L’ultima frontiera
Un nuovo web-report di MEDU dalla frontiera alpina occidentale
Il nuovo web-report di Medici per i Diritti Umani (MEDU) si basa su un periodo di osservazione e assistenza di 9 mesi – da luglio 2022 a marzo 2023 – dove sono transitate al rifugio “Fraternità Massi”, a Oulx in Alta Val di Susa, 8.928 persone. Di queste, 633 erano donne, pari al 7% della popolazione transitante, mentre 1.017 erano minori, rappresentando il 12% della popolazione.
L’organizzazione umanitaria e di solidarietà internazionale da inizio del 2022 fornisce assistenza medica alle migliaia di persone migranti diretti in Francia presso l’ambulatorio allestito dall’associazione Rainbow for Africa (R4A) presso il rifugio.
Il rapporto a cura di Elda Goci e Federica Tarenghi spiega il contesto della frontiera attraverso testimonianze dirette, analisi e dati, nell’intento di far capire quanto la solidarietà sia un fattore determinante nel sostenere l’ultima parte di viaggio delle persone migranti.
«Oulx – scrivono le autrici – rappresenta una delle ultime tappe di un lungo viaggio, che può durare dai 2 ai 6 anni e che può costare dai 2 agli 8 mila euro. Un viaggio che collega l’Afghanistan, la Siria, l’Iran e molti paesi africani con i paesi del nord Europa e dell’Europa centrale, attraverso valichi alpini che superano i 1800 metri di quota».
Alcuni numeri
Se nel 2022 le principali nazionalità transitate ad Oulx sono rappresentate da persone proveniente dalla rotta balcanica – soprattutto afgani (2.527), marocchini (1.972) e iraniani (1.476) -, nel corso dei primi mesi del 2023 si è assistito ad un significativo aumento dei migranti provenienti dalla rotta del Mediterraneo centro-meridionale con imbarco dalla Tunisia, che sempre più si configura come un Paese sia di emigrazione che di transito, dove violenze e abusi ai danni dei migranti sub-sahariani vengono perpetrati in modo drammaticamente ricorrente. In aumento risulta inoltre il numero di donne provenienti dall’Africa sub-sahariana, soprattutto dalla Costa d’Avorio. Un aumento che, ad una prima osservazione degli indicatori di tratta, fa temere l’esistenza di una rete di sfruttamento capillare e strutturata. Si susseguono inoltre gli arrivi di donne in stato di gravidanza – solitamente rimaste incinte durante il viaggio, senza aver effettuato alcun controllo lungo la rotta – e di donne che hanno abortito o sono accompagnate da neonati e bambini nati in viaggio.
Per tutti, il viaggio migratorio è foriero di rischi legati sia alla natura che alla condotta dei corpi militari, paramilitari e di polizia addetti al controllo delle frontiere di diversi stati dei Balcani che spesso si rendono responsabili di gravi violazioni dei diritti umani. Se attraversare i confini di Bosnia, Croazia, Serbia e Slovenia spesso significa andare incontro ad abusi e violenze di diverso tipo, i rischi non terminano una volta entrati nel territorio dell’Unione Europea. La militarizzazione della frontiera alpina rappresenta infatti un ulteriore fattore di rischio per l’incolumità delle persone, ormai a un passo dalla meta.
Le difficoltà sono ancora maggiori per alcune categorie di persone vulnerabili, tra cui le persone con problemi di salute e disabilità e i minori. Questi ultimi spesso vengono respinti dalla polizia di frontiera francese, nonostante affermino di aver dichiarato la minore età.
Il progetto “Frontiera Solidale” e il rifugio “Fraternità Massi”
Il rapporto illustra l’importanza del rifugio “Fraternità Massi”, un edificio di solidarietà, assistenza e cura gestito in maniera coordinata da un pool di professionisti e volontari, ognuno con compiti specifici assegnati in base all’esperienza, alle competenze alle finalità dell’organizzazione di appartenenza.
All’interno del rifugio operano la Fondazione Talità Kum, ente gestore dell’immobile, che mette a disposizione due operatori responsabili dell’accoglienza delle persone migranti e del soddisfacimento dei loro bisogni primari. Essi operano 24 ore su 24, 7 giorni su 7, in due turni di lavoro, per un totale di 10 professionisti. L’associazione Rainbow for Africa, che mette a disposizione le infrastrutture e le attrezzature sanitarie, i farmaci, il personale formato da infermieri specializzati (ogni notte e per tutto l’anno) e la presenza di medici volontari. L’associazione MEDU, che fornisce assistenza sanitaria garantendo la presenza di un medico, di una coordinatrice e di un mediatore linguistico – culturale. In particolare, il medico si occupa sia di fornire assistenza sanitaria ai pazienti che di coordinare le attività sanitarie svolte dalle organizzazioni e dai medici volontari presenti presso il rifugio. Diaconia valdese, offre orientamento legale garantendo la presenza di un’operatrice legale. L’organizzazione umanitaria NutriAid, che mette a disposizione la consulenza di pediatri, farmaci e un ambulatorio pediatrico. Inoltre, una rete di volontariato si occupa di raccogliere abiti, soprattutto invernali, da mettere a disposizione delle persone migranti, nonché di orientare quest’ultime ai servizi locali e fornire un ascolto diretto a coglierne le esigenze e i bisogni singoli e collettivi. Infine, si occupa di sensibilizzare le persone migranti sui rischi legati alla montagna, soprattutto nei mesi invernali. Per ciò che attiene alle strutture accoglienti – spiegano le autrici – oltre alla realtà del rifugio Massi occorre menzionare il rifugio autogestito Yallah, occupato nel giugno 2022 è situato a Cesana, tra Oulx e Claviere.
Sono state 4.193 le persone che hanno avuto accesso a un triage presso l’ambulatorio del rifugio e 1.214 quelle visitate in modo approfondito dal team medico. Le principali patologie trattate all’interno della clinica di frontiera sono malattie sviluppate durante il viaggio quali infezioni cutanee – in primis scabbia -, micosi, ferite infette, bronchiti, ustioni da congelamento o da carburante, traumi fisici e lesioni ai piedi.
Nei paesi attraversati – Turchia, Serbia, Bosnia per la rotta balcanica o Libia e Tunisia per quella mediterranea – i migranti non ricevono assistenza, a causa dell’assenza o carenza di personale nei campi profughi informali e istituzionali o dell’impossibilità di accedere alle strutture sanitarie pubbliche e private.
Elevata inoltre è la percentuale di persone con sintomi da stress post-traumatico quali insonnia, pensieri disturbanti e intrusivi, incubi, attacchi di panico, inappetenza, astenia, cefalea e difficoltà di concentrazione, esito dei trattamenti inumani e degradanti subiti, nella maggior parte dei casi ad opera del regime talebano, dai gendarmi libici e dalle autorità tunisine.
Particolare rilievo assume poi il tema delle dipendenze, in particolare da farmaci quali il Pregabalin (Lyrica) e il Clonazepam (Rivotril), spesso sovra-prescritti lungo il viaggio o in luoghi di detenzione quali carceri e CPR per la gestione dell’insonnia, dell’agitazione e dello stress. Meno rilevante numericamente ma degna di particolare rilievo è la presenza di persone con vulnerabilità sanitarie e disabilità, spesso preesistenti nel paese di origine, che si sono messe in viaggio con la speranza di trovare assistenza e cure adeguate.
Le prassi illegittime in frontiera e non solo
Nel rapporto un contributo è redatto dall’operatrice della Diaconia Valdese che illustra le diverse prassi illegittime raccontate dalle persone incontrate allo sportello legale al rifugio “Fraternità Massi”. Elevato, ad esempio, è il numero di minori stranieri non accompagnati respinti al confine a causa del precedente fotosegnalamento come maggiorenni allo sbarco. Spesso è proprio questa la motivazione del transito verso la Francia: essere stati inseriti in un CAS per adulti in Italia e il non sentirsi riconosciuti nei propri diritti rappresenta un incentivo a partire.
Uguali per tutti sono le difficoltà incontrate al confine italo-francese dove i controlli alla frontiera e i pushbacks quotidiani rendono pericoloso e difficile l’attraversamento. Continua a non essere possibile la manifestazione della volontà di chiedere asilo in territorio francese di confine, così come difficile è
ogni altro tipo di comunicazione con le forze di polizia a causa della barriera linguistica, soprattutto nei casi in cui la persona necessiti di assistenza medica o di spiegare con calma la propria situazione. I respingimenti riguardano infatti non solo richiedenti asilo ma anche cittadini regolarmente soggiornanti che vengono fermati per l’assenza di anche solo uno dei requisiti previsti dalla Francia al fine di accedere al territorio. Per esempio, la prenotazione dell’hotel che giustifica la permanenza turistica in Francia per una persona in possesso di passaporto e permesso di soggiorno rappresenta una clausola di esclusione all’accesso. Ciò fa riflettere se si pensa che la sospensione della libertà di movimento è strumentalmente giustificata e illegittimamente rinnovata ogni sei mesi per ragioni di sicurezza.
Altrettante difficoltà sono riscontrate per chi intende chiedere protezione internazionale in Italia: presentare domanda di asilo presso la Questura di Torino è una procedura dalle modalità e tempistiche estenuanti: dai 2 ai 6 mesi per poter prendere un appuntamento ed ulteriori 4-5 mesi per formalizzare la domanda di asilo. Mesi nei quali non è possibile accedere ai diritti fondamentali e al sistema nazionale di accoglienza.
Nella parte finale del web-report, a fronte del quadro descritto dalle autrici, MEDU torna a formulare alcune raccomandazioni, chiedendo con forza che venga garantita la tutela dei diritti fondamentali – in particolare il diritto alla salute e l’accesso alla protezione – delle persone migranti e richiedenti asilo nei paesi di transito e in particolare nelle zone di frontiera, a prescindere dalla loro condizione giuridica.
31/5/2023 https://www.meltingpot.org/
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