Il rapporto tra istruzione e lavoro nell’Italia del governo Meloni
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Recentemente ha fatto molto scalpore la lettera di fine anno inviata dal ministro dell’istruzione e del merito Valditara ai genitori in cui invitava ad iscrivere i figli agli istituti tecnici. Si tratta dell’ennesimo tentativo di subordinare l’istruzione al mercato, con l’obiettivo di scoraggiare i più poveri dall’iscrizione all’università.
Per poter comprendere il significato politico di una simile posizione occorre tornare ad un classico delle analisi marxiste della scuola.
Samuel Bowles e Herbert Gintes scrivono il libro “L’istruzione nel capitalismo maturo”, pubblicato in Italia nel 1979, che ha come oggetto di studio il sistema scolastico americano e il suo rapporto con il sistema produttivo capitalista. Facendo riferimento a una metodologia quantitativa, gli autori cercano di analizzare la corrispondenza tra rapporti sociali di produzione e rapporti sociali di educazione. Il sistema educativo americano sarebbe in linea con la divisione sociale del lavoro del modo di produzione capitalista. In questo senso, il processo di scolarizzazione sarebbe simmetricamente legato al sistema produttivo, essendo quindi incaricato di produrre diversi tratti di personalità, attraverso le sue istituzioni (le scuole), per alimentare i diversi gradi gerarchici che compongono la società industriale.
Per gli autori, l’oggetto della riproduzione sono le disuguaglianze nella sfera economica, più precisamente delle posizioni all’interno della produzione. In questo modo vengono riprodotte le disuguaglianze gerarchiche che caratterizzano il modo di produzione capitalista. Questa riproduzione posizionale e gerarchica avviene in diverse istituzioni sociali, privilegiando la scuola e la famiglia. Alcune caratteristiche attitudinali e ideologiche verrebbero riprodotte a seconda dei vari livelli gerarchici all’interno della produzione. Nel sistema educativo, questa gerarchia contribuirebbe alla riproduzione degli
atteggiamenti necessari al sistema produttivo. Per questa impresa, il sistema scolastico mette a disposizione modelli di socializzazione differenziati a seconda della classe sociale dello studente. Così, Bowles e Gintes seguono da vicino la critica intrapresa da Marx alle dicotomie prodotte dal modo di produzione capitalistico, poiché la scuola, lungi dal livellare le disuguaglianze, serve a riprodurle.
Il principio di corrispondenza evidenzia la riproduzione della gerarchia sociale del sistema produttivo capitalista attraverso il processo educativo. Questa isomorfia tra istruzione e produzione potrebbe essere osservata nella gerarchia scolastica e nel tipo di personalità formata da essa. In altre parole, Bowles e Gintes deducono che la struttura scolastica prepara diversi tipi di personalità, prendendo come punto di partenza la gerarchia scolastica. Più lo studente è in grado di scalare questa gerarchia, più la sua personalità sarà autonoma e critica:
“Il sistema di istruzione contribuisce ad integrare i giovani nel sistema economico attraverso una corrispondenza strutturale tra i suoi rapporti sociali e quelli della produzione. La struttura dei rapporti sociali a scuola non solo abitua lo studente alla disciplina del posto di lavoro, ma sviluppa quelle forme di comportamento personale, quei modi di presentarsi, quell’immagine di sé che costituiscono gli ingredienti fondamentali richiesti perché i singoli siano considerati adatti al lavoro. In particolare, i rapporti sociali nella scuola – i rapporti esistenti tra amministratori e docenti, tra docenti e studenti, tra gli stessi studenti e tra gli studenti e il loro lavoro – riproducono la divisione gerarchica del lavoro.” (S. Bowles e H. Gintis, L’istruzione nel capitalismo maturo, pag.121-122)
In effetti, la scuola sarebbe incaricata di formare le élite al potere e la forza lavoro che sarà allocata nel sistema produttivo. La vecchia dicotomia tra lavoro intellettuale e manuale, fortemente criticata da Marx in poi, ritorna nel lavoro di Bowles e Gintes attraverso la connessione tra sistema scolastico e sistema produttivo. L’efficacia di questo processo raccontato dai due economisti americani è garantita in ultima analisi dal discorso meritocratico, parte essenziale dello spirito individualista delle società urbano-industriali.
Questa sarebbe, in termini generali, la tesi principale difesa da Bowles e Gintes.
Nonostante le critiche che si possono muovere al loro lavoro, in particolare sulla possibilità di sviluppare forme di resistenza dentro il sistema educativo, gli studi di Bowles e Gintens permettono di demistificare alcune posizioni teoriche presenti anche nelle proposte politiche del ministro Valditara.
Ricordiamo che la componente 3 della missione 1 del PNRR finanzierà con 8 miliardi di euro il cosiddetto turismo 4.0. Si tratta del comparto produttivo privato maggiormente finanziato dal PNRR.
Contemporaneamente, anche a causa della guerra in Ucraina, peggiora sempre di più il passivo della nostra bilancia commerciale. Oltre alle importazioni energetiche pesano le importazioni dei beni intermedi e a medio/alto contenuto tecnologico. I beni intermedi sono beni di investimento. Solamente la produzione di macchine utensili rimane come settore ad alto contenuto tecnologico in cui l’Italia ha ancora voce in capitolo. Ma ormai la tendenza è chiara, siamo dipendenti dall’importazione di macchine, beni d’investimento e prodotti ad alto contenuto tecnologico e quindi da una dinamica tecnologica che viene definita fuori dal nostro paese. Di conseguenza anche la scuola e l’università devono trasformarsi in base a questa tendenza dello sviluppo economico del nostro paese. Ovvero un’economia basata su operai specializzati e periti tecnici per le industrie del Nord e il resto del paese impiegato nell’economia dei servizi e di cura. Settori, appunto, come il turismo contraddistinti da una scarsa dinamica produttiva, in cui non sono richieste molte competenze e molta formazione e in cui è difficile prevedere investimenti tecnologici.
Ecco perché l’Italia è penultima nell’UE per numero di laureati fra i 25 e i 34 anni (28,3%, dati Eurostat 2021), ma è allo stesso tempo penultima per tasso di occupazione dei laureati fino a 34 anni (75,1%). La nostra economia fatica a produrre lavoro di qualità per i nostri laureati mentre crescono a dismisura i servizi poveri, fatto che spiega anche il crollo dei salari italiani negli ultimi trent’anni.
Francesco Barbetta
Tecnico farmaceutico
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