La mela col morso e gli schiavisti
Da alcuni anni la Foxconn – grande impresa di Taiwan che fornisce lavoro a costi irrisori – per conto del noto gigante che si fregia della Mela col morso si impegna a reclutare giovani donne dalle aree rurali più povere del sud dell’India. Le impiegate sono obbligate a lavorare otto ore per sei giorni a settimana con un contratto senza alcuna garanzia e possono essere licenziate in qualsiasi momento per qualsiasi motivo. La paga oraria, in euro, è di circa 80 centesimi. Le donne sono ospitate in dormitori a dieci per stanza con i letti a castello. In caso di affollamento, le ultime arrivate dormono sul pavimento. L’alloggio si trova a 60 chilometri dalla fabbrica, costringendo le operaie a viaggiare fino a due ore al mattino per andare al lavoro e due per tornare. Inoltre, la Foxconn detrae metà del guadagno delle lavoratrici in cambio della lussuosa dimora, di cibo scadente e per il rapido ed efficiente trasporto. Il ciclone che sta attraversando in questi giorni l’India ha momentaneamente fermato la catena del lavoro schiavo
C’era una volta un sacco di roba che c’è ancora, maledizione. Eccome se c’è e non sparisce di certo se non ci pensi, eviti di parlarne o riesci a dimenticare che esista. Nonostante da tempo non sia più un segreto, ovvero uno scandalo di quelli silenziati man mano che si avvicina in alto.
C’era una volta, quindi, il celebre libro di Naomi Klein uscito circa vent’anni fa, No Logo, che di recente sto rileggendo in inglese, guarda che razza di ingenuo testardo che sono. Come a cercare di imprimere fatti e concetti anche nella lingua originale.
C’era una volta altresì qualcosa che esisteva da ben prima del comunque lodevole quanto prezioso saggio della giornalista, scrittrice e attivista canadese.
C’era una volta in breve, si fa per dire, lo sfruttamento dei lavoratori nei paesi emergenti o del terzo mondo. Ma anche la delocalizzazione della produzione, la manodopera a basso costo, il neo e post colonialismo industriale, il liberismo e il capitalismo.
In breve, davvero, c’era una volta una specie di crimine ai danni della trascurabile umanità a vantaggio di una minoranza di privilegiati, che ai tempi del necessario volume della Klein si vantavano o vergognavano di possedere scarpe e magliette griffate Nike, mentre oggi si fregiano di essere riusciti ad acquistare l’ultimo iPhone sul mercato.
Per la cronaca, ovvero la storia di oggi, era il 1974 quando l’azienda Foxconn, la più grande fornitrice di lavoro a basso costo nell’ambito della microelettronica per conto dell’industria statunitense venne fondata a Taiwan, all’epoca sotto il dominio di Chiang Kai-shek, il dittatore sostenuto dagli Stati Uniti. La legge marziale fu mantenuta sull’isola fino al 1987 e i sindacati furono banditi.
Negli anni ‘80 comincia il sodalizio con Microsoft, Intel e soprattutto Apple. I lavoratori senza diritti in quegli anni venivano raggruppati in case fatiscenti e costretti a fare ogni giorno tre o quattro ore di straordinari non pagati e senza ferie. La produzione era esclusivamente riservata all’esportazione.
Da allora sono passati più di 40 anni ed eccoci nel sud dell’India, vicino Chennai, nello Stato chiamato Tamil Nadu.
Da queste parti da alcuni anni la Foxconn, per conto della Mela col morso, anzi, che a sua volta morde e sbrana, si impegna a reclutare giovani donne dalle aree rurali più povere. Le impiegate sono obbligate a lavorare otto ore al giorno per sei giorni a settimana, distribuite su tre turni, con un contratto senza alcuna garanzia e possono essere licenziate in qualsiasi momento per qualsiasi motivo. La paga oraria è di circa 80 centesimi, in euro. Le donne sono ospitate in dormitori a dieci per stanza con i letti a castello. In caso di affollamento, le ultime arrivate dormono sul pavimento. L’alloggio si trova a 60 chilometri dalla fabbrica, costringendo le operaie a viaggiare fino a due ore al mattino per andare al lavoro e due per tornare. Inoltre, la Foxconn detrae metà del guadagno delle lavoratrici in cambio della suddetta lussuosa dimora, cibo scadente che spesso fa ammalare le poverette e per il rapido ed efficiente trasporto.
Nel dicembre di due anni fa ci sono state delle veementi proteste e la “generosa” azienda ha promesso di eliminare il pavimento come soluzione per poter riposare qualche ora e, udite udite, di fornire acqua corrente invece del serbatoio nel cortile.
Perché la produzione, si legga pure come il più infernale tra gli spettacoli, deve andare avanti, ovvero affinché dalle nostre parti, tra le altre, poche fortunate, le vetrine dei negozi siano prontamente rifornite dell’ultimo modello del cellulare più ambito e costoso tra tutti.
Finché a intervenire non ci ha pensato la madre Terra, malgrado nel modo peggiore che le resta. Si da il caso che per colpa del ciclone Michaung che in questi giorni sta funestando l’India, sono morte 8 persone. Tuttavia, al contempo, la Foxconn è stata costretta a fermare la catena di montaggio e a chiudere i battenti.
In attesa della ritrovata clemenza del clima, credo dovrebbe far riflettere sapere che una sconvolgente alluvione sia l’unico e forse ultimo alleato efficace che resta alle lavoratrici sfruttate nei sotto mondi di questo nostro disumanizzato pianeta…
Alessandro Ghebreigziabiher
6/12/2923 https://comune-info.net/
fonte: Storie e Notizie
Immagine: Greenpeace Switzerland/flickr, CC BY-NC-ND
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!