Cop 27, la peggiore conferenza sul clima
Di conferenze delle parti sul clima ne ho viste tante, a partire dal 2001, cioè dalla COP 6-bis di Bonn. Non tutte ma quasi tutte, tranne un paio. Ebbene, penso che questa sia stata la peggiore. La sensazione costante era di non essere ben accolti, addirittura di essere seguiti o fotografati, secondo alcuni fin sull’aereo del ritorno. Ma soprattutto che l’agenda della Presidenza egiziana non coincidesse affatto con i principii enunciati. “Non ho mai vissuto nulla di simile: non trasparente, imprevedibile e caotico”, ha detto un delegato a un quotidiano britannico.
E’ vero, il vertice ha compiuto un passo positivo verso un fondo per le perdite e i danni, ma non è riuscito a concordare un’azione più ambiziosa sulla riduzione delle emissioni. Quello appena creato rischia di diventare un “fondo per la fine del mondo”, abbiamo commentato come WWF, se i Paesi non si muoveranno molto più velocemente per ridurre le emissioni e limitare il riscaldamento al di sotto di 1,5°C.
Il testo finale di sintesi di 10 pagine, approvato il 20 novembre, afferma che per limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali sono necessarie “riduzioni rapide, profonde e sostenute delle emissioni di gas serra” entro il 2030. Ma la richiesta di inserire nel testo l’eliminazione graduale, o almeno la diminuzione, dei combustibili fossili è stata bloccate dagli Stati produttori di petrolio e gas.
Non riuscendo a inserire nessun riferimento nelle decisioni finali della COP 27, i leader hanno perso l’occasione di accelerare l’eliminazione dei combustibili fossili: così continueremo ad andare dritti contro il muro delle conseguenze più catastrofiche della crisi climatica. Senza tagli rapidi e profondi alle emissioni non potremo limitare l’entità delle perdite e dei danni, che deve essere il nostro primo obiettivo. Non possiamo permetterci un altro vertice sul clima come questo. È inaccettabile che i governi non si muovano e che i negoziatori non siano riusciti a raggiungere un accordo più ambizioso di quello concordato a Glasgow lo scorso anno. Le future presidenze della COP non possono ancora sprecare questa opportunità. Ora i governi devono raddoppiare gli sforzi per ridurre le emissioni e intraprendere la necessaria azione di trasformazione per mantenere il riscaldamento al di sotto di 1,5°C. Il vertice COP28 del prossimo anno deve essere la COP della credibilità climatica. Questo senza minimizzare le responsabilità dei governi, tutti, che devono prendere e mantenere i loro impegni. I governi a oggi sono come condomini che, mentre il palazzo brucia, lo osservano parlando di quote condominiali: la crisi climatica deve essere la priorità: solo affrontandola davvero, fermandone la progressione, tutto il resto ha un senso.
Parlando poche ore dopo la chiusura della conferenza sul clima in Egitto, Simon Stiell, capo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, ha dichiarato che intende rivedere il processo della COP per renderlo “il più efficace possibile”. Ci auguriamo che questo non restringa gli spazi della società civile, che al contrario li ampli e renda meno opaca la presenza dei lobbisti fossili. Perché non tutte le responsabilità gravano sulla Presidenza egiziana. Oltre agli Stati petroliferi e del gas c’erano oltre 600 lobbisti dell’industria dei combustibili fossili: questo ha provocato le proteste degli scienziati, oltre che degli ambientalisti. Come non vedere la manina di lobbisti da noi ben conosciuti dietro l’introduzione del concetto di low-emissions e low carbon, formulette che potrebbero riaprire la porta al nucleare – con il costante interessamento della Russia – e al gas, di cui l’Egitto è ricco e che fa gola proprio alla compagnia Oil&Gas nostrana.
Questa doveva essere una “COP africana”, ma non è riuscita a soddisfare le esigenze e le priorità del continente. L’Africa è in prima linea nella crisi climatica ed è altamente vulnerabile alle sue conseguenze. Stiamo già assistendo a terribili impatti, perdite e danni in tutto il continente. Il WWF accoglie con favore i progressi compiuti nell’istituzione di un fondo per aiutare i Paesi a riprendersi dai disastri legati al clima, ma questo non è sufficiente se non si interviene ulteriormente per evitare che la crisi climatica vada fuori controllo. Il WWF chiede anche che si garantisca che il fondo “Loss&Damage” sia dotato di risorse e sia allineato con l’equità e la giustizia. Inoltre ci si aspettava di vedere più finanziamenti e azioni per aumentare la resilienza dell’Africa e di tutti i paesi più vulnerabili, ma ancora una volta gli impegni finanziari per l’adattamento non sono stati rispettati.
In un rapporto reso noto durante la COP27, il WWF ha rilevato che la natura ha finora assorbito il 54% delle emissioni di anidride carbonica dell’umanità negli ultimi 10 anni. E’ quindi è positivo vedere che, nelle decisioni finali della COP27, i Paesi abbiano riconosciuto l’importanza delle soluzioni basate sulla natura. Ma ricordiamoci che se la Natura ci può aiutare a riassorbire le emissioni già prodotte, non possiamo assolutamente più permetterci di aggiungerne altre, dobbiamo abbattere le emissioni di gas climalteranti nel più breve tempo possibile.
Nonostante l’esito di questo vertice, dovremmo tutti trarre ispirazione dai potenti messaggi e dalla determinazione dimostrata dagli attivisti, dalle popolazioni indigene, dalla società civile e dai giovani che hanno fatto sentire la loro voce nonostante le condizioni difficili, rendendo ancor più evidente l’inadeguatezza dell’azione dei governi. La crisi climatica colpirà persone e luoghi diversi in modo disomogeneo, e quindi è probabile che porti a ulteriori disuguaglianze e ingiustizie all’interno e tra le nazioni. Ogni azione per il clima deve andare di pari passo con il miglioramento dei diritti umani e dell’equità.
Mariagrazia Midulla
Responsabile Clima ed Energia del WWF Italia
23/11/2022 https://sbilanciamoci.info
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