Gaza, “l’umanesimo dei cannibali”

“L’umanesimo dei cannibali”; prendiamo a prestito da Aleksej Belov questa espressione che, su Fond Strategiceskoj Kul’tury, la usa in riferimento all’atteggiamento del “Occidente collettivo” verso la condotta terroristica della guerra da parte di Israele, “benedetta” quasi all’unanimità dai cannibali che si sono alternati a portare l’indulgenza, per colpe passate e future, al macellaio di Tel Aviv, che da due settimane sta rubando scena e (miliardi di armi) al nazigolpista-capo di Kiev.

Ursula von der Leyen, Roberta Metsola, Antony Blinken, Lloyd Austin, Annalena Baerbock, James Cleverly, Catherine Colonna, Joe Biden, Emmanuel Macron, Olaf Scholz non si sono risparmiati per intercedere presso l’altissimo per l’anima di Benjamin.

«Noi condanniamo la violenza dei terroristi» ha proclamato Scholz; in «questo momento il posto della Germania è uno solo: accanto a Israele». Una associazione di parole che espone alla perfezione il perenne atteggiamento non solo teutonico, ma dell’intera “civiltà occidentale”, delle “libere democrazie”, verso il cosiddetto “ordine mondiale”: finché esso si regge su muri, recinzioni, galera, assassinii e razzismo, la “pace” è assicurata. Non appena gli schiavi osano ribellarsi, diventano “aggressori” e “terroristi”. E, a detta dei sensali dello “scontro di civiltà”, i terroristi stanno, per definizione, da una parte sola e “tengono in ostaggio” quella che, per i loro parametri, è “l’unica democrazia nel Medio Oriente”.

In questo modo, sbattono in faccia al resto del mondo, che non sta dalla loro parte, quale sia la loro “democrazia”, la democrazia cui oggi liberali, reazionari e guerrafondai tolgono l’ultimo velo. È la loro “democrazia”: democrazia per potenze razziste e coloniali e invece spietata e sanguinaria dittatura su popoli che si ribellano, rivendicando il diritto a un’esistenza dignitosa e non a lager, apartheid, cannoneggiamenti, i cui modelli sono presi a prestito dal più spietato arsenale nazista.

“Terroristi” da una parte e democrazia dall’altra: in questo modo, la scelta è sicura. Così come quella tra “aggredito e aggressore”, rimessa in auge per sostenere i nazigolpisti di Kiev e buona per ogni tempo e luogo. Quale democratico avrà dubbi sulla parte con cui schierarsi? Solo che il giochetto è saltato: decine di Stati e milioni di persone in tutto il mondo non hanno esitato a prendere posizione contro i terroristi che governano uno stato messo in piedi e foraggiato per salvaguardare con la forza delle armi gli interessi euro-atlantici in Medio Oriente, e sono stati invece unanimi a sostenere la lotta di un popolo oppresso che si ribella a 75 anni di colonizzazione della propria terra da parte di un potere sionista.

Per fare il paio con la Kiev majdanista e neonazista, manca soltanto la qualifica di “resistente all’aggressore islamico” attribuita a un esercito forte di aerei, carri armati, missili, che spiana interi villaggi, bombarda ospedali, massacra migliaia di persone e ne tiene in ostaggio qualche milione. Loro sono “resistenti”; coloro che si oppongono, anche con le armi, al massacro, sono “terroristi”. I “partigiani” ucraini che “resistono all’aggressione russa”; i “resistenti” nazisti del bunker della Cancelleria nel 1945; i resistenti che “hanno diritto a difendersi come meglio credono” dagli attacchi palestinesi: una “difesa” trasformata in genocidio.

Quali nobili figure erano invece, per usare esempi dalla Russia, i “combattenti” di Šamil Basaev, che nel giugno 1995 avevano catturato millecinquecento ostaggi a Budënnovsk, nella regione russa di Stavropol, causando la morte di centotrenta persone: per i media liberali erano “combattenti indipendentisti” e “resistenti ceceni”. Lo stesso per i circa novecento ostaggi del teatro di Dubrovka, a Mosca, nelll’ottobre 2002, ancora con quasi 150 vittime; oppure per gli oltre mille ostaggi della scuola di Beslan, nel settembre 2004, con trecentotrentatre uccisi, di cui 186 bambini.

Nel 2015, quando col pretesto della lotta al terrorismo, più acuta si mostrò la militarizzazione delle città occidentali, il leader ceceno Ramzan Kadyrov, che di lotta armata al terrorismo di radice islamista ne sa qualcosa, disse, tra l’altro: «continua la politica del doppio standard: alcuni terroristi vengono perseguiti, ad altri si accorda amorevole protezione. Pensano che ci siano terroristi buoni e terroristi cattivi», e l’Occidente sa bene come pascere e contro chi indirizzare il “terrorismo buono”.

Sempre in quell’anno, dopo un attacco islamista a Grozny che causò la morte di quindici persone, vari deputati della Rada golpista ucraina arrivarono a proporre di profittare degli attacchi per aprire un secondo fronte contro la Russia, fornendo appoggio e basi ai terroristi islamisti ceceni, e i media occidentali, con la solita distaccata “imparzialità”, parlarono ancora una volta di “movimenti indipendentisti ceceni”. Come sempre, quando a essere in pericolo sono gli interessi occidentali, si tratta di terrorismo; in caso contrario, si tratta di insorti per una “giusta causa”.

Così, ecco i “combattenti per la libertà”: è sufficiente dividere il mondo tra “i nostri” e “gli altri”; i primi non possono che essere rispettabili, non possono che essere sostenuti, qualunque strage, crimine commettano, qualsiasi orrore mediatico allestiscano: essi difendono il “mondo libero”. Gli “altri”, sono terroristi per definizione, perché attentano alla “nostra pace”, al “nostro ordine”, alla “nostra” sicurezza di poter tranquillamente sfruttare popoli, terre, risorse altrui.

Hamas è la più grande minaccia per il popolo palestinese, ha detto a Tel Aviv il ministro britannico James Cleverly, perché Hamas si nasconde negli ospedali e nelle scuole, usando bambini e donne come scudi umani. Lasciamo al signor Cleverly di credere alle parole che dice. Di sicuro, non si è mai sentito alcun rappresentante del “mondo libero” dire che battaglioni e reggimenti ucraini e neonazisti costituiscano una minaccia per il popolo ucraino. Eppure, provate a chiedere ai civili obbligati a fare da scudi umani ai nazisti di “Azov” asserragliati nei sotterranei di “Azovstal”; oppure ai condomini degli edifici civili nei cui cortili le truppe ucraine, sin dal 2014, sistemavano razzi “Grad” e obici semventi.

E, a proposito dell’Ucraina, prendiamo di nuovo a prestito le parole di Aleksej Belov: «Sapete chi meglio di altri ha espresso l’atteggiamento dell’Occidente collettivo, di cui Israele è ovviamente parte integrante, verso gli eventi in Palestina? Salutando i soldati in partenza per Israele, un comandante ucraino ha detto letteralmente: “Domani i nostri colleghi partono per Israele per combattere qugli idioti bastardi”», “bestie sotto sembianze umane”, diceva Joseph Goebbels e come dicono oggi a Tel Aviv.

Questo è l’atteggiamento tipico della limitata “civiltà occidentale”, di quello scoglio semisommerso in mezzo all’oceano del resto del mondo. Da comunisti, vien da dire che, quando agiscono alla maniera dei terroristi con la stella di David, quella “civiltà” non abdica alla democrazia e, semmai, proprio questa è invece la loro “democrazia”, che si manifesta appieno quando lo scontro tra popoli oppressi e potenze imperialiste e coloniali assume la forma della rivolta, anche armata, come è il caso del popolo palestinese.

Fabrizio Poggi

22/10/2023 https://www.lantidiplomatico.it/

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