Cisgiordania: il pogrom di Huwara
di Haggai Matar (*)
Domenica mattina 26 febbraio, un uomo palestinese ha ucciso due coloni israeliani – i giovani fratelli Hillel e Yagel Yaniv – che percorrevano in auto le strade della città palestinese di Huwara, nella Cisgiordania occupata.
Più tardi, in giornata, centinaia di coloni hanno scatenato una furia di alcune ore in Huwara e in diversi villaggi vicini, bruciando decine di auto e di case (alcune con persone all’interno), lanciando sassi contro le ambulanze, ferendo palestinesi e uccidendo bestiame. Un uomo palestinese, Sameh Aqtash, è stato ucciso da colpi di arma da fuoco sparati dai coloni o dai soldati che li proteggevano.
L’attacco a Huwara, che molti definiscono un pogrom, ha generato in Israele una protesta pubblica contro i coloni che lo hanno commesso. Migliaia di persone sono scese in strada lunedì sera in diverse città, per protestare contro l’occupazione e in solidarietà con la popolazione di Huwara. Gli israeliani hanno raccolto oltre un milione di shekel in 24 ore per sostenere le vittime.
I commentatori dei telegiornali e i membri della Knesset appartenenti all’opposizione hanno criticato aspramente i coloni, l’esercito che non ha agito per fermarli e gli alti ministri del governo che hanno incoraggiato la distruzione della città (uno di questi ministri, il Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, ha raddoppiato i suoi messaggi di pulizia etnica anche dopo l’evento).
I leader politici di tutto il mondo hanno subito seguito l’esempio. Mercoledì, durante le massicce proteste della ‘Giornata di Rottura’ in tutto il Paese, i manifestanti hanno cantato “Dov’eri a Huwara?” di fronte agli agenti di polizia.
In risposta, molti esponenti della destra israeliana e i loro lacchè nel mondo hasbara hanno sostenuto che è tendenzioso ‘preoccuparsi solo’ degli attacchi degli ebrei contro i palestinesi e ignorare l’uccisione dei due fratelli israeliani da parte di un palestinese.
C’è molto da dire in risposta a questa affermazione, e quanto segue è un tentativo di farlo. In breve:
1. È tragico che vengano uccise delle persone. Tutte le persone. Essere umani significa preoccuparsi e soffrire quando si perdono delle vite. Questo è sempre vero, e certamente lo è nel caso dei giovani fratelli. Il mio cuore va ai genitori che hanno perso due figli in un solo colpo. Se questo non è chiaro a tutti –come dovrebbe– e se si sostiene che qualcuno “non si preoccupa” di queste morti significa voler disumanizzare gli altri. L’affermazione è ancora più scandalosa quando proviene, come spesso succede, dagli stessi politici che giustificano gli assalti israeliani contro i palestinesi e mostrano poco o nessun rimpianto per le morti di questi ultimi.
2. Esiste un intero sistema progettato per prevenire e rispondere alle uccisioni di ebrei israeliani. C’è un esercito, una forza di polizia, una polizia di frontiera, uno Shin Bet, persino un Mossad se necessario, e un intero Stato costruito esclusivamente per proteggere gli ebrei. I palestinesi, invece, non hanno nessuno che li protegga. L’esercito spesso tace di fronte agli atti di terrore dei coloni, oppure si unisce a loro e li appoggia, come abbiamo dimostrato in passato nel caso di milizie congiunte di coloni e soldati che attaccano e uccidono i palestinesi.
In casi rari ed estremi, come nel caso di Huwara questa settimana, è possibile che i soldati intervengano e salvino i palestinesi dalle loro case in fiamme per evitare che muoiano. Tuttavia, quegli stessi soldati non penserebbero mai di sparare ai rivoltosi, come avrebbero fatto senza dubbio se fossero stati palestinesi, o di effettuare arresti di massa; solo cinque coloni delle centinaia che hanno partecipato all’attacco sono stati arrestati – tra l’altro, non per aver attaccato i Palestinesi, ma per aver attaccato i soldati – e tutti sono stati rapidamente rilasciati (per fare un paragone, più del doppio di questo numero è stato arrestato durante la protesta nonviolenta di sabato scorso contro il Governo a Tel Aviv, e più di quattro volte questo numero è stato arrestato durante le manifestazioni di mercoledì).
Anche ora, tre giorni dopo, l’esercito continua a parlare di “caccia al terrorista”, cioè all’uomo palestinese che ha sparato ai due fratelli israeliani, ma nessuno parla della caccia a chi ha ucciso Sameh Aqtash, o a chi ha dato fuoco alle case delle famiglie di Huwara. Ecco perché dobbiamo gridare con forza soprattutto contro i terroristi ebrei.
3. C’è una differenza tra le azioni di singoli individui di un gruppo oppresso che uccidono persone del gruppo potente, e la violenza della parte forte che viene impersonata dallo Stato o sostenuta da esso. I pogrom come quelli che abbiamo visto a Huwara, così come i bombardamenti dell’aviazione israeliana a Gaza che distruggono intere famiglie, non sono un’anomalia, ma una caratteristica del regime che abbiamo creato in questo paese.
4. Di conseguenza, la nostra responsabilità come israeliani per le azioni di altri israeliani, cioè di chi detiene tutto il potere, non è la stessa della nostra responsabilità per le azioni dei palestinesi.
5. C’è qualcosa di ingannevole nell’inquadrare questa storia esclusivamente intorno all’uccisione dei due fratelli israeliani a Huwara, come se le azioni dei coloni fossero una mera “reazione”, un botta e risposta iniziato dai palestinesi. Solo pochi giorni prima, l’esercito israeliano ha ucciso 11 persone a Nablus, alcune armate e altre no, in un brutale raid alla luce del giorno; non c’è motivo di “far partire l’orologio” solo dall’uccisione dei fratelli Yaniv. Inoltre, ai palestinesi sono stati negati per decenni i diritti fondamentali dal regime israeliano – ma questo raramente, se non mai, influisce sul modo in cui questi eventi vengono inquadrati.
6. Il che mi porta al mio punto finale: questa non è la storia di “due parti che si combattono”. Non c’è uguaglianza sotto l’apartheid. C’è una superpotenza regionale che possiede uno degli eserciti più forti e sofisticati del mondo e che gode di un enorme sostegno internazionale, mentre calpesta milioni di persone emarginate dal suo regime militare razzista. La responsabilità ultima per tutto ciò che accade in questo Paese, compresa l’uccisione dei due fratelli, è dello Stato che perpetua questa ingiustizia e oppressione, e di tutti noi come suoi cittadini.
I Palestinesi come popolo, e persino l’Autorità Palestinese, che per anni ha operato come subappaltatore dell’occupazione israeliana, non hanno modo di prevenire il prossimo attacco da parte di Palestinesi singoli, o quello successivo. Anche Israele non può prevenire tutti gli attacchi, ma ciò che può e deve fare è scegliere un percorso basato sull’uguaglianza e sulla giustizia per tutti.
(*) Originale su: The Landline of +972Magazine, 1 marzo 2023.
Versione italiana tratta da AssoPacePalestina.
Traduzione a cura di AssoPacePalestina.
Grazie a Sol Salbe per l’assistenza nella traduzione dall’ebraico.
I nostri cuori sono con i sopravvissuti al pogrom di Hawara
di Gideon Levy (*)
Quando ti trovi nella strada principale di Hawara –ora sotto una sorta di coprifuoco–, mentre i coloni teppisti passano, fermandosi solo per provocare i residenti, e i volti allarmati e spaventati di donne e bambini fanno capolino dalle finestre sbarrate – il tuo cuore sa esattamente con chi stai. Non c’è alcun dilemma.
Nel tuo cuore, nella tua anima e per i tuoi valori, sei con le vittime.
Non hai nulla in comune con i teppisti che scendono dalle loro auto con la loro andatura da padroni e le loro grandi kippas, sputando frasi malefiche a una manciata di residenti che, dopo quella notte, hanno paura anche solo a respirare di fronte a loro.
L’ebraico è l’unica cosa che rimane in comune tra un ebreo israeliano con un residuo di compassione e coscienza e coloro che hanno organizzato un pogrom nella città la notte precedente.
Non hai nulla in comune nemmeno con quelle donne con i loro enormi copricapi che stanno all’ingresso di una città che non è la loro, reggendo le bandiere israeliane –le uniche consentite qui–, sorvegliate da un veicolo militare. Cosa sono loro per me, o io per loro?
Questo accade nei territori occupati. Le spalle ai manifestanti, il viso ai soldati: i soldati sono gli amici dei tuoi figli e i figli dei tuoi amici, ma il tuo cuore è con coloro che stanno dietro a te.
Loro sono le vittime e sono nel giusto. Bianco e nero.
Gli americani dicono: “Le tue idee dipendono da dove ti trovi”.
Ma ad Hawara è il contrario: Il posto in cui ti trovi dipende dalle tue idee.
Ti trovi ad Hawara, o in qualsiasi città o villaggio palestinese occupato, perché così ti dice il cuore.
Non ha più senso fingere buoni sentimenti. Non ha senso diffondere slogan contro la “violenza da ambo le parti“.
La violenza nei territori non è simmetrica, né lo è la giustizia. Se i coloni e i loro fiancheggiatori non provano compassione verso le loro vittime quando le sfrattano, le saccheggiano o le sottopongono a un pogrom, allora non si può provare compassione o solidarietà con i persecutori e i loro atti.
Anche quando subiscono sacrifici difficili da sopportare [come la perdita di due giovani fratelli], non si può dimenticare chi è la vera vittima e da che parte sta la giustizia.
A volte è anche difficile simpatizzare con i soldati. Non si può simpatizzare con il soldato che assalta, anche se è uno della tua gente. La nazionalità, l’eredità, la lingua e la cultura comuni perdono il loro significato alla luce delle azioni compiute.
L’uniforme e l’esercito che hai venerato nella tua infanzia sono stati gravemente macchiati. Anche gli atti di coraggio che ti sono stati raccontati da bambino non appartengono più a loro. I combattenti palestinesi che li affrontano sono più coraggiosi di loro e più disposti al sacrificio. Chiunque sia pronto a morire sotto il “rullo compressore” israeliano, ad affrontare comportamenti più che barbari, è una persona coraggiosa pronta a sacrificare tutto. Come si può non ammirarlo, anche quando è diretto contro di te e il tuo popolo?
La destra ha attaccato coloro che hanno organizzato raccolte di fondi per le vittime del pogrom di Hawara. La sinistra sionista, essendo la sinistra sionista, ha immediatamente macchiato il nobile gesto con lo spregevole tentativo di far controllare ai pensionati dello Shin Bet il ‘record di sicurezza’ di coloro che hanno ricevuto le donazioni.
Non importa. Il gesto rimane nobile, nonostante la grottesca sinistra sionista.
Come ci si può opporre alle donazioni ai sopravvissuti di un pogrom perpetrato dal proprio popolo?
Israele, che ha inviato aiuti ai sopravvissuti di un terremoto in Turchia, non è disposto a inviare un aiuto anche minimo alle vittime dei suoi stessi facinorosi, che hanno ottenuto il plauso implicito ed esplicito di tutta la destra dello spettro?
Nemmeno un bulldozer per liberare le centinaia di scheletri di auto bruciate?
Nemmeno un risarcimento per coloro che sono rimasti senza casa a causa degli occhi deliberatamente chiusi dell’esercito, che pensa che il suo compito sia quello di proteggere i rivoltosi?
Quando si hanno davanti le vittime dell’occupazione, non ci sono dubbi morali.
La scelta tra Haroun Abu Aram e il soldato che gli ha sparato al collo, paralizzandolo per il resto della sua breve vita, perché cercava di recuperare un generatore, è assolutamente chiara. Il tuo cuore è con Haroun, che nel frattempo è morto.
(*) Originale su: Haaretz, 2 marzo 2023.
Versione italiana tratta da AssoPacePalestina.
Traduzione a cura di AssoPacePalestina.
7/3/2023 da https://www.labottegadelbarbieri.org
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