Brevi appunti sulla contagiosità
Quando penso alla contagiosità mi vengono subito in mente due immagini: la prima è il tema che ho dovuto svolgere in prima liceo con la descrizione dei lazzaretti riprendendo quella raccontata dal Manzoni, e purtroppo ricevendone solo un cinque e mezzo, e la seconda è l’immagine della campanella del lebbroso che avvertiva i viandanti della sua malattia vista assistendo al film Brancaleone di Monicelli.
Ma di contagiosità sono pieni anche i ricordi della mia infanzia a metà dello scorso secolo. Una volta all’anno la mia classe andava a fare una schermografia presso il CPA di viale Zara a Milano per individuare se c’erano affetti da Tbc. La vivevamo come una allegra gita fuori scuola tranne quella volta in cui un compagno non tornò con noi perché trovato tubercolotico.
E poi i ricordi delle malattie esantematiche che «si dovevano prendere» per diventare grandi! La scarlattina la presi da un compagno di liceo durante una gita a Rapallo per ammirare l’ultima eclissi totale di sole visibile in Italia: furono 30 giorni di isolamento e ancora oggi non so niente di Catullo perché nella mia classe fu studiato solo in quei giorni!
Negli anni si è vissuti pensando che le malattie infettive erano ormai del passato anche se ricordo l’Epatite virale di mamma che la prese svolgendo attività da medico di laboratorio. E poi il colera, ma era quasi confinato a Napoli, e si racconta del trasportatore di cocomeri che per una banale diarrea entrò nel PS dell’ospedale Cotugno e per precauzione fu trattenuto nonostante le sue lamentele per le angurie che vedeva marcire nel suo furgone posteggiato proprio sotto le finestre della sua stanza di degenza.
Ci fu anche l’”Asiatica” ma la vissi non molto diversamente dalle influenze stagionali, mentre la mia educazione sessuale ricevette forti indicazioni di rischio per le malattie veneree la cui prevenzione, durante il servizio militare, consisteva solo in una aspersione di tintura di iodio per i commilitoni che avevano avuto amplessi occasionali.
Ma la vera prima epidemia contagiosa da me vissuta è stata quella dell’AIDS e fu durante questa che sentii delle denunce verso chi, contagiato, aveva relazioni sessuali non protette senza avvisare il partner. Prima l’obbligo dell’isolamento era comportamento naturale e non mi ricordo di sanzioni, ma con l’AIDS queste ci furono.
La diffusione delle malattie non infettive fu ostacolata non tanto vietando ovviamente dei contatti quanto cercando di rimuovere od ostacolare altri determinanti. Fu soprattutto la lotta al cancro che fece vietare il fumo negli ambianti pubblici e persino all’aperto in vicinanza di bimbi o di donne incinte. Anche i controlli del tasso alcolemico dei guidatori è diventato importante strumento per impedire che dei comportamenti creino danni alla salute.
E poi il Covid e tutti ricordiamo quanto ci è stato imposto nei tre anni passati ma oggi sembra che nulla sia vietato al contagioso, e allora mi chiedo: perché non si può fumare sui mezzi pubblici ma si può viaggiare anche se contagiosi al Covid? Oggi sembra che non si debba far più nulla per evitare il diffondersi del virus, ma al di là di come le si pensi o la si voglia, oggi i dati “ministeriali” sulla circolazione del virus e sugli esiti dei contagi sono questi:
Nell’ultima settimana (dal 21 al 27 settembre) 38.775 nuovi contagi, il 7,4% in più della settimana precedente e attualmente sono ricoverati in ospedale 2.734 pazienti positivi al Covid. Dall’inizio di settembre sono morte 423 persone per colpa del Covid (e non solo positivi ma morti per altre ragioni).
Allora la prima domanda che ci si deve porre è: siamo in una situazione di normale patogenicità che non richiede particolare attenzione, ovvero i segnali di diffusione dell’infezione e dei suoi esiti ci devono portare a pensare a cosa sia necessario fare?
Quindi tralasciando le polemiche politico ideologiche, vax o novax, chiediamoci cosa, e se, sia giusto o meno fare.
A) Vaccinazione
Il Ministero ha annunciato l’avvio prossimo della campagna vaccinale con i vaccini aggiornati e in concomitanza con la vaccinazione influenzale. Il vaccino sarà gratuito per tutti e consigliato soprattutto ai soggetti più fragili. La domanda è: ci sono molte vaccinazioni obbligatorie, soprattutto quelle per l’infanzia, e allora questa per il Covid deve rimanere volontaria per tutti? Anche per i soggetti più a rischio come gli anziani nelle RSA o come per gli operatori più a contatto con la popolazione più fragile? e per tutti non è forse necessaria una miglior attività di comunicazione dei rischi e dell’efficacia dei vaccini?
B) Isolamento:
Sarebbe forse opportuno chiedersi se diffondere un contagio non debba comportare anche delle responsabilità penali, come ad esempio è riconosciuto per l’AIDS.
Un conto è la complessità del controllo dell’isolamento dei positivi, come si è fatto per molti mesi dell’epidemia, un altro è invece limitarsi a riconoscere che chi contagia coscientemente è come se rubasse ad altri la salute. Quindi un contagioso può impunemente circolare in pubblico? E quando un contagiato lo si deve considerare contagioso?
C) Test diagnostici
La legge prescrive che un medico che fa diagnosi di malattia infettiva deve farne denuncia. Ma quest’obbligo non ce l’ha il malato anche quando si diagnostica da se, e così sfuggono del tutto le auto diagnosi di positività al Covid. Non sarebbe il caso di estendere ai malati l’obbligo di denuncia? E poi non sarebbe il caso di obbligare chi ha avuto una stretta frequentazione con un contagiato ad eseguire un test diagnostico? Così si individuerebbero degli asintomatici in più che sono i peggiori veicoli dell’infezione.
D) Mascherine
Nessuno le vuole più, ma forse non è solo perché si pensa che ormai siano inutili? La domanda è: qual è oggi l’utilità della mascherina in diverse situazioni? Ad esempio sui mezzi pubblici o negli ambienti affollati o in presenza di soggetti fragili. La mascherina presenta ancora il presidio preventivo più efficace? Se sì, perché abbandonarlo del tutto?
E) Aerazione ambientale
C’è l’evidenza che una frequente areazione degli ambienti chiusi, come ad esempio le classi scolastiche, eviti il diffondersi del virus in presenza di contagiati. Perchè allora non consigliarlo, o forse obbligarlo, nelle scuole e negli uffici?
F) Dati epidemiologici
I dati epidemiologici relativi al Covid oggi sono sicuramente molto carenti. Si rilevano solo i casi di tamponi positivi eseguiti nei laboratori e nelle farmacie, e sfuggono del tutto le autodiagnosi e gli asintomatici. Non sarebbe opportuno eseguire periodicamente una indagine di prevalenza? Ovvero coinvolgere i medici di base come vien fatto per la prevalenza dell’influenza? Ovvero stimarla negli accessi ai Pronto Soccorso, limitandola magari ai casi verdi? Si potrebbe così stimare anche la prevalenza di asintomatici!
Insomma la domanda fondamentale è: Non è il caso di continuare ad adottare le misure preventive più semplici, meno fastidiose e meno costose, per cercare di limitare la circolazione del virus? Ne avrebbe certamente vantaggio non solo la salute della popolazione ma anche l’economia! Quanto costano i giorni di malattia, anche solo non gravi? Si possono stimare almeno cinquantamila giornate di malattia da Covid al giorno. E se valutiamo 40€ a giornata, sono due milioni di euro al giorno. E i 2.700 letti occupati? Valutati anche solo a 750€ al giorno fanno altri due milioni di euro.
Si può inoltre calcolare che i decessi per Covid nel mese di settembre abbiano fatto perdere 3.300 anni di vita rispetto alla loro speranza media per età e genere, quindi circa 100 anni di vita persa al giorno. Se un anno di vita fosse valutato quarantamila euro, la perdita sarebbe di quattro milioni al giorno.
Con questi calcoli approssimativi, anche se per alcuni aspetti discutibili, il costo dell’infezione da Covid oggi può stimarsi in almeno otto milioni di euro al giorno, cioè almeno tre miliardi l’anno! Un calcolo approssimativo ma probabilmente non molto lontano dal vero, e non sono pochi … soprattutto di questi tempi!
Cesare Cislaghi
4/10/2023 https://epiprev.it/
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