Sicilia: cannoni contro riserve e aree protette. L’Esercito e i Marines USA ancora a Punta Bianca
Non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire. E sordo lo è certamente il Comando dell’Esercito in Sicilia perché proprio non vuol sentire le legittime richieste degli ambientalisti e della stramaggioranza della popolazione locale che da decenni chiedono di fermare le esercitazioni di carri armati, obici e blindati in una delle aree più belle del territorio dell’Isola, Punta Bianca, a una decina di km dalla città di Agrigento e della , patrimonio UNESCO. Sordo ma anche cieco, perché l’Esercito non vuole vedere le devastazioni generate dalle esercitazioni di guerra nella costa di roccia calcarea che si immerge nel Mediterraneo, le lacerazioni delle granate sulla madre terra, i veleni delle ogive trascinate dalle correnti marine. Militari ciechi, sordi e arroganti.
Nonostante l’istituzione della mini-riserva naturale di Punta Bianca e Scoglio Patella da parte della Regione siciliana (decreto n. 157 del 28 giugno 2022), con l’anno nuovo le forze armate italiane e i Marines USA di Sigonella tornano a sparare nel poligono “Drasy” (tra la riva di levante del fiume Naro e Punta Bianca) e nell’antistante tratto di mare.
L’ordinanza emessa dalla Guardia costiera di Porto Empedocle il 19 dicembre 2022 non lascia dubbi sull’intensità e gli effetti ambientali delle esercitazioni previste per il primo semestre 2023 su una fascia di territorio che le élite politiche e gli amministratori della Sicilia non hanno avuto il coraggio di strappare alla follia distruttiva dei militari. “Saranno svolte attività con armi da fuoco portatili, di reparto, sistemi d’arma c/c, cannoni da 105/51, 105/52 e 25mm, lancio di bombe a mano”, annota la Guardia costiera. A cannoneggiare torneranno dunque i carri armati e i blindati da combattimento come i “Centauro”, i “Freccia”, i “Lince”, i “Dardo”. E si sparerà dalle ore 8 alle 20, tutti i giorni – esclusi le domeniche e i festivi – dal 2 gennaio all’11 maggio 2023. Poi le attività militari saranno sospese per riprendere dal 13 ottobre fino alla fine dell’anno.
Secondo il cronogramma predisposto dal Comando Esercito “Sicilia”, nel poligono “Drasy” saranno impegnati di volta in volta gli uomini e i mezzi del Comando della Brigata Meccanizzata “Aosta” (reparto d’élite dell’Esercito, tra le forze terrestri di pronto intervento della NATO e attualmente in missione in Libano) e e alcuni dei suoi reparti: il 62° Reggimento fanteria “Sicilia” di Catania; il 5° Reggimento fanteria “Aosta” di Messina; il 6° Reggimento lancieri “Aosta” di Palermo; il 6° Reggimento bersaglieri di Trapani; il 24° Reggimento artiglieria terrestre “Peloritani” di Messina; il 4° Reggimento Genio Guastatori di Palermo. Complessivamente la Brigata “Aosta” cannoneggerà terra e mare per 14 giorni a gennaio, 12 a febbraio, 15 a marzo, 11 ad aprile e 7 a maggio. Rilevante anche il peso delle esercitazioni riservate al personale delle forze armate degli Stati Uniti d’America di stanza nella base aeronavale di Sigonella: top secret la tipologia delle armi impiegate, ma “Drasy” e le acque dell’agrigentino saranno cosa loro dal 16 al 20 gennaio; il 9, 10, 13, 16 e 17 febbraio; dal 20 al 24 marzo; dal 3 al 7 aprile.
“Per la durata delle attività sopra indicate è fatto divieto di navigazione, ancoraggio, transito, sosta, pesca, balneazione, sorvolo (a quota inferiore a 150 metri) e ogni altra attività di superficie e subacquea nell’area demaniale marittima lungo il tratto di costa incluso nel poligono di tiro fisso, nonché nel tratto di mare antistante”, riporta l’ordinanza della Guardia costiera di Porto Empedocle.
I nuovi war games sono stati accolti con rabbia e delusione dagli attivisti che si battono in difesa dello straordinario patrimonio paesaggistico e naturalistico di Punta Bianca. “Dopo le nostre manifestazioni di fine estate, l’Esercito italiano non era più tornato ad esercitarsi in località “Drasy”, così speravamo si fosse posta la parola fine ad una servitù militare che ha prodotto enormi e gravi conseguenze nel territorio e nell’ambiente circostante”, dichiara Claudio Lombardo di MareAmico Agrigento. “Nei mesi scorsi, insieme alla delegazione siciliana di MareVivo, abbiamo presentato un esposto alla Procura della repubblica rilevando l’enorme numero di crateri e i danni alla fascia costiera prodotti dalle esplosioni degli ordigni. L’elevato inquinamento del suolo da metalli pesati è sotto gli occhi di tutti. Per questo ritenevamo d’obbligo la sospensione definitiva delle attività militari. Segnali positivi sono venuti dagli altri corpi armati e di polizia. Abbiamo avuto notizia che l’Arma dei Carabinieri, la Polizia di Stato, la Guardia di finanzia e la Capitaneria di Porto non svolgeranno nei prossimi mesi alcuna esercitazione nel poligono”.
Nell’ordinanza di sgombero per il primo semestre 2023 emessa dal Comando dell’Esercito in Sicilia si fa esplicito riferimento alla “necessità, prospettata dai Reparti della Forza Armata, dalla U.S. Naval Air Station di Sigonella, dai Corpi Armati dello Stato e dalle Forze di Polizia, di svolgere esercitazioni di tiro con armi individuali, di reparto e lancio bombe a mano”, ma nell’allegato cronogramma oltre alle attività di fuoco dei reparti della Brigata “Aosta” e dei Marines USA è prevista solo la presenza a Punta Bianca dei Carabinieri (Comando Legione “Sicilia” e 12° Reggimento) e per appena 9 giorni.
Per promuovere la riserva naturale di Punta Bianca e scongiurare la ripresa delle attività addestrative, a metà dicembre le associazioni MareAmico e MareVivo, in collaborazione con il Distretto turistico “Valle dei Templi” e le amministrazioni comunali di Agrigento e Palma di Montechiaro, hanno organizzato un convegno che ha visto la partecipazione di forze politiche e sociali, cittadini e studenti e dei rappresentanti delle forze dell’ordine, ma che è stato invece disertato dal Comando dell’Esercito nonostante l’esplicito invito al confronto sul futuro dell’area da parte degli organizzatori. Nel corso dell’incontro è stata espressa la volontà unanime di mobilitarsi contro quella che appare come una vera e propria “mutilazione” del territorio della riserva e dell’incompatibilità della sua convivenza “forzata” con carri armati e cannoni. L’obiettivo è di ampliare la superficie delle aree protette, estendendole all’intera fascia costiera compresa tra la Foce del Vallone di Sumera e il Castello di Montechiaro, includendo così anche quella porzione di territorio in cui incide il poligono di “Drasy”. In questo modo l’area vincolata corrisponderebbe al progetto presentato più di venti anni fa dalle associazioni ambientaliste e dalla Soprintendenza di Agrigento.
“Chiediamo pure che si avviino le bonifiche ambientali e la messa in sicurezza di un territorio che ha caratteristiche di estrema fragilità”, aggiungono gli attivisti di MareAmico e MareVivo. Ciò che più preoccupa è la dispersione dei frammenti delle bombe e degli esplosivi a terra e delle ogive inesplose in mare. Sui contaminanti dispersi nell’ambiente dell’agrigentino dai militari, non sono mai stati prodotti studi o analisi. Quanto però accaduto e documentato in un poligono molto simile sia per conformazione idrogeologica che per la tipologia dei reparti e dei sistemi d’arma ivi impiegati, pone più di un interrogativo sugli effetti ambientali delle esercitazioni a fuoco. A Torre Veneri (provincia di Lecce), tra le marine di Frigole e San Cataldo, all’interno dell’omonimo Sito di Interresse Comunitario (S.I.C.) IT9150025 è presente l’area di tiro in cui si esercitano i carri armati e i blindati della Brigata meccanizzata “Pinerolo” (altro reparto d’élite che opera in ambito NATO) e gli uomini e i mezzi della Brigata marina “San Marco”. I test di laboratorio effettuati a Torre Veneri a partire del 2014 hanno documentato il superamento dei limiti di concentrazione previsti per alcuni metalli pesanti in alcuni punti dell’area militare, i particolare di piombo, antimonio, arsenico, manganese, ferro, nichel, boro e nitriti.
Il piano di monitoraggio ambientale dell’Esercito è iniziato nel maggio 2020: su un totale di 97 punti campionati, le analisi hanno evidenziato il superamento dei valori per il piombo e l’antimonio in 10 punti del poligono di Torre Veneri. Il 7 luglio 2021 sono stati resi pubblici i risultati delle analisi effettuate da due laboratori per conto del Ministero della difesa: i campioni prelevati hanno accertato il superamento dei limiti di legge per i parametri di arsenico, ferro e manganese in un caso, e di ferro, nichel e manganese in altri due. “Per quanto riguarda i valori di uranio e torio rilevati nella campagna di monitoraggio, essi sono risultati compatibili con quelli di fondo naturale”, assicura laconico lo Stato Maggiore dell’Esercito italiano.
A Torre Veneri, sempre secondo la Regione Puglia e il ministero della Difesa, i (carenti) interventi di mitigazione e recupero dei residuati delle esercitazioni dal fondale marino vengono svolti da otto anni “a cadenza semetrale/annuale”. “La Scuola di Cavalleria di Lecce si prefigge inoltre l’obbiettivo di raccogliere fino al 20% in più dei residuati da esercitazione rispetto ai colpi sparati”, ha riferito di recente la Regione Puglia. Nulla di questo è stato avviato nell’area costiera e marittima della provincia di Agrigento.
Lo scenario in Sicilia è certamente drammatico, eppure all’orizzonte si apre uno spiraglio di luce a cui guardano tutti coloro che hanno a cuore la difesa dell’ambiente e chiedono la riconversione dei territori a fini di pace e cooperazione. A fine luglio 2023 scadrà il protocollo di durata quinquennale firmato dall’allora presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci (odierno ministro della Protezione civile e per le Politiche del mare) e il generale di brigata Claudio Minghetti, con cui è stato autorizzato l’uso di quattro poligoni nell’Isola: quello “Drasi” di Agrigento e quelli di “Santa Barbara” nei comuni di Tripi e Novara di Sicilia (provincia di Messina), “San Matteo” ad Erice (Trapani), “Masseria dei Cippi” nel comune di Montelepre (Palermo).
“Alla luce dell’istituzione della riserva di Punta Bianca e della crescente opposizione popolare alle attività militari a due passi dalla Valle dei Templi, abbiamo richiesto alla Regione Sicilia e al Comitato misto paritetico per le servitù militari di essere ascoltati per poter esporre le problematiche di tipo socio-ambientale, paesaggistico ed economico generate dalle esercitazioni, nell’auspicio che esse vengano sospese e non venga più rinnovato l’uso a poligono dell’Area Drasy”, annunciano MareAmico e MareVivo.
Contro il poligono militare di Punta Bianca si è pure espresso il Movimento No MUOS che nei prossimi giorni si incontrerà a Niscemi per programmare le campagne di mobilitazione per il 2023.
Antonio Mazzeo
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