Il caporalato in Friuli-Venezia Giulia

Un quadro della situazione nel Nord-Est, con il contributo di Marco Omizzolo, sociologo e ricercatore Eurispes

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Il caporalato è realtà anche in Friuli-Venezia Giulia, dove comincerà il processo relativo al fermo dello scorso febbraio di quattro persone accusate di intermediazione illecita e sfruttamento di manodopera, con le aggravanti di minacce, numero di braccianti coinvolti e minore età di due dei lavoratori.

Ad inizio 2023, infatti, attraverso una segnalazione anonima la Guardia di Finanza ha scoperto a Gorizia una trentina di persone di nazionalità rumena impiegate nel settore agricolo segregate in abitazioni fatiscentiammassate in spazi angustiminacciate e picchiate alla richiesta di un miglioramento delle proprie condizioni. I caporali fermati – tre di nazionalità rumena e uno di nazionalità moldava – reclutavano i braccianti prevalentemente nel distretto di Arad, tra i più poveri della Romania, promettendo un proficuo compenso che permettesse di contribuire al sostentamento delle famiglie rimaste nel paese d’origine tramite money transfer.

Una volta arrivati in Italia, però, i braccianti hanno vissuto una situazione ben diversa da quella promessa: 9-10 ore di lavoro al giorno, paghe irrisorie e discontinue, turni massacranti. Ricondotti la sera nei loro dormitori, venivano chiusi a chiave in attesa della giornata successiva. Minacciati e ricattati dai caporali, privati dei documenti d’identità, con la promessa della restituzione al termine della stagione lavorativa.

Gorizia non è un caso isolato: il punto sulla situazione regionale con Marco Omizzolo

Le inchieste degli ultimi anni hanno dimostrato quanto già evidente: il caporalato non riguarda solo il Sud Italia. Secondo quanto emerso dal V Rapporto Agromafie e Caporalato 1, infatti, 129 località su 405 interessate dal fenomeno si trovano nel Nord Italia – principalmente in Lombardia e in Veneto. Due le aree monitorate nel Friuli, entrambe a Pordenone, a cui si aggiungerà anche l’area di Gorizia. Nella regione il caporalato è particolarmente diffuso all’interno dei vigneti: braccianti provenienti da Romania, Pakistan, Afghanistan, India e Bangladesh, reclutati nei paesi d’origine dai loro caporali, in situazioni simili a quelle di tanti altri sfruttati e sfruttate del settore agro-alimentare della penisola.

Ne abbiamo discusso con Marco Omizzolosociologo e ricercatore Eurispes, da anni in prima linea nel contrasto allo sfruttamento lavorativo e al caporalato, in particolare nella zona di Latina e Sabaudia. «Bisogna premettere che ormai è accertato che il caporalato non riguarda solo il settore agricolo. Soprattutto in Friuli, il fenomeno è diffuso anche in altri settori: edilizia, logistica, servizi alla persona», chiarisce Omizzolo. Già nell’agosto 2021, infatti, a Pordenone l’Operazione “Faber Dacicus” aveva rivelato oltre 400 lavoratori irregolari impiegati nella fornitura di manodopera a favore di aziende terze, tra cui diversi cantieri navali a Monfalcone e Venezia.

Il caporalato in Friuli-Venezia Giulia presenta caratteristiche peculiari, importanti da analizzare e comprendere per una lotta efficace e puntuale: «in Friuli esiste una varietà culturale molto ampia, rispetto, ad esempio, alla zona, dell’Agro Pontino, dove il caporalato riguarda prevalentemente alcune comunità stanziali indiane o più in generale asiatiche», spiega Marco Omizzolo, che aggiunge «nella Regione, vista anche la collocazione geografica, vi è una presenza meno stanziale, resta una regione di transito nel quadro della Rotta balcanica».

Secondo i dati del Ministero dell’Interno 2, sono infatti 13.700 gli arrivi da inizio anno in Friuli-Venezia Giulia, con una forte presenza di minori stranieri non accompagnati. Tuttavia, la regione resta un punto di passaggio: la maggior parte dei migranti in arrivo in Italia vorrebbe raggiungere altri paesi europei in cui ha già una rete di contatti o una comunità forte su cui poter fare affidamento. «La destinazione dichiarata continua ad essere l’estero. Le attività della rete confermano questo dato, incontrando persone che passano pochissime ore a Trieste prima di riprendere il viaggio verso altri paesi europei», emerge dall’analisi dell’ICS – Ufficio Rifugiati 3. La vulnerabilità dei migranti in arrivo, a cui si aggiungono le recenti modifiche normative al sistema di accoglienza, stanno determinando e determineranno in futuro stati di fragilità e ricatto.

In tutta l’area del Nord-est, esistono poi differenze sostanziali anche nell’organizzazione della produzione del settore agricolo rispetto al resto della penisola. Ci racconta Omizzolo che «l’attività di intermediazione illecita, e cioè caporalato, nel Nord-est è più sofisticata: esiste diffusamente il fenomeno delle cooperative senza terra. Cooperative che si costituiscono all’estero, soprattutto nell’est Europa, a cui l’imprenditore affida l’attività di raccolta, applicando però sulla relativa manodopera i contratti del paese d’origine. Questo produce un dumping salariale notevole rispetto alla manodopera locale, la cooperativa corrisponde salari piuttosto bassi ai lavoratori, a cui equivalgono condizioni di vita altrettanto precarie».

Un’altra discrepanza rispetto ad altri territori italiani è poi l’alto profilo economico delle attività produttive e imprenditoriali nella zona, dai cui vigneti vengono prodotti vini di alta qualità venduti in tutto il mondo: «l’utilizzo di manodopera gravemente sfruttata indica che anche dove c’è un plusvalore economico elevato, c’è ugualmente sfruttamento e caporalato. Non è più produzione di massa con poco profitto – il pomodoro – ma merce che viene venduta a livello internazionale a cifre importanti», aggiunge Omizzolo.

Applicazione della 199/2016, ricerca e prevenzione, strumenti sociali avanzati: ecco cosa serve al Friuli per combattere il caporalato

Cosa serve dunque alla Regione per un contrasto efficace al fenomeno?

Un’applicazione rigorosa della legge 199/2016 sul caporalato 4, che prevede – tra le altre – anche un rafforzamento della Rete del lavoro agricolo di qualità, l’organismo istituito dalla legge 166/2014 per la creazione di una lista di imprese virtuose in materia di lavoro e legislazione sociale.

«La costituzione della Rete del lavoro agricolo di qualità a livello provinciale è di fondamentale importanza perché lascia l’attività investigativo-repressiva agli organi deputati, ma permette il raccordo tra tutte le parti: istituzioni, sindacati e associazioni datoriali», ci racconta Marco Omizzolo.

L’attività di studio e ricerca continua di un fenomeno in continua evoluzione ha allo stesso modo un ruolo centrale, «per avviare un lavoro di monitoraggio e riflessione avanzato che ci permette di anticipare il caporalato di domani. La Regione può intraprendere un percorso di investimento con università e istituti di ricerca che può risultare molto proficuo». Lo stesso Osservatorio Regionale Antimafia del Friuli, all’interno della relazione annuale di marzo 2023 5, pone al centro il ruolo degli Atenei, attraverso l’implementazione dei programmi di tirocinio e ricerca già precedentemente avviati, e coinvolgendo le Università all’interno dei Tavoli Tecnici, di raccordo con istituzioni e Enti del Terzo Settore.

Infine, «non bisogna soltanto concentrarsi esclusivamente sull’attività preventivo-repressiva, ma sono necessari allo stesso modo strumenti sociali avanzati. Serve un sostegno attivo a uomini e donne che denunciano, affinché possano realmente liberarsi dallo sfruttamento del padrone. Bisogna investire in servizi sociali, psicologi, mediatori e mediatrici culturali. Emerge la necessità di monitorare e intervenire anche sui tanti incidenti nascosti sul lavoro, in alcuni casi particolarmente gravi», conclude Omizzolo.

Anche il VI Rapporto Agromafie e caporalato dell’Osservatorio Placido Rizzotto ha acceso i fari su parti del Friuli-Venezia Giulia. «Lo stesso numero di vertenze aperte sul territorio è paradigmatico dell’ampiezza del fenomeno, che va contrastato con risolutezza, ma che può al contempo essere oggetto di prevenzione con l’attuazione dell’ecosistema normativo di cui si è dotato il nostro paese» 6.

In fondo ha solo avuto la certezza, la prova ultima, di quello che ha sempre intimamente saputo: il ragazzo era uno straniero venuto qui in cerca di lavoro, così come anni prima suo marito e in anni più recenti i suoi figli sono stati spinti a partire per cercare, a loro volta, lavoro. […]. Ognuno ha il suo Nord e il suo Sud. E questo le basta per spiegare il movimento che regola la Storia, le sue correnti sotterranee, il dipanarsi delle ingiustizie. (Alessandro Leogrande, Uomini e Caporali, 2008).

Il caporalato, nelle sue più ampie sfumature, si nutre della fragilità degli ultimi e delle ultime. Di tutti quei lavoratori e quelle lavoratrici, italiani o stranieri, in condizioni di estrema vulnerabilità, in un quadro di sfruttamento sistemico del mondo capitalistico, che ci permette di acquistare i pomodori a prezzi stracciati, senza interrogarci su chi abbia realmente pagato il prezzo della merce esposta.

Gettare semi di speranza, attraverso il lavoro costante di magistratura, sindacati, associazioni e persone comuni, ci permetterà un giorno di raccogliere frutti di imprese virtuose, in cui non esiste spazio per lo sfruttamento, il ricatto, le percosse e le minacce, ma solo dignità e giustizia sociale.

  1. Scarica il rapporto
  2. Rotta balcanica, in otto mesi 13.700 arrivi in Friuli Venezia Giulia, RaiNews24
  3. Aggiornamento sulla situazione dei migranti in arrivo dalla rotta balcanica – gennaio/luglio 2023 – ICS (23 agosto 2023)
  4. LEGGE 29 ottobre 2016, n. 199
  5. Osservatorio regionale antimafia – Relazione annuale aprile 2022/marzo 2023
  6. Caporalato a Gorizia, Flai Cgil: “Un’emergenza perenne in ogni parte della penisola” ha dichiarato Jean René Bilongo, presidente dell’Osservatorio

Albertina Sanchioni

11/10/2023 https://www.meltingpot.org/

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