BRICS. Allargamento e dedollarizzazione: a Johannesburg in cerca di grandezza e indipendenza
L’obiettivo è quello di espandere il gruppo BRICS e di trovare il modo di appianare o almeno di rendere meno importanti le diversità interne agli stati membri. Il vertice di quest’anno è seguito con un interesse assolutamente particolare e, probabilmente, con un timore nuovo da parte dei più importanti leader occidentali. Con la guerra in Ucraina e le pesanti sanzioni alla Russia, sono nate nuove alleanze e alcune vecchie si sono rafforzate.
La “dedollarizzazione” dell’economia internazionale, definita “irreversibile” dal presidente russo Vladimir Putin, è un processo con cui l’occidente e gli Stati Uniti dovranno effettivamente fare i conti. Il denaro definisce gli equilibri più nettamente di qualsiasi proclama politico ed è da sempre questo il campo di gioco più importante per le economie emergenti. Perciò a Johannesburg l’argomento più caldo sul tavolo, oltre ai nuovi possibili stati aderenti, è quello che riguarda le modalità per aumentare l’uso delle valute locali nelle transazioni commerciali e finanziarie con l’obiettivo di liberarsi dalla dipendenza dal dollaro USA.
Col ricorso sempre maggiore alle sanzioni contro la Cina, il governo di Pechino ha già iniziato ad affinare gli strumenti per contrastarle. Anzitutto spingendo i paesi amici a utilizzare la sua valuta, in luogo del dollaro, nei commerci bilaterali. Lo yuan è sempre più utilizzato da paesi come Argentina, Brasile, oltre alla Russia, che hanno firmato con Pechino accordi ad hoc per regolare in yuan i loro commerci con la Cina.
Il presidente cinese Xi Jinping, che a sorpresa non è stato presente all’apertura dei lavori, ha dichiarato in un discorso pronunciato a suo nome che l’espansione del gruppo BRICS significa dare la possibilità alle economie emergenti di costruire un ordine internazionale più giusto e equo. Aggiungendo, come monito, che “continueremo a crescere, qualsiasi resistenza potremo trovare”.
Anche il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa si è mostrato entusiasta all’idea: “Un Brics allargato rappresenterà un gruppo eterogeneo di nazioni con diversi sistemi politici che condividono il desiderio comune di avere un ordine globale più equilibrato”. Ma sull’espansione Brasile e India frenano, mentre la Russia, insieme alla Cina, vorrebbero al contrario accelerare. “Non cerchiamo di essere un contrappunto al G7, al G20 o agli Stati Uniti” ha dichiarato il presidente brasiliano Lula de Silva. Il premier indiano Narendra Modi vuole procedere con cautela e ha parlato dei rischi dovuti a un allargamento affrettato.
I Paesi interessati ad entrare a far parte dei BRICS sono, tra gli altri, Egitto, Arabia Saudita, Iran, Argentina e Indonesia. Di questi 2, Argentina e Iran, sono sottoposti alle sanzioni occidentali.
Neanche il presidente russo Vladimir Putin ha pronunciato da sé il proprio discorso. Un video registrato e il suo portavoce, il ministro degli esteri Sergey Lavrov, lo hanno tenuto al sicuro dalle conseguenze del mandato di arresto internazionale per presunti crimini di guerra compiuti durante l’attacco all’Ucraina. Non sono, invece, chiare le ragioni che hanno impedito la partecipazione del presidente cinese.
Presenti, invece, il leader sudafricano Cyril Ramaphosa, il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva e il primo ministro indiano Narendra Modi.
BRICS è l’acronimo delle economie emergenti che attualmente lo compongono, che sono appunto Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, regioni che rappresentano circa il 40% della popolazione mondiale e più del 25% dell’economia globale.
Eliana Riva
23/8/2023 https://pagineesteri.it/
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