Le speranze di vita, sono sempre più basse al Sud come al nord negli strati sociali meno abbienti

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MANIFESTAZIONI DI CONFLITTO

E’ fondamentale che la Cgil, finalmente, si sia mobilitata a Roma, e prima ancora in alcune grandi città, per la difesa della sanità pubblica, ora c’è da verificare la continuità, dopo questa manifestazione nazionale, anche nei luoghi di lavoro.
E’ lecito il dubbio che rimanga solo un atto dovuto, non potendo più stare in silenzio dopo decenni durante i quali si è assistito impotenti al programmato tracollo del S.S.N.?

E’ lecito il pensiero sulla pressione che la Cgil riceve, anche al suo interno, dai circuiti politici di centrosinistra che hanno” “bloccato sempre la risposta di piazza alle loro nefandezze legislative.

Come è certamente lecito far presente che una battaglia per la difesa di ciò che resta di pubblico nella sanità, come base di lotta per la ricostruzione del Servizio Sanitario Nazionale con l’aggiornamento della Legge 833/78, vogliamo concretamente andare incontro alle migliaia di persone che si stanno mobilitando e i malati poveri di reddito che hanno rinunciato a curarsi, dobbiamo estirpare, senza giri di parole caro Maurizio Landini, le metastasi che hanno tumorizzato la sanità pubblica.

Ovviamente ne sei consapevole ma ci teniamo a ricordartelo, anche perchè sono tumori che la Cgil non ha purtroppo diagnosticato e poi di fronte alla denuncia di tanti -compreso Lavoro e Salute- ne ha sottovalutato la portata invasiva; parliamo dell’aziendalizzazione, della sanità integrativa nei contratti (divisivo welfare aziendale), dell’intramoenia e del sistema dei DRG che fa profitti professionali sulla malattia.

Anche dai dati ISTAT (una media che purtroppo non distingue, nel nor, tra ricchi e poveri in base alle zone di residenza) verifichiamo le disuguaglianze che hanno prodotto sono talmente profonde che non bastano le manifestazioni di un giorno. Disuguaglianze che si amplieranno se non fermiamo la secessione dell’Autonomia Differenziata.
La cura, che forse tu non oggi non consideri, si chiama conflitto, nei luoghi di lavoro, nei territori della sofferenza, nella dimensione politica.

Redazione Lavoro e Salute

I DATI ISTAT

Tra le Regioni e PA spiccano in alto Trento, Veneto, Lombardia, Toscana ed Emilia Romagna e in basso Campania e Sicilia

Tra chi nasce a Treviso e chi nasce a Napoli o Siracusa ci sono in ballo 3 anni e mezzo di vita. Questo il gap massimo nella speranza di vita alla nascita stimato da Istat per il 2022 tra le diverse province italiane e desumibile dai dati territoriali del BES e riferiti all’indicatore “salute” pubblicati nei giorni scorsi.

Dopo la flessione della speranza di vita alla nascita in Italia dovuta allo shock pandemico, con un arretramento di oltre un anno nel 2020 rispetto al 2019 (83,2 anni, valore più elevato mai registrato), nel 2021 si era già osservata una lenta ripresa: la vita media attesa alla nascita era infatti risalita a 82,5 anni, con un recupero solo parziale (era 82,1 nel 2020). Il dato provvisorio del 2022 non mostra però un’ulteriore auspicata ripresa, con una stima complessiva media nazionale che resta simile al 2021, pari a 82,6 anni, e ciò accade per le donne (84,8 anni) e in parte per gli uomini (80,5 anni).

Sulla base delle ultime stime provvisorie dell’Istat del 2022, si rileva comunque che in nessuna regione si ripristinano i livelli di vita media attesa del 2019, sebbene in diverse di queste si siano recuperati buona parte degli anni di vita persi durante i due anni di pandemia. Nel 2022, inoltre, a fronte della relativa stabilità del dato nazionale rispetto all’anno precedente, sul territorio emergono alcune lievi variazioni della stima della speranza di vita.

Il Nord-ovest, con una stima di 82,9 anni resta stabile (+0,1 anni per gli uomini e -0,1 per le donne), il Nord-est (83,2) e il Centro (83,0) recuperano solo 0,1 anni rispetto al 2021, entrambi più tra gli uomini. Il Mezzogiorno invece mostra un recupero di 0,2 anni (+0,3 per le donne), attestandosi su una stima di 81,7 anni. Le regioni del Nord con maggiori variazioni sono il Friuli Venezia Giulia, che nel 2022 incrementa rispetto all’anno precedente di +0,4 anni, sia per gli uomini che per le donne, dopo aver subito flessioni sia nel 2020 che nel 2021 e con un deficit ancora da recuperare rispetto al 2019 di 1 anno per gli uomini e 0,5 per le donne. Nel Mezzogiorno, si riscontra una condizione simile per la Puglia, che pur recuperando 0,4 anni nel 2022 per entrambi i generi, evidenzia ancora perdite rispetto al 2019 accumulatesi nei due anni di pandemia (-0,9 anni per gli uomini e -0,6 per le donne). Inoltre si evidenzia un netto peggioramento della vita media attesa in Sardegna, che interessa soprattutto le donne.

Complessivamente queste variazioni di fatto modificano molto poco la geografia della vita media attesa, consolidando le ben note disuguaglianze territoriali che vedono la Campania con la più bassa speranza di vita alla nascita (80,9 anni), quasi 3 anni in meno rispetto a Trento dove si registra un valore di 84 anni. Appena sotto Trento troviamo poi Veneto, Lombardia, Toscana ed Emilia Romagna con dati di poco superiori agli 83 anni mentre in fondo insieme alla Campania troviamo la Sicilia con 81,3 anni.

Se guardiamo poi alle singole province come abbiamo detto è a Treviso che si rileva la speranza di vita alla nascita più elevata con 84,1 anni, seguita da Trento con 84 anni, Firenze e Monza-Brianza con 83,9 anni, Padova con con 83,7 anni e Fermo con 83,6 anni. In fondo alla classifica Napoli e Siracusa con 80,6 anni, Crotone e Caserta con 80,8 anni e Messina ed Enna con 81 anni.

ISTAT, SANITÀ PUBBLICA. REDAZIONE DOTTNET
19/06/2023

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