Qualche domanda a un burocrate sionista
Una riflessione sarcastica e provocatoria sulle dichiarazioni e minacce di azioni repressive del ministro Valditara contro gli studenti che solidarizzano con il popolo palestinese
di Filippo Kalomenìdis*
«Se è vero che alcuni collettivi scolastici hanno inneggiato ad Hamas, alla morte dei ragazzi israeliani, vanno perseguiti dalla legge. Farò partire immediatamente nostre ispezioni nelle scuole coinvolte, chiedendo alla Procura di promuovere un’azione penale per odio razziale. L’azione di Hamas è infame. Queste persone devono essere perseguite dalla Procura della Repubblica e spero finiscano in prigione, sono di mentalità nazista, personaggi che devono essere isolati e condannati senza se e senza ma. Non è plausibile che alcuni sindacati o partiti li difendano… A quello studente farei vedere le immagini dei ragazzi aggrediti senza pietà mentre ballano nel deserto. Sai cosa vuol dire democrazia? Sai cosa vuol dire antifascismo? Antifascismo significa condannare queste cose». Giuseppe Valditara, ministro dell’istruzione e del merito
Signor Valditara, mi rendo conto quanto sia ipocrita la formula di rito “signor”, ma mi pare inevitabile, non fosse altro per mancanza di alternative che non implichino le conseguenze penali, scatenate di regola su chi vi avversa.
Esplicito subito che il mio rivolgermi alla sua persona è pura retorica.
Come Ghassan Kanafani, ritengo che il dialogo tra dominanti e oppressi sia un colloquio «tra la spada e il collo». Cito quindi le sue parole solo per esporre al pubblico disprezzo e alla rabbia politica delle nuove generazioni l’empireo che ogni giorno muove guerra loro, alla razza dei senza nulla.
La strumentalizzo, mi servo delle sue frasi, del suo agire soltanto per questo scopo.
Ho letto le dichiarazioni del 9 ottobre e sono felice di constatare che per lei “nazista” sia diventato un aggettivo spregiativo. Spero abbia consultato prima i suoi sodali, in particolare quelli con la fiaccola tricolore mussoliniana dentro il petto, nel simbolo di partito e le divise repubblichine dei padri conservate nell’armadio.
Sono esilarato dal fatto che un ministro, nominato da una coalizione che della discriminazione razzista fa religione, bandiera e norma, ora invochi azioni penali per istigazione all’odio etnico.
Mi ha regalato ancora un’omerica risata il suo ritenere d’improvviso la danza nella bolgia di un rave come un’espressione di democrazia, in confusa contraddizione con la campagna di criminalizzazione condotta dal governo Meloni contro i raduni musicali non autorizzati, sfociata nella legge 30 dicembre 2022 numero 199.
Chiaro che non erano certo i rave a spaventarvi, ma la libertà di manifestare e mobilitarsi nel territorio dello stato italiano. È sempre divertente però appurare la macilenza della memoria dei piccoli burocrati che guardano a Tel Aviv come il diamante più splendente e avanzato del liberismo occidentale.
Un’atroce e farsesco difetto nel suo caso, dal momento che è un accademico, ordinario di diritto romano e di diritti dell’antichità. Forse è per via di questa mancanza mnemonica che non conosce la differenza tra antisionismo e antisemitismo.
Un cratere cognitivo che affligge pure il suo predecessore Bianchi, tecnico del Partito Democratico, promulgatore di una circolare del MIUR del novembre 2021, vera e propria direttiva di comportamento filoisraeliano imposto ai docenti nelle scuole e nelle università della repubblica.
Adesso smetto di ridere, impresa non facile quando si ascolta il suo tono da attore mediocre, da cabotin in un’inconsapevole e pessima commedia.
Del significato autentico della parola “democrazia” a quelli del suo lignaggio non è mai importato nulla.
Se non nell’accezione del diritto illimitato del più forte che inscatola migranti e chiunque si opponga al vostro totalitarismo liberista nel cemento, nell’acciaio delle galere. Se non nell’accezione di «democrazia fascista», come la chiamava Concetto Marchesi, un uomo che di sicuro dalle sue parti non ricordano con piacere.
Non s’è accorto di quanto fosse mostruoso e assurdo richiamarsi ai principi dell’antifascismo, per difendere lo stato d’apartheid sionista che perpetra da settant’anni crimini contro l’umanità e lo sterminio di un popolo?
Come studioso di norme giuridiche non sa che la Convenzione di Ginevra del 1949 e il diritto internazionale, scritti dai sacerdoti dell’Occidente che l’hanno preceduta, sanciscono la lotta armata per la liberazione come legittima, protetta ed essenziale per ogni popolazione occupata?
Non s’è avveduto di quanto fosse grottescamente dispotico augurarsi che dei minori finiscano in carcere, rei d’aver espresso legittimamente entusiasmo per la rivoluzione palestinese, per di più lontana dai confini della sua nazione fondata sul colonialismo? Non sarebbe stato meglio ammettere che tra colonialisti si è parenti stretti e che quei confini tracciati derubando e massacrando i palestinesi sono anche vostri, sono quelli del vostro mondo libero (libero per pochi, bianchi, ricchi prescelti, ovvio)?
Soltanto nel mio luogo di nascita, la Sardegna, il suo ministero ha disposto entro il 2025 la chiusura di 40 scuole: perché non manda gli agenti della Digos a offrire istruzione e formare i nostri figli? Magari bastonandoli a sangue come a Torino, il 3 ottobre e altre miriadi di volte?
La consapevolezza storica, imposta dal suo ruolo, non le ricorda che un popolo, quando si libera da decenni di colonizzazione, quando la vita schiacciata si solleva e abbatte gli argini, opera una cesura con la vostra vile morale liberale? E altrettanto vale per i giovani che sostengono in tutta la loro bellezza la Resistenza Palestinese dall’Italia delle schiavitù capitalistiche a voi cara?
Tornando al rave nel Kibbutz Re’im, è disumano chi balla e festeggia sui cadaveri di generazioni di palestinesi, a pochi chilometri dal campo di concentramento di Gaza, dove quasi due milioni di persone sono condannate alla morte in esistenza? O chi pone fine alla raccapricciante gioia del carnefice che oltraggia a ritmo di musica la terra defraudata e le spoglie di fratelli e sorelle uccisi ogni giorno?
La dedizione alla funzione di burocrate sionista le impedirà di rispondere con sincerità a queste domande, persino interiormente. I vostri sudditi nemmeno le prenderanno in considerazione.
Lo faranno però a gran voce, con limpide parole-azioni, tanti studenti «politicizzati» (nel vostro surreale lessico repressivo, siete riusciti a dare una connotazione criminosa pure a questo attributo) stando accanto alla Resistenza Palestinese nelle piazze, nelle scuole e nelle università di ogni città. Nonostante i vostri sforzi polizieschi non riuscirete a ridurli al silenzio.
«Il muro tenta i prigionieri a saltare oltre, anche se solo in sogno.
Tenta i più forti a desiderare che Dio li abbia creati per volare come uccelli o ad arrampicarsi come l’edera.
Tenta le vittime a infiltrarsi e a penetrarlo come nelle fantasie dei cartoni animati. Le tenta a pensare di utilizzare il frantoio a ganasce, il trapano o gli esplosivi. Tenta qualcuno a fare della mera possibilità di muoversi una vittoria impareggiabile».
(da “Sono nato lì. Sono nato qui” di Murid al-Barghouti)
* Filippo Kalomenìdis, scrittore, docente di scrittura e militante politico. Ha pubblicato La direzione è storta – Reportage lirico sul Covid 19 e i virus del potere (Homo scrivens editore, 2021), e con il Collettivo Eutopia Per tutte, per ciascuna, per tutti, per ciascuno – Canti contro la guerra dell’Italia agli ultimi (DEA edizioni, 2022). È stato sceneggiatore per il cinema e la televisione.
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