Carburanti, come può calare il prezzo e perché il governo non taglia le accise
La benzina ha superato la soglia dei 2 euro in modalità self, il prezzo medio dei carburanti è stato un flop e l’esecutivo non intende adottare l’accisa mobile che taglierebbe il listino di 20-30 centesimi al litro. Intanto le casse pubbliche in un mese hanno incamerato 2 miliardi di extragettito. A spese dei cittadini
Tra esodo e controesodo, per effetto dell’aumento dei prezzi dei carburanti, nelle casse pubbliche finiranno 2,27 miliardi di extragettito. Un tesoretto che, se venisse applicata l‘accisa mobile, la riduzione del prezzo alla pompa usando le maggiori entrate di Iva e accise, dovrebbe essere “restituito” agli automobilisti con un taglio da 20 a 30 centesimi al litro. Il governo Meloni però non è intenzionato ad aprire i cordoni della borsa pubblica – il ministro Urso ha dichiarato lapidario: “Niente taglio delle accise, la colpa degli aumenti è dell’Opec” – nonostante a gennaio la maggioranza ha approvato una clausola (che rafforza una norma del 2007, che prevede di utilizzare i maggiori introiti Iva per “finanziare riduzioni del prezzo finale alla pompa”.
L’accisa mobile, approvata durante il governo Prodi nel 2007 e applicata l’anno scorso dal governo Draghi da marzo a novembre, è prevista dalla legge 244/07 e lo sconto alla pompa viene finanziato con l’extragettito Iva: la condizione necessaria perché scatti il taglio è che il prezzo del greggio aumenti di oltre il 2% rispetto al valore definito nel Dpef e che nel bimestre precedente la quotazione internazionale del petrolio non sia diminuita di pari percentuale.
La tassa sulla tassa e l’extragettito per lo Stato
Ricordiamo che la componente fiscale sul diesel è la più alta in Europa (52% del prezzo) e la quarta più “pesante” per la benzina (56%) come ricorda l’ultima rilevazione della Figisc-Anisa.
Sul prezzo dei carburanti pesano due imposte: le accise, “tasse” sulla fabbricazione, e l’Iva che si applica al 22% sulla componente industriale (prezzo al netto del carico fiscale) e sulle accise. Una tassa sulla tassa che, per effetto degli aumenti del prezzo industriale, cresce di pari passo. L’accisa mobile serve proprio a evitare che a speculare, oltre che i petrolieri, sia proprio lo Stato. Ma il governo Meloni ha già fatto sapere di non volerla attivare nonostante il ministro dei Trasporti Matteo Salvini ha dichiarato nei mesi precedenti che aumenti sopra la soglia dei due euro al litro non sarebbero stati tollerati.
Non solo imposte: prezzi industriali in aumento da un mese
A crescere non è solo la pressione fiscale ma anche il prezzo industriale della benzina. Il ministro Urso ha dichiarato, suscitando non poco imbarazzo, che in Italia il prezzo dei carburanti è più basso che in Francia e Germania “al netto delle accise”. Vero, come è pur vero che Secondo i dati dell’Osservatorio carburanti dello stesso ministero di Urso i prezzi industriali (al netto delle imposte) sono in costante aumento da un mese a questa parte. Concentriamoci solo sulla benzina: il prezzo industriale è passato da 0,796 euro del 17 luglio 2023 a 0,861 euro dell’ultima rilevazione (14 agosto 2023), segnando un aumento di 0,065 (6,5 centesimi) al litro.
Dunque: i prezzi industriali sono in costante aumento, il taglio delle accise non scatta, l’obbligo di esporre i prezzi medi voluto da Urso è stato un buco nell’acqua, l’extragettito la Meloni e Giorgetti se lo tengono stretto per la prossima finanziaria e agli automobilisti sulle strade delle vacanze non resta che subire il caro-carburanti. Gli ingredienti per la tempesta perfetta ci sono tutti.
Enrico Cinotti
20/8/2023 https://ilsalvagente.it/
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