Un bambino nato a Caltanissetta ha 3,7 anni in meno di aspettativa di vita di chi nasce a Firenze. La mappa della povertà infantile
La XIII edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia, dal titolo “Come stai?”, curata da Save the Children fotografa le condizioni di vita di bambini, bambine e adolescenti nel nostro Paese. Il quadro che ne emerge è sconcertante.
In Italia, dove quasi un milione e quattrocentomila bambini vivono in povertà assoluta, il 14,2% del totale ma arriva al 16% nel sud, si registrano disuguaglianze socio-economiche che incidono direttamente sulla salute dei bambini.
La speranza di vita media alla nascita nel 2021 nel nostro Paese è di 82,4 anni, ma ci sono 3,7 anni di differenza tra l’aspettativa di vita di 80,2 anni di chi nasce a Caltanissetta e gli 83,9 di chi nasce a Firenze.
Ci sono oltre 12 anni di differenza di vita in buona salute tra chi nasce nella provincia di Bolzano, in buone condizioni fino a 67,2 anni e chi nasce in Calabria con 54,4 anni. Tra le bambine la forbice è ancora più ampia, 15 anni in meno in Calabria rispetto al Trentino.
Prima della pandemia il tasso di mortalità infantile entro il primo anno di vita era di 1,45 decessi ogni 1000 nati vivi in Toscana, ma era più che doppio in Sicilia con 3,34 e triplo in Calabria con 4,42, con ben il 38% dei casi di decesso relativi a bambini con mamme di origine straniera.
Un bambino del Mezzogiorno che si ammalava nel 2019 aveva una probabilità di dover migrare in altre regioni per curarsi del 70% in più rispetto a un bambino del Centro o del Nord Italia. Disuguaglianze anche nella salute che la pandemia ha amplificato.
Un servizio sanitario che spesso è “nazionale” solo sulla carta, per le gravi disuguaglianze territoriali e la distanza che intercorre tra le sue punte di eccellenza e i suoi baratri. I dati di Save the Children mostrano la necessità di mettere la salute dei bambini al centro di tutte le scelte politiche, dalla tutela dell’ambiente urbano alle mense scolastiche, fino agli spazi per lo sport e il movimento.
Un milione e 400 mila bambini in povertà assoluta significa oltre alla povertà materiale ed educativa la povertà di salute.
Prima del covid l’Italia tra il 2010 e il 2020 aveva investito soltanto il 6,4% delle sue risorse contro, ad esempio, il 9,8% della Germania o il 9,3% della Francia, mentre cresceva la spesa sanitaria a carico delle famiglie, pari al 2,3% del Pil, che in Francia è dell’1,9% e in Germania dell’1,8%.
Le famiglie italiane più abbienti con figli minorenni spendono in media per la salute circa 250 euro mensili, affidandosi quindi di più ai privati, mentre quelle meno abbienti non raggiungono un quinto di tale spesa (meno di 50 euro) al centro nord, o lo superano di poco nel Mezzogiorno, affidandosi quindi molto di più al servizio pubblico quando presente.
“Nella ripartizione dei fondi pubblici per la salute, solo il 12% è impiegato nella prevenzione e nella medicina di base, che sono invece fondamentali per la salute dei bambini nel medio e lungo periodo – afferma Save the Children nel Rapporto -. La quota principale (44%) è impiegata per l’assistenza ospedaliera, ma solo il 6% di queste risorse sono destinate ai minorenni, a fronte di una percentuale di questi sul totale della popolazione del 15,6%”.
Mancano all’appello sui territori ben 1.400 pediatri di base e la media di bambini under 14 assistiti per pediatra è pari a 883, sebbene vi sia un limite stabilito per legge di massimo 800 assistiti per pediatra, mentre lo screening neonatale esclude ancora, in molte regioni, alcune malattie anche gravissime, che potrebbero essere diagnosticate precocemente.
16/11/2022 https://diogeneonline.info
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