Crudeltà maschili

Il concetto di femminicidio ha cominciato a imporsi, anche se, così come per i casi di stupro, finisce ancora tra le notizie di cronaca. Ciò che invece stenta a crescere è la capacità degli uomini di andare oltre l’appello alle istituzioni perché affrontino la situazione con qualche norma e con interventi di agenzie educative. Domina la delega, lo scaricabarile, il tirarsi fuori dalla responsabilità personale per andare alla radice del male. Del mettersi in causa in prima persona, scrive Paola Cavallari, non c’è ombra

Marisa Leo, uccisa, il 7 settembre 23, a Trapani dal suo ex compagno. Anna Lisa Fontana, uccisa dal compagno: il suo corpo è stato cosparso di benzina e poi dato alle fiamme, il 23 settembre. Liliana Cojita, prima picchiata e poi soffocata dal compagno il 21 settembre. Maria Rosa Troisi, uccisa dal marito il 20 settembre. Klodiana Vefa, uccisa dal marito connazionale la sera del 28 settembre. Aggiungo il nome di Saman Abbas (e quante Saman ci sono in Italia?) la cui uccisione assume, ultimamente, sempre più i tratti di un’escalation di tortura.

Altri nomi ancora, altri cadaveri ancora si aggiungono. È una carneficina, sotto varie forme, ma tutte efferate e selvagge. È una strage di donne, quella che in questi giorni di fine estate ‘23 (ma da tempo immemorabile, del resto) riveste di sangue il paesaggio italiano, perpetrata da uomini più o meno giovani, uomini più o meno soli o in branco, più o meno colti, più o meno abbienti. Uomini di ogni ceto sociale, di ogni grado di istruzione, di ogni latitudine, di ogni provenienza etnica. Ma sempre uomini: questo dato basilare è una datità innegabile, ma sottovalutata o misconosciuta nei discorsi dei media; sbiadisce nell’irrilevanza. Cosa ancor più grave, viene banalizzata nei commenti della stampa e dei siti; quelli orientati a sinistra – tranne rarissimi casi – non mancano nell’elenco dell’ignavia.

Viene da pensare a un macabro rito necrofilo, che gli omicidi sono “chiamati a celebrare”; “eroi” di un ordine simbolico in dissoluzione, l’ordine del Maschio, del fallologocentrismo. Sarebbero fedeli a sacre tradizioni che vedono franare, ad assetti arcani, a disegni divini, che i carnefici si incaricherebbero, pur sacrificandosi a volte, di restaurare. Paradossalmente, in questi gesti estremi, si annida un’eco che sconfina in un sacro demoniaco, in risonanza con l’ordito delle tragedie classiche. Ma una coscienza critica ha il compito di ribaltare tale lettura; e intravedere in tali reati il marchio di una pervicace rivalsa che osteggia e punisce la libertà femminile, un segno di resistenza feroce di chi si sente spodestato, nell’ambito della sfera privata, dal ruolo di un dominans che pretende di essere amato.

La geografia affettiva privata dei massacratori, infatti, è quasi tutta situata in una ragnatela di vissuti di “intimità”; erano state relazioni “d’amore”, le loro. Erano ex compagni, ex mariti, ex partner, a volte fratelli, quelli che assalgono barbaramente le donne e le finiscono. Ha ragione Lea Melandri quando insiste nel dire che non si può sbrigativamente affermare che quello non era amore. L’idea di amore che signoreggia nella nostra cultura è proteiforme, perverso e polimorfo, per usare una celebre endiadi. Si configura come un groviglio intrattabile, un’attrazione alla simbiosi con il/la partner, alla con-fusione. Che l’amore riattualizzi in tutti/e stratificazioni affettive remote e intrecci fusionali con il corpo materno è noto: può ravvivare forme di un attaccamento antico che resiste al tempo, in cui sono depositate, e perdurano vive e potenti, le esperienze vissute nell’infanzia con la madre: colei che nutre e accudisce incondizionatamente; fantasmi che contribuiscono ad alimentare l’immaginario di chi si fissa nel viversi come puer, infans (colui che non parla e quindi non decodifica). Fantasmi che, se non elaborati, diventano il brodo di cultura dell’immaturità della vita psichica maschile, dell’infantilizzazione del maschio che la cultura dominante consolida. Se la “propria” donna sceglie la sua vita, la garanzia dell’accudimento si frantuma: non è più la propria donna.

Paola Cavallari

11/10/2023 https://comune-info.net

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