La beffa delle pensioni: basta fare due conti
Un’analisi di Cgil e Spi mostra i tagli pesanti agli assegni per colpa degli interventi sulle rivalutazioni. “Si continua a fare cassa su chi ha lavorato per una vita”
Per il biennio 2023-2024 gli italiani avranno una bella sorpresa sotto l’albero di Natale: una pensione netta di 1.786 euro al mese subirà un taglio di 962 euro. Taglio che arriva a 4.849 euro lordi per un importo di pensione netta pari a 2.735.
Peggio della Fornero
È il frutto avvelenato della scure sulle rivalutazioni. Durissimo il giudizio della Cgil. “Il governo Meloni fa cassa sulle pensioni. Infatti, oltre ad essere riusciti nell’impresa clamorosa di peggiorare la legge Montefortino, azzerando qualsiasi forma di flessibilità in uscita, continua a tagliare per migliaia di euro la rivalutazione delle pensioni”. Così la segretaria confederale della Cgil Lara Ghiglione.
Dura anche la presa di posizione dello Spi Cgil: “Questo esecutivo con la legge di bilancio dello scorso anno – spiega la segretaria nazionale Tania Scacchetti – aveva introdotto sia per il 2023 che per il 2024 un meccanismo di rivalutazione fortemente penalizzante per le pensioni con trattamenti superiori a 4 volte il trattamento minimo, pensioni di poco superiori alle 1.600 euro nette, altro che pensioni ricche”.
Perdite che, ovviamente, si trascinano naturalmente negli anni e non sono più recuperabili. Attacca Scacchetti: Nei fatti, per legge, si decide che non si possono garantire importi adeguati all’aumento del costo della vita. E lo si fa su quella parte della popolazione che ha lavorato per una vita e che sostiene il welfare di questo Paese aiutando spesso figli e nipoti”.
Impatto durissimo sugli assegni
I dati vengono da un’analisi dettagliata condotta dal dipartimento previdenza della Cgil e dello Spi. “Questi tagli proiettati sull’attesa di vita media – si legge nell’analisi – raggiungono importi elevatissimi, si parte da 6.673 euro netti per un pensionato con una pensione netta di 1.786 euro, fino a raggiungere 36.329 euro nette, per una pensione di 2.735 euro nette”.
Pensioni: lo studio Cgil e Spi
Come se non bastasse, il governo ha intenzione di cambiare dal 2027 gli indici con cui calcolare la rivalutazione delle pensioni, sostituendo l’attuale indice di perequazione con il deflatore Pil.
Sembra un tecnicismo, ma non lo è. Lo studio dimostra che “questa modifica avrebbe un impatto gravissimo sulle pensioni, con una perdita mensile di 78 euro per una pensione di 1.786 euro nette e di 230 euro per una pensione di 2.735 euro nette. Dati che se proiettati sull’attesa di vita media, raggiungono importi che variano tra 18.019 euro fino a 35.051 euro di mancato guadagno”.
“Anziché fare una lotta serrata all’evasione fiscale e contributiva – accusano Ghiglione e Scacchetti – si vuole proseguire tagliando le pensioni, prendendo le risorse dai soliti noti, già gravati da un carico fiscale iniquo. Non c’è nessuna equità in queste scelte, soprattutto per una fascia di popolazione che ha solo questo strumento per tutelarsi, almeno parzialmente, dagli incrementi del costo della vita indotti dalla crescente inflazione”.
Giovani all’angolo
“Chi governa – sostengono le dirigenti sindacali – spesso parla di solidarietà fra le generazioni con l’obiettivo di mettere i pensionati di oggi contro i giovani. In realtà in questa legge di bilancio non c’è nessun investimento per i giovani e si continuano a tagliare i pensionati”.
Da tempo – concludono Ghiglione e Scacchetti – chiediamo al governo di cambiare strada, con un intervento sugli extra-profitti e sulle grandi rendite, ma la verità è chiara, l’esecutivo ha scelto di continuare a manomettere il meccanismo di rivalutazione, per recuperare risorse dalle tasche dei pensionati, la strada probabilmente più semplice”.
18/11/2023 https://www.collettiva.it
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