Energia e clima: rinnovabile disconosciute
Il futuro dell’energia è legato a filo doppio allo sviluppo delle fonti rinnovabili, e su questo non ci sono dubbi. Lo dicono tutti i principali organismi internazionali, dall’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) in giù. La cosa più logica sarebbe che le banche si regolassero di conseguenza.
Eppure, ancora oggi, soltanto una minima parte dei loro finanziamenti nel settore energetico va a beneficio delle energie pulite. Per la precisione, il 7% nel periodo 2016-2022. È quanto emerge da uno studio commissionato a Profundo dalle organizzazioni non governative Sierra Club, Fair Finance International, BankTrack e Rainforest Action Network.
2.300 miliardi alle fossili, 178 milioni alle rinnovabili
I ricercatori hanno preso in esame i finanziamenti e le sottoscrizioni di obbligazioni delle sessanta più grandi banche commerciali internazionali nei confronti di 377 aziende che operano nel settore dell’energia. Tutto questo, nel periodo compreso tra il 1 gennaio 2016 e il 31 luglio 2022. Le attività finanziate sono state suddivise in due semplici categorie: fossili e rinnovabili. All’interno di quest’ultima non è stato ritenuto opportuno inserire il nucleare, l’idrogeno blu (cioè prodotto da combustibili fossili), i progetti di compensazione della CO2 né quelli di cattura e stoccaggio della CO2.
I pesi risultano clamorosamente sbilanciati. Su un totale di 2.500 miliardi di dollari erogati in sei anni e mezzo, solo 178 milioni hanno sostenuto la crescita delle energie pulite. Appena il 7% del totale. Contro i 2.300 miliardi indirizzati a favore dei combustibili fossili, i principali responsabili della crisi climatica in corso. La statunitense Wells Fargo e la canadese Scotiabank battono tutti (in negativo): dall’analisi non risultano finanziamenti alle rinnovabili. Ma non se la cavano troppo bene nemmeno Bank of America, Citigroup, Barclays e JPMorgan Chase, ferme a uno striminzito 2% ciascuna.
L’ennesima contraddizione dell’alleanza delle banche per il clima
Eppure, dopo la Cop26 di Glasgow, 550 asset manager, banche e compagnie di assicurazione si erano riunite nella Global Financial Alliance for Net Zero (GFANZ). Cioè un’acclamata – e pubblicizzata – alleanza attraverso la quale si impegnano ad accelerare la decarbonizzazione dell’economia globale. Proprio la GFANZ ha pubblicato una ricerca che sostiene che, per raggiungere gli obiettivi sul clima fissati per il 2030, il rapporto tra investimenti nelle rinnovabili e investimenti nelle fossili debba essere di 4 a 1. Per ora non c’è una singola banca tra quelle analizzate che si avvicini – anche solo lontanamente – a questo traguardo. Anzi, finora quelle che fanno parte dell’alleanza sono più indietro rispetto alle altre. Un dato che viene definito come «allarmante» dalle ONG.
«Molte banche sostengono di continuare a finanziare i loro clienti nel comparto dei combustibili fossili per aiutarli nella transizione climatica», commenta Adele Shraiman di Sierra Club. «Questi dati mettono in discussione questa affermazione e dimostrano che le banche dovrebbero prendere sul serio il finanziamento della transizione verso le energie pulite. Per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, sappiamo che gli investimenti nelle energie rinnovabili devono aumentare in modo drastico nel corso di questo decennio. Le banche devono fare passi da gigante», conclude. «E in fretta».
Valentina Neri
3/2/2023 https://valori.it/
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