Il bambinoe le isole (un sogno di Italo Calvino)
Marino Magliani – 66thand2nd, 2023
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Marino Magliani è uno scritture ligure, di Ponente. Come Giovanni Boine, Francesco Biamonti, Giuseppe Conte.
La Liguria di Magliani è in quella lingua di terra chiusa tra il mare e la montagna, quel tratto di Ponente che va verso la Francia. Sanremo, Arma di Taggia, Andora, Alassio, Albenga, sono luoghi che l’autore ha nell’anima e che porta con sé anche quando è lontano.
Detto ciò non pensiamo di trovare in questo romanzo la Liguria verticale, quella che lo sguardo segue dal basso verso l’alto, ovvero dal mare ai monti e viceversa catturandone la sua straordinaria bellezza.
C’è una Liguria orizzontale, quella che si percorre con la ferrovia che la attraversa. Non c’è uno spazio alato ma neppure si perde all’orizzonte perché, come diceva Antonio Tabucchi, l’orizzonte si sposta mentre noi ci spostiamo.
E in questi luoghi che il romanzo trova la sua cornice. Sono i luoghi dell’anima. L’anima.
Nella lettura de Il bambino e le isole, che mi ha colpito fin dalle prime righe, viene spontaneo chiedere a Marino Magliani se c’è qualcosa di vero in questa storia che ha come protagonista un bambino, perché quel bambino si chiama Italo Calvino.
Ricorre il centenario della nascita dell’autore de Il barone rampante e Il sentiero dei nidi di ragno, quindi un omaggio non poteva essere più in appropriato.
Italo bambino a Sanremo incontra un uomo che, verso la fine della sua breve vita, si trova a passare di lì: è Walter Benjamin. Benjamin frequentava la Liguria in quanto la sua ex moglie gestiva una pensione dove il filosofo alloggiava. La leggenda racconta che proprio a Sanremo perdette una valigia con scritti e libri per bambini.
Non tutto è dovuto al caso dal momento che Calvino durante la sua infanzia aveva già una grande passione per la lettura.
Ma evitiamo di correre troppo e facciamo un po’ di ordine.
Duilio Cossu fu un amico sanremese di Italo Calvino e chiese al compagno di raccontare le avventure di un bambino che giocava a pallone nei carruggi della città ligure.
Il grande romanziere non lo fece mai e cade a puntino nel centenario della sua nascita grazie a Marino Magliani che ha ridato voce a quei giorni.
E la storia ha questo inizio che ti trascina subito dentro. È un pomeriggio d’inverno del 1936, due bambini giocano a palla in una piazzetta di Sanremo. Il pallone sfugge, rimbalza e si ferma oltre i binari.
Il bambino non vuole perderlo e neppure vuole disubbidire alla madre che gli dice di non attraversare che è pericoloso. Resta solo una cosa da fare: costeggiare i binari fino alla loro fine e poi tornare indietro dall’altra parte a recuperare il pallone.
La ricerca di quel pallone diventerà l’arte del peregrinare, il bambino che seguirà la ferrovia arrampicandosi sui terrapieni, si addentrerà in gallerie, scavalcherà recinzioni, diventerà adulto e la fine dei binari rappresenterà il punto estremo dell’orizzonte che non finisce, è una sorta di Capo Nord, di Gibilterra, un luogo dove si ritrova l’origine, dove sembra di non essere mai partiti.
La letteratura è tutto questo perché ci porta lungo i binari di un sogno. Un sogno a occhi aperti. È possibile. Marino Magliani con questo romanzo cala nel grande sogno della letteratura quando la narrazione è l’incanto, perché non si ferma soltanto a raccontare nelle pietre di un territorio il cammino di bambini, di uomini e donne, ma si respira insieme il profumo dei limoni, la fragranza degli ulivi tra quei binari che costeggiano il mare.
È una natura che non contrabbanda la sua bellezza perché conserva ancora quel grado di selvatichezza che tocca il puro e il puro è nell’animo di quei due bambini che giocavano a palla.
È il puro della letteratura tra un treno che passa lungo quella lingua di terra e gli uliveti che salgono verso la collina e i limoni che seguono le rive del mare.
Calvino è bambino con gli occhi spalancati dinnanzi al mondo e una vita davanti, perché il mondo è in quell’orizzonte che si sposta.
Di questo non possiamo non ringraziare Marino Magliani che ci fa toccare con mano il valore vero della letteratura e lo fa evitando la mitizzazione di un personaggio raccontato nella sua più innocente essenza.
E l’orizzonte non è mai un punto fermo. È un sogno.
Giorgo Bona
Scrittore. Collaboratore redazione di Lavoro e Salute
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