Lo squilibrio della ricchezza
Lo squilibrio di genere si vede bene a fine carriera, quando i nodi vengono al pettine e i conti parlano chiaro: al momento della pensione le donne sono in notevole svantaggio di ricchezza rispetto agli uomini. Con le dovute differenze tra le varie aree del pianeta, si tratta di una costante internazionale. A metterla nero su bianco è una ricerca condotta da Willis Towers Watson (WTW) e Word Economic Forum che evidenzia come al momento del pensionamento, a livello globale le donne abbiano accumulato il 74% della ricchezza rispetto ai colleghi.
“La disuguaglianza di genere è un problema di lunga data che colpisce le donne durante tutta la loro vita lavorativa” commenta WTW, ma “spesso le valutazioni della disuguaglianza di genere vengono effettuate attraverso un’unica lente quella relativa a retribuzione, carriera, pensioni e leadership, ma la realtà è che la disuguaglianza è multidimensionale e dovrebbe essere studiata come tale”.
Il rapporto, che prende in esame cinque regioni del pianeta (Asia pacifica, Europa, America Latina, America Settentrionale, Africa e Medio Oriente), rintraccia le ragioni della disparità, cercando le connessioni tra carriera, sostegno familiare, eventi della vita e alfabetizzazione finanziaria, tenendo conto anche di quanto datori di lavoro e organizzazioni possano fare per contrastare il divario di ricchezza tra donne e uomini.
Secondo l’indagine, tra i fattori principali che contribuiscono alla disparità di ricchezza basata sul genere ci sono i divari retributivi di genere e il fatto che le donne raggiungono posizioni apicali più tardi. Inoltre, le donne che ricoprono ruoli di alto livello e di leadership hanno le maggiori lacune nella ricchezza accumulata.
Il divario di ricchezza tra uomini e donne al momento del pensionamento viene misurato attraverso il wealth equity index attraverso cui la ricerca attribuisce un valore alle disuguaglianze di genere nell’arco della vita delle donne. Questo indice “rappresenta il divario nell’accumulo di ricchezza, che i ricercatori e le ricercatrici hanno calcolato a partire dal ventiduesimo anno di età fino a un’età pensionabile statale comune, basata sull’età pensionabile statale degli uomini nel paese di riferimento” spiega la Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro (Adapt) che della ricerca ha fornito un’analisi in lingua italiana.
“Il modello prende in considerazione fonti di ricchezza come le prestazioni statali e obbligatorie, i piani di pensionamento sponsorizzati dal datore di lavoro, le proprietà immobiliari e risparmi personali; al contrario, non si è tenuto conto di altre forme di reddito come eredità, redditi da locazione o rendimenti e dividenti da investimenti” continua Adapt. L’indice è un valore che può andare da 0 ad 1 “dove 1 indica l’assenza di differenze nel cumulo della ricchezza tra i due sessi e 0 le più grosse differenze”.
Se guardiamo all’Europa, l’indice medio per i 14 paesi esaminati corrisponde a 0,77. Gli indici nella regione vanno da 0,70 per i Paesi Bassi a 0,86 per la Spagna. 11 paesi su 14 hanno un indice medio di almeno 0,74, che corrisponde alla media globale.
Nei paesi dell’Unione europea, spiega il rapporto, la mancanza di sostegni e servizi per l’infanzia hanno un grande impatto sulla capacità delle donne di creare ricchezza per la pensione, ed è più probabile che le donne interrompano la carriera o riducano l’orario di lavoro a causa delle responsabilità di cura. La pandemia, non ha fatto che peggiorare la situazione. Gli ultimi dati disponibili ci dicono che il 33% delle donne ha interrotto la carriera di almeno sei mesi per motivi di cura dei figli rispetto a poco più dell’1% degli uomini, e il 30% lavora a tempo parziale rispetto a l’8% degli uomini. “Come prima ragione” spiega il rapporto “le donne hanno indicato la cura dei figli e di altri parenti”.
Nella figura, distribuzione della ricchezza globale tra uomini e donne in 39 mercati
7/2/2023 https://www.ingenere.it
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