Le cause dalla prevenzione che non c’è

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Infortuni, morti sul lavoro malattie professionali

Prevenzione. Parola importante, ma trascurata. Dal latino “prae-venire”: arrivare prima. Di cosa? Di un fatto sgradevole. Di una malattia. Di un danno di qualche natura. Concetto intelligente e importantissimo. In sostanza: imparare dai propri errori. Il modus operandi che ha consentito l’umano progresso. A partire dalla comprensione brutale tra commestibile e tossico. Prima dell’agricoltura (5000 a. C.) i raccoglitori/cacciatori per capire cosa mangiare/bere ne davano un assaggio al malcapitato di turno. Se sopravviveva senza particolari problemi, il frutto, la bacca, la carne dell’animale ucciso, il pesce, la fonte d’acqua diventavano cibo/bevanda e la notizia veniva tramandata alle generazioni successive: si chiama esperienza.

Prevenzione. Arrivare prima a capire le potenziali cause di danno, abbattendo la probabilità, cioè il rischio, che, per dire, un banchetto si trasformi in una strage. Oggi non è più così. Eppure la scienza, negli ultimi cent’anni, ha fatto passi da gigante nella comprensione della realtà. Oggi capiamo molto meglio le cause e di come portino a determinati effetti. Ma la prevenzione, cioè l’arrivare prima che il danno si manifesti, spesso in modo brutale, viene trascurata o, talora, neppure presa in considerazione.

Ormai lo capiamo dalle evidenze, le più disparate: alla sicurezza delle persone e dell’ambiente in cui viviamo si è privilegiato la sicurezza dell’incasso, cioè del profitto. Negli ultimi cent’anni, con una spaventosa accelerazione negli ultimi quaranta, la cosiddetta “libera economia”, cioè, ripetiamolo per chiarezza, il liberismo turbocapitalista, modello di sviluppo egemone, a qualsiasi latitudine, ha immesso nell’ambiente migliaia di sostanze “artificiali” praticamente quasi senza porsi una domanda banale, ma fondamentale: quali effetti dannosi potrebbero avere sugli esseri umani (qualità della vita), sugli animali (cibo), sulle piante (cibo), sull’acqua (vita), sull’ambiente nel suo complesso (scompensi climatici, inquinamento)?

Abbiamo perso la nostra intelligenza “naturale”, quella che ci derivava dalla “esperienza” dei nostri antenati, quella che aveva come concetto cardine: prima “il collettivo” (da solo, non vai da nessuna parte) e dopo “l’individuo”, per affidarci, in modo presuntuoso ed arrogante (abbandonando, perigliosamente, il senso del limite), ad una presunta “intelligenza artificiale”. Basata su algoritmi che hanno come filosofia di fondo (e si comportano di conseguenza) la crescita senza limite, scritti da chi, come unico obiettivo, ha l’incremento del profitto per pochi (la privatizzazione dei profitti) e la distribuzione delle perdite al resto dell’umanità (detta anche socializzazione delle perdite). La sicurezza, che è il risultato di una prevenzione ben attuata, non è al sicuro. Chi ne paga le conseguenze? Con la vita. Spesso. O con la perdita della salute? I lavoratori. Quelli che si guadagnano da vivere con il lavoro.

Se manca la prevenzione primaria, che ha come obiettivo l’abbattimento dei rischi alla fonte, la morte può sopraggiungere come un treno nella notte ai cento all’ora (infortunio), oppure inghiottirti in modo lento ed inesorabile, come un tumore causato dal lavoro per la mancata prevenzione di trenta-quarantanni fa (malattia professionale).

La differenza? I cinque morti sotto il treno fanno notizia perché si vedono. Inoltre si configurano come brusco aumento della media dei morti giornalieri che, vivaddio, è “solo” di due e mezzo al giorno. La politica, il sindacato fanno un po’ di piagnisteo, rilasciano interviste a favore di telecamera. Ma tutto resta come era. Per i morti di tumore professionale, che sono dieci volte tanto (circa novemila all’anno), non succede neanche questo. Silenzio. Tombale. In senso non solo metaforico.

Occorre che torniamo a pensarci “ancora dietro al motore, mentre facciamo correr via la macchina a vapore, e che ci giunga un giorno ancora la notizia, di una locomotiva, come una cosa viva, lanciata a bomba contro l’ ingiustizia, lanciata a bomba contro l’ ingiustizia, lanciata a bomba contro l’ ingiustizia!”

Riccardo Falcetta

Medico del lavoro. Torino
Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute

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