario, al fondo finanziario – ha aggiunto – si parla di svuotamento della fabbrica come faceva il fondo finanziario, si parla di illegalità e occupazione, come faceva il fondo finanziario. Se vuoi fare la reindustrializzazione non hai paura del presidio che chiede la reindustrializzazione». Per Salvetti «la nostra proposta principe è che ci sia il capitale pubblico che entra nella società per rimettere in moto un’azienda dell’automotive e metterla a disposizione di un polo pubblico della mobilità sostenibile. Siccome nessuno ascolta questa richiesta noi ci stiamo organizzando con una Ps, una società di mutuo soccorso che abbiamo chiamato Insorgiamo per fare attività di autorecupero e autoproduzione. Vorremmo qualcuno con cui discutere di questo».
Da parte sua QF punta allo scontro mettendo a valore la voglia di repressione manifestata dal nuovo governo. In un comunicato, l’azienda prende «definitivamente atto che oggi non c’erano le minime garanzie di sicurezza per i nostri lavoratori per poter svolgere le attività previste, e per garantire la loro incolumità e quella delle forze dell’ordine. Con oggi credo sia evidente a tutti che la sbandierata agibilità dello stabilimento non c’è (come abbiamo sempre sostenuto). Lo stabilimento è occupato abusivamente e gestito illegalmente. Nei prossimi giorni faremo le nostre valutazioni».
«Scopo della proprietà era provocare, dividere, allinearsi al nuovo corso governativo e vedere che effetto faceva. L’effetto è stato questo: l’assemblea dei lavoratori in piena domenica pomeriggio? Partecipata, serena e compatta. Da venerdì sera a lunedì mattina un’onda emozionale ha fatto vibrare tutte le nostre reti solidali», osserva il Collettivo di fabbrica consapevole che le centinaia di persone riunite lì davanti in pieno lunedì mattina sono la punta di un iceberg che ne conta migliaia. «Loro lo sanno. Ed è per questo che i camion non sono arrivati. E la situazione, nella sua drammaticità è semplice: la lotta c’è perché il lavoro manca. Non manca il lavoro perché c’è la lotta. Non c’è un abbozzo di piano industriale, consorzio, accordo di sviluppo, forse linea di credito. E nessuno in tutto il paese, organo istituzionale o organizzazione sindacale, può sostenere il contrario. Legittimo ipotizzare di trovarci di fronte a una operazione “testa di legno” della stessa delocalizzazione. Non siamo noi a dover rispondere di condotte non chiare. La proprietà fa da tappo ad ogni ipotesi alternativa: rifiuta la governance pubblica, rifiuta la nostra richiesta di mettere a disposizione lo stabilimento. E contemporaneamente va verso la fine della liquidità.
La lotta per Gkn si gioca ai cancelli, nelle piazze ma anche nella capacità progettuale di mettere in campo forme di autoproduzione, mutualismo. La campagna per la fabbrica pubblica e socialmente integrata e la Società Operaia di Mutuo Soccorso Insorgiamo (Aps Soms Insorgiamo) sono fondamentali. E siamo già in ritardo.
La partita è generale: non solo possiamo fermarli, ma mettere in moto un esperimento sociale collettivo che riesce a ricreare salario, diritto, lavoro per il benessere generale e la pubblica utilità.
E se, infine, troveranno il modo di sotterrarci sotto il peso di rapporti di forza avversi, stanchezza e ipocrisie, saremo semi di germogli futuri».
Con toni molto diversi anche la Fiom parla di «inutile provocazione che tende solo ad allontanare ogni possibilità di reindustrializzazione del sito». «Il dottor Borgomeo (padrone di area cattolica, osannato dalla stampa e dipinto come un filosofo, ndr) sta effettuando una grande operazione di distrazione di massa per non ammettere davanti ai lavoratori, al territorio, al Governo e alle Istituzioni, il non rispetto dell’accordo da lui stesso sottoscritto il 19 gennaio scorso al ministero», fa sapere la Fiom-Cgil che considera «la decisione di Qf di procedere, a partire dalla giornata di oggi lunedì 7 novembre, allo svuotamento dei rifiuti del materiale ferroso presenti dentro lo stabilimento, un’inutile provocazione che tende solo ad allontanare ogni possibilità di reindustrializzazione del sito». Per la Fiom nazionale e fiorentina «Qf, per il tramite del dottor Borgomeo, preferisce indirizzare la vertenza sul terreno dell’ordine pubblico anziché ammettere davanti all’intera opinione pubblica che sia il ministero che Invitalia non hanno considerato sostenibile e, quindi non percorribile, il contratto di sviluppo da lui stesso proposto, mancando le garanzie che l’azienda deve produrre e che sono previste proprio dalla normativa che disciplina accordo e contratto di sviluppo». «Il problema perciò non è la non agibilità dello stabilimento – aggiunge il sindacato in una nota -, bensì l’inesistenza, come certificato dal ministero, da parte di Borgomeo del piano industriale riguardante lo stabilimento di Campi Bisenzio. Come Fiom-Cgil ribadiamo la nostra disponibilità a confrontarci su tempi e modi per lo smobilizzo dei materiali a vario titolo, ma a fronte della condivisione di un piano industriale solido e concreto che, ad oggi, non è stato presentato alle parti e ai ministeri competenti, alla Regione ed a Invitalia». Quella dell’azienda è «l’ennesima azione che tende a non affrontare i reali problemi della vertenza, nel tentativo di creare ulteriori tensioni nei confronti sia di tutti i soggetti impegnati a trovare una soluzione per il rilancio industriale del sito, sia dei lavoratori che sono in una condizione di forte preoccupazione poiché, da ormai oltre 12 mesi, non vedono prospettive per il loro futuro lavorativo. In ragione di tutto ciò la Fiom-Cgil valuterà ogni azione utile a garantire la reale reindustrializzazione del sito».
«E’ vitale per la nostra lotta – insiste il Collettivo di Fabbrica – dare la massima attenzione e appoggio alla campagna per la Fabbrica pubblica socialmente integrata e al percorso della Soms Insorgiamo, a partire dall’assemblea popolare indetta per il 9 novembre alle h 20.30 a Campi Bisenzio. E il 10 novembre continua la saldatura tra il Collettivo di Fabbrica e il movimento studentesco. A Novoli, Gkn incontrerà le studentesse e gli studenti della Sapienza.
In uno stabilimento fermo, immobile, sottoposto a un corpo di accordi fatti con Melrose secretato e tutt’altro che trasparente con un’enfasi dell’attuale proprietà su cassa integrazione e svuotamento stabilimento, senza un piano industriale vero e proprio e quel poco che è stato presentato è insufficiente, una comunità di oltre trecento persone e decine di realtà sindacali e di movimento ha lanciato un mese fa il progetto della fabbrica pubblica e integrata con il territorio. La relazione è con Mutua Autogestione di Firenze, Rete Italiana di Economia Solidale, Rete italiana delle fabbriche recuperate,
Movimento aziende recuperate argentine. Un atto dovuto considerato che, come sottolinea il Collettivo di fabbrica, “l’attuale proprietà dopo dieci mesi di irresponsabili telenovele” chiarisce il Collettivo, “ha perso il diritto unico di proposta. Continui pure ad approfondire e dettagliare il suo piano industriale. Ma tale piano non è più l’unica proposta in campo. Anzi, chiediamo con forza che cessi immediatamente di fare da tappo a tutte le proposte alternative”.
Il piano dei lavoratori prevede la nascita di un soggetto giuridico: “come strumento di mutualismo, autorecupero, progettazione del piano industriale alternativo, sviluppo di un Cral, collegamento con il territorio, riferimento di azionariato popolare e assemblee di territorio”. L’associazione Società Operaia di Mutuo Soccorso Insorgiamo è un’occasione per tutte e tutti, una proposta inserita in un processo di lungo periodo che prevede una campagna per la fabbrica pubblica, per reclamare fondi pubblici che siano collegati a pubblica utilità e a un controllo pubblico, «esercitato da una struttura societaria pubblica e dalla possibilità di assemblea permanente, Rsu, Collettivo di Fabbrica, oo.ss. di incidere sul diritto di proposta, verifica e gestione della reindustrializzazione. La possibilità di sviluppare una ricerca autonoma del core business che permetta la ripartenza dello stabilimento. Lo sviluppo di attività economiche in autoproduzione che permettano da subito la riattivazione produttiva, affiancata dal mutualismo per consolidare la comunità interna, prepararsi a una lotta di lunga durata e stringere legami con il territorio. Tutto ciò può essere reso possibile affiancandolo con una spinta per il cambiamento dei rapporti di forza attraverso lo sviluppo della mobilitazione generale e della convergenza».
E’ la terza fase dell’Insorgiamo che ha visto, tra l’altro, le mobilitazione del 22 ottobre a Bologna e del 5 novembre a Napoli.
Ercole Olmi
8/11/2022 https://www.popoffquotidiano.it
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