Europee 2024, ci sarà il conflitto?
Organizzare mobilitazioni europee e pensare ad un contratto europeo.
Al recente congresso della CES, la Confederazione europea dei sindacati, tenutosi a Berlino, Landini propone un ordine del giorno per un calendario di mobilitazioni contro il ritorno della austerità, per salari, pensioni e servizi che culmini in un momento unitario e lo vede approvato con solo tre astensioni tra cui, segnale significativo, quella della CISL. Il segretario della UIL Bombardieri usa i suoi tre minuti per un tema che personalmente condivido molto e cioè quello di un contratto europeo. Ne ho scritto spesso di questa necessità. Serve a fare diventare quello europeo un vero sindacato che fa contrattazione e non un soggetto che consiglia. Serve ad affrontare il tema cruciale del dumping salariale che trent’anni di liberismo hanno accentuato contraddicendo tutte le chiacchiere sulla armonizzazione affidata al mercato. Serve a superare le divisioni su temi quali il salario minimo con i nordici contrari perché timorosi di vedere i propri salari portati giù piuttosto che quelli bassi su. Serve a riequilibrare un potere che è totalmente squilibrato verso le multinazionali.
La realtà europea è che in dieci anni le imprese hanno guadagnato dieci punti di riduzione fiscale. E ha fatto profitti giganteschi. Mentre lavoro e salari arrancano tra le crisi e le guerre, quella militare ma anche quella di classe rovesciata che i padroni fanno da trent’anni.
Da Parlamentare Europeo ho conosciuto un sindacato capace di mobilitazioni significative su terreni difensivi. Penso alla direttiva Bolkestein, a quella sull’orario di lavoro che generalizza gli opting out cioè gli accordi individuali fuori dai contratti, a diverse liberalizzazioni come sui porti. Ma sul quadro generale il sindacato europeo è stato soggetto debole, predicatorio, diviso e subalterno ai socialisti europei ed alle loro malefatte. Anche spazi come i Comitati aziendali europei che dovrebbero consentire pratiche sindacali effettive almeno a livello delle multinazionali non hanno neanche minimamente contrastato gli atti di lotta di classe rovesciata da parte dei padroni come le aste per le commesse praticate dalle imprese europee.
Il lavoro è il grande assente dalla realtà dell’Europa Reale che è fatta di revisionismo mercatorio, di predominio delle imprese, di accordi intergovernativo tra nazionalismi e governance di classe, di stucchevole retorica sui diritti, di concreta edificazione su neoliberismo e guerra.
La difesa del mondo del lavoro è rimasta sostanzialmente nazionale. Franando nazione per nazione. Parabola simile ai governi a presenza socialista destinati a diventare assoluta minoranza di fronte ad un Consiglio Europeo dove le destre sono maggioranza ampia. Esito di un percorso di correità alle peggiori nefandezze iniziate con Maastricht varato quando i governi a guida socialista erano dodici su quindici.
La CES ancora si propone, giustamente, come argine alle destre. Insiste, meno giustamente a proporsi come garante di un profilo progressista di socialisti ed affini. Prova ad inquadrare punti come l’intelligenza artificiale e la transizione ecologica, ma senza “motu proprio”.
Per questo il calendario di mobilitazioni proposto da Landini e il sasso nello stagno di Bombardieri sul contratto europeo possono essere utili.
Magari prendere coscienza di quanto la guerra in atto e la torsione orwelliana della globalizzazione la paghino i lavoratori sarebbe utile. Lo sconcio delle armi pagate con i Pnrr e i fondi sociali europei mentre torna l’austerità dovrebbe almeno questo indurre il sindacato a dire qualcosa.
Almeno l’allarme sul ritorno della austerità l’odg di Landini lo ha lanciato.
Reddito minimo e salario minimo sono rispettivamente una Raccomandazione e una Direttiva europea in atto. Per non restare lettera morta serve un conflitto nazionale ed europeo. Ad esempio perché qualcosa su entrambi sia già contrattabile a livello europeo con la Commissione, il Consiglio e le multinazionali.
In Italia assistiamo allo sconcio di un governo Meloni che taglia miliardi di reddito di cittadinanza spostandoli dai soggetti deboli a manovre fiscali che danno ai ricchi, ad incentivi alle imprese, a cemento e guerra.
Il cuneo fiscale, rivendicato da Meloni come alternativa concreta al carattere “filosofico” che avrebbe il salario minimo, dà pochi spiccioli che nemmeno lontanamente coprono l’inflazione mentre serve a depotenziare gli aumenti salariali che in questo Paese mancano dal 1990 mentre ancora oggi si praticano in Spagna e Francia. E copre flat tax e giochi in atto per peggiorare ulteriormente un Pnrr che già nella versione Conte è sostanzialmente pro imprese, Nord e cemento. Meloni fintamente tiene una misura per il reddito perché la UE formalmente la richiede. Ma l’ipocrisia UE in materia è evidente e poi basta vedere i grandi abbracci tra Meloni e Con Der Leyen (e la comparsa Bonaccini) per capire che il governo italiano ormai è parte integrante della maggioranza della Europa di guerra. Come di quella atlantica come si vede dal prendersi letteralmente per mano di Biden e Meloni.
Per questo è bene che ci sia chi prova a difendere il reddito come nella recente manifestazione. Mentre in Francia ci si mobilita ad oltranza contro lo scippo delle pensioni, qui lo scippo di miliardi che passano dai deboli ai ricchi rischia di passare senza colpo ferire con una egemonia “culturale” che colpevolizza i poveri.
Quello che non va è che questa difesa venga lasciata sola. La manifestazione per il reddito è stata meritoria ma non certo oceanica. Mostra certo le divisioni dei movimenti. Soprattutto l’incapacità di organizzare chi viene concretamente scippato a differenza di quanto si seppe fare con gli LSU, lavoratori socialmente utili, e i disoccupati.
Ma la cosa scandalosa è la diserzione di PD e Cinquestelle, la latitanza di Schlein e Conte. Le principali forze di “opposizione” non erano in piazza. A differenza di Unione Popolare.
Roberto Musacchio
31/5/2023 https://transform-italia.it
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