L’Università di Torino si schiera contro l’accordo tra Frontex e il Politecnico
Il Consiglio di amministrazione dell’Università di Torino si schiera contro l’accordo per la produzione di mappe tra il Politecnico di Torino e Frontex, l’Agenzia che sorveglia le frontiere europee. Nella seduta del 27 ottobre di quest’anno i membri del Cda di Unito, che con il Politecnico “condivide” la gestione del Dipartimento che si è aggiudicato la commessa “incriminata”- hanno infatti approvato una mozione in cui si dichiara la “totale contrarietà alla collaborazione in atto”, chiedendo ai competenti organi del PoliTo di procedere alla “sospensione di ogni attività con l’Agenzia”. La delibera arriva poche settimane dopo la pubblicazione del rapporto dell’Ufficio antifrode europeo (Olaf) che ha “certificato” come Frontex abbia coperto gravi violazioni dei diritti umani alle frontiere europee. Un documento che ha portato il Parlamento europeo a votare contro la procedura di “discarico” del bilancio, ovvero il “via libera” alle spese sostenute nel 2020. “Non ci sono più scuse. È arrivato il momento che il Politecnico di Torino faccia un passo indietro”, spiega Michele Lancione, professore Dipartimento interateneo di Scienze, Progetto e politiche del territorio (Dist).
Proprio Lancione, a seguito dell’inchiesta di Altreconomia che dava conto nel settembre 2021 dell’accordo tra Frontex e il Dist, il citato dipartimento a cavallo tra Unito e Politecnico, aveva preso pubblicamente posizione dichiarando la sua contrarietà al contratto. Una commessa da quattro milioni di euro, della durata di due anni, per la produzione di cartografia aggiornata. Nonostante altre voci all’interno del Dipartimento avessero chiesto un passo indietro da parte dell’Ateneo -tra cui Francesca Governa, che ha raccontato nel podcast Limbo la sua contrarietà all’accordo- nulla è cambiato. Nel dicembre 2021, peraltro, il Senato accademico del Politecnico aveva votato a favore dell’inserimento di una clausola vincolante di rispetto dei diritti umani per l’Agenzia. Ma come ricostruito da Altreconomia quella clausola è stata inserita solo nel contratto tra i diversi attori del consorzio italiano (Ithaca Srl, un centro di ricerca “dedicato al supporto di attività umanitarie in risposta a disastri naturali”, il Dist, e la Fondazione Links) che si sono aggiudicati la commessa. “Ciascuna parte si impegna ad agire -era scritto all’interno del contratto- nel pieno rispetto dei diritti umani e fondamentali, nonché dei principi di integrità della ricerca”. Il 31 maggio di quest’anno Frontex ci ha risposto però di “non detenere alcun documento” con riferimento alla richiesta di avere accesso a “eventuali bozze di consortium agreement sottoscritte dall’Agenzia da luglio 2021 in avanti”. Una clausola, quindi, che non poteva affatto vincolare anche l’Agenzia.
È anche per questo motivo che il Cda di Unito ha chiesto al Politecnico di “valutare la gravità della situazione e il danno che la prosecuzione della fornitura di servizi può arrecare agli Atenei torinesi”. Una mozione -di cui Altreconomia ha preso visione- che arriva dopo l’audizione del vice-direttore del Dist chiamato ad aggiornare, il 20 ottobre, gli organi di Unito sullo stato di avanzamento dell’accordo con Frontex. Il cda sottolinea le “grandi inadempienze nel funzionamento dell’Agenzia e la sua colpevole inefficacia nell’affrontare il tema delle migrazioni” che vede il “fulcro delle denunce [rivolte all’Agenzia] nel rapporto Olaf e nel recentissimo rifiuto dei parlamentari europei del 18 ottobre 2022 a votare il cosiddetto scarico del bilancio dell’Agenzia 2020”.
“Se ai tempi della sottoscrizione di questo contratto ci si poteva nascondere dietro un’ingiustificabile scarsa conoscenza delle problematicità di Frontex ora non è più possibile -sottolinea Lancione-. Le inchieste giornalistiche e i report di enti europei hanno messo in luce lo scarso funzionamento, i mancati meccanismi di controllo interno e ulteriori esempi di coinvolgimento in violazione dei diritti umani delle persone in transito”. Il rapporto Olaf, infatti, descrive anche l’inefficienza degli strumenti “interni” all’Agenzia utili per monitorare le attività sui confini europei. Problemi tutt’altro che risolti nonostante, dopo la pubblicazione del rapporto, dal board dell’Agenzia si siano affrettati a dichiarare che “queste pratiche appartengono al passato” così come la Commissaria europea agli affari interni Ylva Johansson che si è definita “scioccata” ma “sicura che il consiglio di amministrazione si è assunto pienamente le proprie responsabilità”. “L’Agenzia ha problemi strutturali –ci ha detto Laura Salzano, dottoranda in Diritto europeo della migrazione presso l’Università di Barcellona-. Finché non si risolvono è difficile che il suo mandato possa rispettare il diritto internazionale e quello dell’Unione europea. E l’unico passo possibile in questa direzione è una sentenza della Corte di giustizia che ristabilisca i confini del suo operato. Olaf segna un punto di svolta perché l’illegalità è finalmente certificata da un corpo dell’Ue ma resta un ente amministrativo, non una Corte”.
Per Lancione resta in gioco la “vera libertà intellettuale”: “Recedere dal contratto non significa fare un passo indietro rispetto alle missioni di un Ateneo impegnato in contratti internazionali e nella ricerca ma farne uno in avanti. La rescissione è un segnale importante coerente con una visione etica della libertà intellettuale di cui giustamente l’Ateneo si fa vanto: libertà significa poter rivalutare le decisioni prese e cambiare direzione nel caso in cui il contesto sia cambiato. Questo è il momento di farlo”.
Luca Rondi
10/11/2022 https://altreconomia.it
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