Per non morire lavorando

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Io me ne occupo da 15 anni e posso dire di essere diventato un esperto del tema. Ho aperto l’Osservatorio il 1° gennaio 2008 e da allora ho registrato tutti i morti sul lavoro in tabelle excel, classificati per giorno, mese e anno della tragedia, con Provincia e Regione dell’infortunio mortale, identità della vittima, età, professione, nazionalità e cenni sulla disgrazia.

I dati dell’osservatorio comprendono tutti i morti sul lavoro. INAIL raccoglie SOLO le denunce che arrivano dal territorio dei suoi assicurati. ANMIL e un altro Osservatorio riprendono i morti di questo Istituto, ma sono parziali. Il problema vero è che ci sono oltre 4 milioni di lavoratori che non hanno INAIL come assicurazione. Molte categorie non sono assicurate con Inail e tante persone che muoiono in nero non sono registrate da nessuno, se non da noi.
Un’altra cosa che voglio sottolineare è che tantissimi agricoltori schiacciati dal trattore sono anziani che per arrotondare le pensioni continuano (per fortuna dell’Italia) a coltivare i propri terreno. Ne sono già morti 144 anche quest’anno, anche loro sfuggono a ogni statistica. Da quando ho aperto l’Osservatorio sono morti oltre 2000 agricoltori in questo modo atroce.

È per questo che il numero di morti sul lavoro monitorati dall’Osservatorio è molto più alto di quello che diffonde INAIL. Non sono numeri campati in aria, ma sono ricavati della registrazione dei morti ogni giorno.
Negli ultimi anni riguardo ai morti in tarda età, se si escludono i morti sulle strade e in itinere, che INAIL mette insieme nei numeri che diffonde, risulta scioccante che un morto su cinque sui LUOGHI DI LAVORO ha più di 60 anni: non si può far svolgere lavori pericolosi a anziani che hanno riflessi poco pronti, calo di vista, sordità e altri acciacchi dovuti all’età. L’allungamento generalizzato dell’età per andare in pensione ha fatto aumentare i morti in tarda età; negli ultimi giorni sono morti tre edili che avevano 73, 77 e 79 anni, ovviamente in nero. Ora muoiono anche tanti giovani, alcuni addirittura in scuola/lavoro. Ma la libertà di licenziamento introdotta col Jobs Act e i lavori a tempo determinato, costringe tanti a svolgere lavori pericolosi, senza potersi opporre pena il licenziamento.

Il 30% dei morti sui luoghi di lavoro sono in agricoltura, intorno al 20% i morti in edilizia, con le cadute dall’alto che uccidono per l’80% questi lavoratori.
L’autotrasporto ha quest’anno il 14% dei morti: sono aumentati notevolmente in questi ultimi anni per il fenomeno degli acquisti on line che sottopone questi lavoratori “falsi autonomi” a ritmi forsennati. Anche i rider muoiono numerosi, giovani uomini e donne.

Nelle industrie di tutte le categorie, sui luoghi di lavoro sono morti quest’anno l’8% di lavoratori: dove ci sono rappresentanti dei lavoratori e imprenditori che dialogano sulla Sicurezza, i morti si contano sulle dita di una mano, nonostante milioni di addetti; quelli che muoiono in queste realtà sono esclusivamente lavoratori in appalto nell’azienda stessa, e questi non hanno nessuna tutela sindacale, lavoratori che non hanno gli stessi contratti dei dipendenti.

Cambia tutto nelle piccole e piccolissime aziende e tra gli artigiani che muoiono numerosissimi: in fabbrica su una macchina, anche donne alle quali sono stati modificate le macchine per aumentare la produzione, come Luana D’Orazio a Prato o Laila El Harim a Reggio Emilia. Muoiono magazzinieri guidando i muletti, tornitori, elettricisti, installatori, manutentori, idraulici, ecc. tantissimi gli artigiani.

Descrivere tutte le casistiche delle morti in poche righe è impossibile. Ma ricordiamoci anche del terribile contributo di sangue che pagano i lavoratori stranieri che rappresentano il 12% di tutti i morti sui luoghi di lavoro (due su quattro a Bologna dall’inizio dell’anno).

I morti sul lavoro non sono quindi una tragica fatalità causata da un destino avverso. Nella provincia di l’Aquila quest’anno non c’è stato nessun morto sui luoghi di lavoro, eppure L’Aquila ha un numero enorme di cantieri aperti nel post terremoto. Qui lo Stato è efficiente, come tutte le Istituzioni, locali e nazionali; controllo sulle infiltrazioni mafiose sulle aziende che operano nel territorio, con i lavoratori che devono avere tutti i dipendenti in regola, con controlli diffusi e attrezzature adeguate; qui controllano anche il subappalto. Occorre esportare questo modello nel resto del Paese.

Un’ultima annotazione: l’ultimo rapporto INAIL sugli infortuni in Italia è del 31 agosto. Nei primi otto mesi del 2022 sono arrivate a questo Istituto 677 denunce di morti per infortuni, comprensivi dei morti sulle strade e in itinere. Il 29 ottobre i morti di questo Istituto si aggireranno sui 900 complessivi mentre i nostri supereranno i 1300, perché l’Osservatorio, anche con la collaborazione di tantissimi amici di Facebook, che segnalano i morti nella loro regione, riesce ad avere una visione completa di queste tragedie.

Se si confronta questo periodo con lo stesso del 2021, l’aumento dei morti è stato del 9%. Nessun calo quindi se si contano tutti i morti sul lavoro.

Carlo Soricelli

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