Può il gruppo BRICS creare un nuovo ordine mondiale?
Il summit del gruppo BRICS di Johannesburg ha il potenziale per fare la storia. Decine di Paesi del Sud globale vogliono unirsi al club dei cinque Paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) con la speranza che sia possibile rimodellare la governance globale in modo che la maggioranza mondiale abbia pari voce nelle decisioni che influenzano il suo futuro. Ma per sfidare la gerarchia globale guidata dagli Stati Uniti e i loro alleati, i BRICS devono prima superare le divisioni interne (molto enfatizzate da politici e media occidentali). Sin dalla sua fondazione nel 2009, le ambizioni del blocco di esercitare una significativa influenza politica ed economica globale sono state indebolite dalle differenze tra valori, interessi e sistemi politici dei suoi membri. Uno dei temi del vertice riguarda le iniziative volte a indebolire il dominio del dollaro USA nelle transazioni commerciali internazionali.
Sono economie gigantesche, con popolazioni ancora più grandi e ambizioni ancora maggiori. A partire da martedì, i leader del gruppo di Paesi noto come BRICS – Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica – si incontrano per un vertice di tre giorni (22-24 agosto), che attira l’attenzione delle capitali di tutto il mondo1.
Il presidente russo Vladimir Putin non partecipa in presenza al summit a Johannesburg, in Sudafrica, ma solo in videoconferenza per evitare al Paese l’imbarazzo di ospitare un leader con un mandato della Corte Penale Internazionale (CPI) contro di lui legato alla guerra di Mosca all’Ucraina (c’è però il ministro degli Esteri Sergei Lavrov). Il Sudafrica è membro della Corte Penale Internazionale e, secondo il diritto internazionale, sarebbe stato obbligato ad arrestare Putin in caso di visita.
Tuttavia, mentre il conflitto in Ucraina e l’aggravarsi delle tensioni geopolitiche tra Stati Uniti e Cina (l’avanzare di una Nuova Guerra Fredda, di cui abbiamo parlato nei nostri articoli qui, qui, qui e qui) fanno da sfondo al vertice, è probabile che l’incontro dei BRICS, al quale sono stati invitati i leader di oltre 70 Paesi, metterà in primo piano la crescente posizione del gruppo come forza che sfida un ordine mondiale a lungo dominante, guidato da Washington e da Bruxelles, per trasformarlo in un sistema multipolare in cui i Paesi in via di sviluppo hanno una maggiore influenza. Questo anche se la maggioranza dei Paesi non vuole schierarsi esplicitamente dalla parte di Stati Uniti, Cina o Russia. Nel suo discorso (letto dal ministro del commercio Wang Wentao), Xi ha cercato di tranquillizzare e ha insistito sul fatto che “l’egemonismo non è nel DNA della Cina” e che l’espansione dei BRICS non mira a “chiedere ai Paesi di schierarsi o a creare uno scontro di blocco, ma piuttosto ad espandere l’architetto della pace e dello sviluppo”.
L’espansione dei BRICS è una delle priorità dell’agenda. Molti sono i Paesi del Sud globale (che rappresenta l’85% della popolazione mondiale) che chiedono di entrare nel club. Dall’Algeria all’Argentina, almeno 40 Paesi hanno mostrato interesse ad aderire al gruppo. Al centro dell’attrattiva del gruppo c’è il suo crescente peso economico. I cinque Paesi BRICS sono ormai dei pilastri del sistema economico globale – nell’ultimo decennio Cina e India hanno registrato una crescita impressionante mentre gli altri tre hanno registrato una crescita debole -, hanno ora più del 40% della popolazione mondiale (3,24 miliardi di abitanti) e un prodotto interno lordo (PIL) combinato maggiore di quello del G7 (formato dalle più grandi economie industrializzate del blocco occidentale: Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Francia, Giappone, Italia e Canada) in termini di parità di potere d’acquisto (il 31,5% dell’economia globale, superando la quota del G7 che è del 30,4%). In termini nominali, i paesi BRICS sono responsabili del 26% del PIL globale e del 16% del commercio globale. Nonostante ciò, ottengono solo il 15% del potere di voto presso il Fondo Monetario Internazionale (FMI).
Oltre alle lamentele per tali squilibri, nel Sud del mondo crescono le preoccupazioni che gli Stati Uniti possano utilizzare il dollaro come un’arma attraverso le sanzioni, come hanno fatto contro la Russia. Ciò ha portato e porta i Paesi BRICS a cercare individualmente e collettivamente di ridurre la loro dipendenza dalla valuta statunitense, aumentando al tempo stesso il commercio bilaterale nelle proprie valute.
Concordare sul fatto che qualcosa deve cambiare è una cosa, ma concordare su come lavorare insieme è un’altra. India e Cina sono bloccate in una situazione di stallo al confine himalayano dal maggio 2020. Nel frattempo, India, Sudafrica e Brasile desiderano essere non allineati, ossia avere relazioni cordiali con l’Occidente tanto quanto con Cina e Russia. Per cui il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva ha dichiarato che il blocco dei BRICS mira a organizzare il Sud del mondo in via di sviluppo e non intende rivaleggiare con le economie ricche del G7, del G20 o degli Stati Uniti. Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha sottolineato che Pretoria “non si lascerà trascinare in una competizione tra potenze mondiali” nel contesto della guerra in Ucraina, e che il Sudafrica “ha intrapreso una politica di non allineamento” (il Paese si è finora rifiutato di condannare Mosca per l’invasione russa, affermando di favorire la via del dialogo e attirandosi critiche nella scena internazionale), volendo evitare un mondo “sempre più polarizzato in campi concorrenti”. “Abbiamo quasi un sistema [simile all’] apartheid del Sudafrica in cui la minoranza decide per la maggioranza, e questa è ancora la situazione sulla scena mondiale oggi. […] I paesi del sud [del mondo] non vogliono che gli venga detto chi sostenere, come comportarsi e come condurre i propri affari sovrani. Ora sono abbastanza forti per affermare le rispettive posizioni”, ha affermato Anil Sooklal, ambasciatore generale del Sudafrica per l’Asia e i BRICS.
Per questi motivi ci si interroga se il gruppo BRICS sarà in grado di emergere come un pilastro economico e geopolitico alternativo agli Stati Uniti e ai suoi alleati oppure se le differenze interne limiteranno ciò che il gruppo può realizzare.
È probabile che il peso del gruppo BRICS aumenti ma, secondo molti osservatori, è molto più probabile che nel breve periodo il blocco sia in grado di offrire alternative economiche e diplomatiche frammentarie all’ordine globale guidato dagli Stati Uniti piuttosto che sostituirlo drasticamente. Ciò potrebbe portare a ulteriori tensioni con l’Occidente mentre i leader del gruppo cercano di tracciare un percorso indipendente in un mondo in continuo cambiamento. Ma per rimanere efficace, il gruppo BRICS dovrà gestire le diverse priorità dei Paesi membri – una sfida che non sarà facile da affrontare per il gruppo.
“Voce” del Sud del mondo
Nel discorso di apertura dell’incontro dei ministri degli Esteri dei BRICS in Sudafrica il 1° giugno scorso, il ministro degli Esteri indiano Subrahmanyam Jaishankar ha descritto l’attuale concentrazione del potere economico come quella che “lascia troppe nazioni alla mercé di troppo poche”. È un (ri)sentimento che risuona in tutto il Sud del mondo e che fa leva sul fatto che il potere di veto del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite rimane limitato a cinque Paesi – USA, Russia, Francia, Regno Unito e Cina – sulla base di un’intesa tra gli alleati vittoriosi nel 1945, alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Negli ultimi anni, sono cresciute le crepe nell’ordine internazionale unipolare imposto da Washington e Bruxelles al resto del mondo attraverso la NATO, nel sistema finanziario internazionale, nel controllo dei flussi di informazione (sia nelle reti tradizionali che nei social media), e nell’uso indiscriminato (da molti considerato un vero e proprio abuso) di sanzioni unilaterali contro un numero crescente di Paesi. Nelle sue osservazioni videoregistrate, Putin ha attribuito la volatilità dei mercati globali del cibo e di altri beni alle sanzioni occidentali, e ha affermato che i BRICS sarebbero una forza per l’equità nelle relazioni internazionali. “Cooperiamo secondo i principi di uguaglianza, sostegno reciproco e rispetto per gli interessi reciproci”, ha affermato. “Questa è l’essenza del percorso strategico orientato al futuro della nostra associazione, un percorso che soddisfa le aspirazioni della parte principale della comunità mondiale, la cosiddetta maggioranza globale”.
“Il tradizionale sistema di governo globale è diventato disfunzionale, carente e disperso”, ha detto l’ambasciatore cinese in Sud Africa, Chen Xiaodong, in un briefing a Pretoria la scorsa settimana, aggiungendo che il gruppo BRICS “sta diventando sempre più una forza di difesa della giustizia internazionale”. La Cina, una forza dominante nell’economia globale nonché una potenza militare, sta mettendo alla prova i limiti dell’influenza di Washington. Il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian ha visitato Riyadh la scorsa settimana e ha incontrato il principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed bin Salman nell’ultimo passo verso una normalizzazione dei legami tra i tradizionali rivali mediorientali, mediata dalla Cina.
L’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia a partire dal febbraio 2022 e il successivo rafforzamento delle relazioni tra Mosca e Pechino – nonostante la condanna occidentale – hanno ulteriormente accelerato la spaccatura. India, Brasile e Sudafrica hanno camminato con cautela su una corda tesa, rifiutandosi di aderire alle sanzioni occidentali o ad altre azioni contro la Russia, prendendo allo stesso tempo le distanze dalle giustificazioni di Mosca per la guerra.
Con l’attenuarsi dell’influenza dell’Occidente in parte dopo parte del mondo – l’ultimo esempio è il Niger e più in generale il Sahel – c’è un crescente coro che emerge tra i Paesi di Africa, America Latina e le potenze asiatiche emergenti come l’India per ribaltare il sistema unipolare post-Guerra Fredda. Russia e Cina si sono presentate come paladine di questo allontanamento da un ordine guidato dagli Stati Uniti, delle cui regole – agli occhi del Sud del mondo – Washington stessa spesso si fa beffe (alimentando l’accusa di double standard).
A luglio, Putin ha lanciato un’offensiva in un vertice a San Pietroburgo con i leader africani, citando Nelson Mandela e facendo il nome di eroi anticoloniali come Gamal Abdel Nasser e Patrice Lumumba. “Penso che sia giunto il momento di rettificare il torto storico commesso nei confronti del continente africano”, ha affermato quando ha discusso una proposta per riformare il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e includere i Paesi africani come membri permanenti.
Anche l’India ha spinto attivamente affinché l’Unione Africana ottenga un seggio al vertice del G20, che Nuova Delhi ospiterà il mese prossimo.
C’è certamente uno spazio per creare un nuovo ordine mondiale. Uno spazio che è stato creato da una convergenza di due fattori: il Sud del mondo che trova la sua voce e cerca Paesi che possano difendere i propri interessi e la Russia e la Cina che si trovano in contrasto senza precedenti con l’Occidente. Tuttavia, è importante tenere presente che questi due fattori non si sovrappongono completamente, anche se in questo momento servono gli stessi interessi.
L’India, ad esempio, non vede la Cina come una voce del Sud del mondo, ma come un Paese ormai economicamente sviluppato che cerca di intromettersi nella narrativa del Sud del mondo e di trasformare il gruppo BRICS in un’organizzazione di sostegno all’agenda geopolitica cinese, come la promozione della Belt and Road Initiative (sostenuta dalla Asian Infrastructure Investment Bank), della Global Development Initiative (accompagnata dalla Global Security Initiative e dalla Global Civilization Initiative), dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (che comprende tra i suoi membri oltre alla Cina, anche Russia e India) e dell’esplicita retorica anti-americana (sulle proposte cinesi si vedano i nostri articoli qui e qui). L’India e soprattutto Modi non hanno alcun interesse a plasmare la politica estera indiana in una direzione antioccidentale anche perché punta ad essere una destinazione di investimento alternativa alla Cina per costruire “more resilient supply chains”2. I BRICS sono stati concepiti come una piattaforma geoeconomica, ma l’India teme che stiano scivolando verso un ruolo geopolitico e non si sente a proprio agio con questa deriva.
Invece, l’India ha concentrato le discussioni e le attività dei BRICS su progetti di cooperazione economica e finanziaria Sud-Sud, iniziative per ridurre la dipendenza globale dal sistema finanziario e di pagamento internazionale basato sul dollaro statunitense e riforme delle istituzioni finanziarie internazionali per dare ai Paesi in via di sviluppo più voce e rappresentanza. Il Sudafrica sembra aver seguito questo approccio nel formulare il tema del prossimo vertice: “BRICS e Africa: partenariato per una crescita reciprocamente accelerata, uno sviluppo sostenibile e un multilateralismo inclusivo”. Per rafforzare la propria attenzione sull’Africa, il Sudafrica ha invitato i leader di tutti i Paesi africani a partecipare al vertice.
Allo stesso tempo, la guerra della Russia in Ucraina e la conseguente interruzione delle forniture energetiche e alimentari ha anche contribuito a far salire alle stelle l’inflazione in tutto il mondo in via di sviluppo, colpendo soprattutto gli stessi Paesi per i quali Mosca afferma di parlare. Tuttavia, la risposta dell’Occidente alla guerra della Russia in Ucraina – separando praticamente la Russia dal sistema finanziario globale attraverso dure sanzioni – ha anche spaventato le economie emergenti e in via di sviluppo, preoccupate che Stati Uniti e Unione Europea possano potenzialmente esercitare quel potere anche su di loro.
Seguire i soldi
Un sistema finanziario alternativo è al centro dell’attrattività del blocco BRICS. Nel 2015 è stata fondata la Nuova Banca di Sviluppo (NDB), allora nota come Banca di Sviluppo BRICS, con sede a Shanghai, per dare ai membri BRICS un maggiore controllo sui finanziamenti allo sviluppo e offrire un’alternativa alle istituzioni guidate dagli Stati Uniti come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, istituzioni finanziarie costituite all’indomani della Seconda Guerra Mondiale (i pilastri del “sistema di Bretton Woods”). La creazione della NDB (di cui da pochi mesi è diventata presidente Dilma Rousseff, ex presidente del Brasile) è stata una mossa che ha mostrato un intento reale e ha detto al Sud del mondo che era possibile sfidare l’architettura istituzionale finanziaria globale3.
I Paesi BRICS hanno anche costruito il “BRICS pay” – un sistema di pagamento per le transazioni tra i BRICS senza dover convertire la valuta locale in dollari. Eppure, otto anni dopo la creazione della NDB, la banca per lo sviluppo dipende ancora in gran parte dai dollari e ha faticato a garantire quella valuta in mezzo alle sanzioni contro la Russia, uno dei Paesi fondatori. A livello globale, il dollaro USA rappresenta il 60% delle riserve valutarie delle banche centrali.
Il dibattito sulla creazione di una valuta BRICS ha preso piede negli ultimi mesi, anche se il Sudafrica ha chiarito che non sarà discusso in questo vertice. Per ora le iniziative di de-dollarizzazione dei BRICS, come gruppo, non mirano a sostituire il dollaro, ma a creare alternative e facilitare il commercio bilaterale nelle valute locali. Ma sul tavolo c’è una proposta brasiliana4 e il presidente Lula de Silva ha recentemente affermato che “ogni notte mi chiedo perché tutti i Paesi debbano basare il loro commercio sul dollaro”.
L’idea, così come la promessa ad altri che vogliono unirsi o collaborare con i BRICS, è semplice. Oltre alla minaccia delle sanzioni statunitensi, una schiacciante dipendenza dal dollaro statunitense per il commercio o il rimborso del debito è costosa quando il valore del dollaro aumenta, come accade quasi invariabilmente durante le crisi globali come quella che il mondo attraversa dal 2020 e soprattutto da quando FED e BCE hanno avviato il rialzo dei tassi di interesse al fine di domare le spinte inflazionistiche negli USA e UE.
C’è poi un’altra ragione per ridurre la dipendenza dal dollaro. Può aumentare l’influenza dei Paesi in via di sviluppo, fungendo da strumento complementare quando si prendono grandi decisioni sul finanziamento dello sviluppo e sul ruolo di istituzioni come il FMI. Per vedere le vere opinioni comuni dei membri del gruppo BRICS basta scorrere i loro comunicati congiunti che contengono sempre riferimenti all’influenza dei membri, o alla sua mancanza, all’interno di Banca Mondiale, Organizzazione Mondiale del Commercio o FMI. Queste parti delle passate dichiarazioni dei BRICS descrivono la significativa frustrazione per il fatto che, nonostante siano economie molto importanti e influenti, percepiscono la loro influenza come limitata.
Un potenziale modo per rendere il blocco impossibile da ignorare? Trasformare un club selezionato di cinque Paesi in una squadra composta da molti altri.
La forza dei numeri
A luglio, il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune ha dichiarato che il suo Paese voleva aderire ai BRICS e aveva persino messo da parte una somma di 1,5 miliardi di dollari per contribuire alla Nuova Banca di Sviluppo del gruppo – in sostanza, per acquistare il biglietto per essere della partita. A giugno anche l’Egitto ha chiesto l’ammissione. E nell’ultimo anno, Argentina, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Iran sono emersi come altri candidati in una coda sempre più lunga per unirsi potenzialmente al blocco, tra cui l’Indonesia, il quarto Paese più popoloso del mondo, il Messico, l’Etiopia, una delle economie africane in più rapida crescita, e la Nigeria, la più grande economia dell’Africa5.
La Cina, sicura della sua posizione a capotavola, ha chiarito che è felice di esplorare l’idea, riaffermando che il meccanismo di cooperazione BRICS è un meccanismo di cooperazione internazionale sul tema dello sviluppo e non un’alleanza militare o politica contro i Paesi sviluppati occidentali. E la Russia, che ha bisogno di amici internazionali, si è detta disponibile ad accogliere nuovi membri nel club.
Tuttavia, non tutti i membri sono sicuri che un BRICS più grande sia necessariamente un BRICS più forte. Il Brasile è stato reticente riguardo ad un’espansione, temendo che la sua influenza possa essere diluita. “Un’espansione potrebbe trasformare il blocco in qualcos’altro”, ha detto a Reuters un funzionario brasiliano all’inizio di agosto.
L’India non è a suo agio con la questione dell’espansione, anche se è improbabile che porrà il veto a qualsiasi mossa. Invece, Nuova Delhi sta spingendo affinché il gruppo sviluppi regole e criteri per l’adesione di potenziali nuovi membri (i principali criteri dell’allargamento, differenziando anche tra un gruppo BRICS e un gruppo BRICS+, saranno svelati nel corso del summit di Johannesburg), mettendo le democrazie al centro delle considerazioni sull’adesione. Più in generale, l’India ritiene che il gruppo abbia bisogno di mettere ordine in casa propria prima di considerare nuove adesioni. Ciò include, tra le altre cose, lo stallo di tre anni tra India e Cina che coinvolge migliaia di soldati di stanza lungo il loro confine conteso nella regione orientale del Ladakh. Jaishankar, ministro degli Esteri indiano, ha più volte affermato che le relazioni tra i giganti asiatici “non sono normali”. C’è anche una rivalità con Pechino per l’influenza regionale.
Tuttavia, la Cina ha mostrato segni di ammorbidimento in vista del vertice BRICS, con il recente impegno da parte dei comandanti militari di entrambe le parti a “mantenere la pace e la tranquillità” lungo il confine. Non è chiaro se il primo ministro indiano Narendra Modi e il presidente cinese Xi Jinping si incontreranno a margine del vertice. Il modo in cui le due maggiori economie BRICS gestiscono le loro relazioni potrebbe determinare se il blocco prospererà o balbetterà.
Non un “o-o”
Alla fine, un punto di forza del gruppo BRICS – a cui i suoi membri fanno ripetutamente riferimento – è che, a differenza dell’Occidente, non si aspettano che altri Paesi debbano scegliere ed essere vincolati a salde alleanze (esclusive). Ad esempio, il commercio all’interno dei BRICS in valute locali o il commercio con gli Stati Uniti in dollari non deve necessariamente essere un “o-o”. Per molti Paesi può essere semplicemente un meccanismo che può servire meglio i propri interessi in determinate situazioni.
In parole povere, il gruppo BRICS sta cercando di offrire una serie parallela di opzioni economiche e diplomatiche ai Paesi piuttosto che cercare di distruggere attivamente il modello guidato dagli Stati Uniti (al punto che si ipotizza anche la creazione di un formato BRICS++ che includa anche i Paesi del G7). Questa idea può essere difficile da comprendere da alcune persone – soprattutto in Occidente – in un momento in cui la politica globale è così divisa. Ma i BRICS non sono nuovi a essere fraintesi. Quando fu formato il gruppo BRICS nel 2009, fu accolto in modo sprezzante dai diplomatici occidentali che parteciparono al primo vertice. Da allora la retorica in Occidente si è trasformata nell’idea che i BRICS siano semplicemente un blocco piegato alla Cina e guidato da un’agenda anti-occidentale. Potrebbero essersi sbagliati entrambe le volte.
Secondo alcuni analisti, il gruppo sta effettivamente cercando di costruire una piattaforma per la cooperazione tra Paesi emergenti (come la Cina) e Paesi in via di sviluppo, per migliorare la governance globale e, in definitiva, per costruire una comunità globale con un futuro condiviso.
Nel suo discorso, Xi ha affermato che i BRICS continueranno a crescere “qualunque resistenza possa esserci. … In questo momento, i cambiamenti nel mondo, nei nostri tempi e nella storia si stanno manifestando in modi come mai prima d’ora, portando la società umana a un punto critico”.
Presto potrebbe essere il momento per l’Occidente (i Paesi della Triade, USA, UE e Giappone) di ascoltare e accettare che i BRICS rappresentano semplicemente un sentimento globale in crescita: anche altri Paesi, oltre a quelli occidentali, vogliono un posto al tavolo dove si discute e si prendono le decisioni sul futuro del mondo e, a differenza del passato, questa volta hanno la forza economico-politica per ottenerlo.
- L’acronimo BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) è stato coniato nel 2001 dall’economista della Goldman Sachs Jim O’Neill per designare questi quattro Paesi come destinazioni attraenti per gli investimenti, cavalcando un’ondata di entusiasmo per le prospettive dei mercati emergenti. Nel 2006, i ministri degli Esteri dei quattro Paesi si sono incontrati a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York per formalizzare il gruppo noto come BRIC. Nel 2009 ha avuto luogo il primo vertice dei leader, seguito da allora da incontri annuali. Nel 2010, il gruppo è stato ampliato per includere il Sudafrica, diventando BRICS. Sul tema dei BRICS si veda il nostro articolo qui.[]
- L’India si è ampiamente allineata agli interessi occidentali contro la Cina. La disponibilità del sostegno economico occidentale e dell’accesso alla tecnologia è aumentata in modo significativo e le relazioni tra India e Occidente stanno attraversando una nuova era. Ciò comporta vantaggi economici significativi per l’India che rendono Modi molto sensibile all’idea di essere visto come colui che dà forza ad un contrappeso del G7.[]
- C’è da dire che finora la NDB ha concesso prestiti per 32,8 miliardi di dollari. Si tratta di una cifra importante, ma che non è nemmeno paragonabile agli oltre 1.000 miliardi che si stima che la Cina abbia prestato nello stesso periodo a Paesi terzi nell’ambito del framework della Belt and Road Initiative, senza passare per le istituzioni dei BRICS.[]
- La creazione di una valuta comune BRICS è uno dei temi chiave, ma resta aperta la questione della fattibilità di questo progetto R5 (tutte e cinque le valute nazionali BRICS iniziano con la lettera R). Mentre esistono modi semplici per introdurre inizialmente la valuta R5 come unità contabile senza difficoltà tecniche nell’attuazione di un simile progetto, sembrano esserci ancora incertezze e divergenze su come procedere con la creazione di una valuta comune, ossia su come servire le transazioni internazionali delle economie BRICS. Una delle recenti proposte avanzate da Paulo Nogueira Batista Jr., ex vicepresidente della NDB, ha cercato di colmare questo vuoto. Nogueira Batista osserva che la fase della R5 come unità contabile utilizzata per prezzare contratti e transazioni internazionali è relativamente semplice e non richiede risorse significative. Uno dei pochi punti decisionali dovrà essere la determinazione dei pesi relativi delle rispettive valute nazionali nel paniere valutario R5 – queste quote potrebbero essere sostanzialmente in linea con i pesi economici relativi dei rispettivi membri principali del BRICS: 40% per il rawimby (yuan) cinese, 25% per la rupia indiana, 15% per rublo russo e real brasiliano e 5% per il rand sudafricano. Questo paniere valutario R5 secondo Nogueira Batista può essere inizialmente ancorato al paniere formato dal Contingent Reserve Arrangement, l’Accordo di riserva contingente istituito nel 2015, con le successive dinamiche del tasso di cambio R5 che riflettono le fluttuazioni nei componenti del paniere. La vera grande domanda è come procedere da quel punto di partenza alla fase della valuta R5 come mezzo di pagamento per i pagamenti transfrontalieri. Ciò che suggerisce Nogueira Batista è che affinché la R5 svolga quel ruolo non deve essere emessa in forma fisica: potrebbe essere digitale come una criptovaluta. E non è necessario sostituire le valute nazionali delle economie BRICS con la R5: può essere creata parallelamente alla circolazione delle valute nazionali. Di conseguenza, non è necessaria alcuna Banca Centrale BRICS: tutto ciò che serve è una banca che emetta R5 che nelle prime fasi potrebbe essere utilizzato per transazioni tra le banche centrali nazionali BRICS. Secondo Nogueira Batista, durante queste fasi iniziali R5 potrebbe svolgere un ruolo di risparmio oltre che una funzione di valuta di riserva. Per sostenerne il valore della valuta potrebbero essere utilizzate obbligazioni emesse dalla banca che emette anche la R5: la valuta comune dei BRICS sarà convertita liberamente in queste obbligazioni essenzialmente in linea con il modello attualmente osservato con il dollaro USA. Secondo Nogueira Batista, la Nuova Banca di Sviluppo può svolgere un ruolo cruciale nel processo di de-dollarizzazione. Una delle possibili sedi a questo riguardo è l’emissione più attiva di obbligazioni e prestiti nelle valute nazionali delle economie BRICS. Poi, in una fase più avanzata, la Banca potrà iniziare a utilizzare la R5 nelle sue operazioni di prestito.[]
- Secondo le autorità sudafricane, 22 Paesi hanno formalmente chiesto di aderire al gruppo BRICS e un numero simile di Paesi ha espresso il proprio interesse. Sebbene ciò abbia accresciuto la statura del gruppo, pone anche un problema difficile per l’organizzazione: ammettere troppi nuovi membri rischia di diluire il gruppo BRICS, rendendolo inefficace se continua a operare sulla base del consenso. Cina e Russia vogliono espandere rapidamente il gruppo BRICS per rafforzare la loro influenza in importanti paesi in via di sviluppo, molti dei quali vedono nell’organizzazione anche un’opportunità per avvicinarsi economicamente alla Cina. Nel suo intervento, Putin ha dichiarato che il gruppo BRICS dovrebbe diventare un blocco commerciale che rappresenti la “maggioranza globale”. Il Brasile sostiene l’ammissione dell’Argentina nei BRICS, ma ha avvertito che una rapida espansione potrebbe diluire l’influenza del gruppo e creare una condizione simile alla torre di Babele. L’India, d’altro canto, teme di perdere la propria influenza se il gruppo BRICS ammettesse troppi nuovi membri strettamente allineati all’agenda cinese. Per questo si parla di un formato addizionale denominato BRICS+.[]
Alessandro Scassellati
23/8/2023 https://transform-italia.it/
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