Il 30 ottobre facchini della logistica in lotta: paura non hanno.
Mohammed è laureato in giurisprudenza e lavora in un magazzino delle cooperative all’Interporto di Bologna. Non stupisca il titolo di studio, molti degli immigrati che lavorano nella logistica hanno studi molto elevati. Quasi sempre ne sanno più di chi li comanda, che fino a poco tempo fa li trattava con la durezza ed il disprezzo dei caporali. Fino a poco tempo fa, perché come mi ha detto Mohammed, da quando sono cominciate le lotte nella logistica le cose sono cambiate. Prima il capo mi chiamava con un fischio, ora mi dice: signor Mohammed…
Erano un migliaio, almeno, i facchini di tante nazioni che hanno completamente bloccato il 30 ottobre l’Interporto di Bologna, un centro logistico enorme, dove si smistano le merci tra autocarri e grandi capannoni che fanno venire in mente quelli di Mirafiori o delI’Ilva, per l’estensione e le migliaia di persone che vi lavorano. L’Interporto era deserto, salvo i picchetti degli scioperanti e qualche crumiro incallito vagante, soprattutto dipendente della cooperativa MrJob. Questa azienda ha licenziato nove operaie che ora sono in causa e non solo per questo, ma perché hanno denunciato molestie sessuali dei capi. MrJob lavora per Yoox , l’impresa che vende abbigliamento on line e che ha ricevuto i pubblici elogi di Renzi. Che sui padroni non ne sbaglia uno.
Cantavano le donne e gli uomini ai picchetti e soprattutto gridavano “scioperò scioperò”, con l’accento, e “il facchino paura non ne ha!”
Già il facchino, quello che arriva fino a casa per consegnare il pacco che si ordina per internet. È l’ultimo anello di una catena di smistamento e vendita delle merci sulla quale si organizzano colossali impianti in mano ad aziende sempre più grandi, di cui la multinazionale Amazon è una delle più conosciute. Le merci possono essere prodotte in tutti gli angoli della terra, ma poi devono arrivare al consumatore e sempre più in fretta. Si impiantano così grandi centri logistici dove affluiscono prodotti da tutto il mondo e dove grazie al lavoro di migliaia di operaie e operai, in gran parte immigrati, questi vengono scaricati e caricati, smistati, impacchettati. Questi uomini e donne inizialmente son stati assunti con salari di fame e turni massacranti, sotto la minaccia di tutti i ricatti possibili a partire da quello sul posto di lavoro ed il permesso di soggiorno.
Ma qui i capitalisti han fatto un errore che ricorre nella loro storia. Non hanno tenuto conto del fatto che tante persone messe assieme prima o poi si ribellano alla sopraffazione e allo sfruttamento. Un sindacato di base, il SICOBAS, ha concentrato tutte le sue energie nel dare sostegno e organizzazione alle lotte che nascevano tra i facchini. E così in pochi anni un movimento di lotta e sindacalizzazione da anni 70 del secolo scorso, ha coinvolto uno dei settori più innovativi del mercato globale, nel quale si diceva superato il conflitto sociale. Un poco alla volta un vasto movimento di lotta e rivendicativo ha toccato centri logistici e grandi mercati all’ingrosso, aziende committenti e cooperative in appalto. I salari han cominciato a crescere, i diritti anche e con essi il bene più prezioso, la dignità. Signor Mohammed è la più grande conquista, che ricorda quando DiVittorio dava merito a quella Cgil di aver insegnato al bracciante di non togliersi il cappello quando passa il padrone. Va detto che la Cgil di oggi non è molto popolare tra i facchini che l’accusano assieme a Cisl e Uil di complicità con la catena dello sfruttamento da cui si stanno liberando.
Il 30 ottobre tutti i principali centri logistici d’Italia son rimasti bloccati dallo sciopero nazionale dei lavoratori, che ora chiedono il rinnovo del contratto nazionale. Il contratto dei facchini, parola d’altri tempi che evocava fatica e lavoro servile e che che ora è diventata emblema di orgoglio e dignità.
Certo la vertenza sarà difficile, già si sono mosse le istituzioni più varie contro di essa, compresa quella autorità che oramai funzione solo come macchina repressiva del diritto costituzionale a scioperare.
I lavoratori della logistica sono in lotta per il contratto e magari sono costretti a farlo per tante altre cose. Alcuni di coloro che erano al picchetto di Bologna avevano anche subito assieme alle famiglie il feroce sgombero del palazzo ExTelecom.
Nessuno si nasconde la durezza del conflitto, ma i facchini non hanno paura e insegnano a non averne a tanti che di quella loro lezione hanno un grande bisogno.
Giorgio Cremaschi
310/10/2015
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