«NON SONO DEI NUMERI»
«È qui, a Lashkar-gah, che ho iniziato la mia esperienza con Emergency. Sette anni fa, era dicembre 2008.
Come me sono diversi i colleghi infermieri che hanno fatto lo stesso percorso, che hanno vissuto Lashkar-gah allora e che ancora oggi sono qui, in Afghanistan, a fare il proprio lavoro.
Sono Dimitra, Michela, Giorgia, Sabrina, Dejan… e molti altri che con me hanno visto e vissuto l’evoluzione del conflitto in questi ultimi anni.
Non ci sono dubbi sul peggioramento della situazione, sull’incremento dei feriti e della brutalità del conflitto.
Non ci sono dubbi sul fatto che da allora tanto, troppo è cambiato.
Chi era qui prima di noi ci racconta di come fosse diverso, di come fosse possibile arrivare in macchina a Lashkar-gah da Kabul. Tutto questo io non l’ho visto: quando sono arrivato, la situazione era già compromessa.
Questi anni di conflitto hanno rubato tanto alla vita degli afgani: le case, il lavoro, la famiglia, ma più di tutto la speranza.
I nostri colleghi si chiamano Shams, Shawali, Abdul Ghafar, Rahmat, Hamyun, Koshal Faizullah… Nei momenti più difficili, come ora, si raccolgono intorno a noi, ci stanno vicini, negli anni si sono sviluppati non solo l’affetto che si ha per delle persone che hanno condiviso tanti momenti ma anche stima e fiducia reciproca.
Si sentono orgogliosi di noi e della volontà di continuare a lavorare nonostante tutto. Noi siamo orgogliosi di loro, costretti a vivere nella precarietà, nell’insicurezza, nel dubbio. Ogni mattina, quando escono per venire al lavoro, sanno che potrebbero essere feriti sulla strada, o che potrebbero ritrovare un parente o un amico tra le vittime di guerra da curare. La vita quotidiana spinge questi pensieri in un angolo della mente, nascosto e remoto perché altrimenti non sarebbe possibile lavorare, occuparsi della quotidianità, vivere. Ma basta fare un giro tra le corsie dell’ospedale per rendersi conto che questi pensieri, spesso, diventano realtà.
Basta guardare Zainullah, Arifa, Parwana, Samiullah: insieme non arrivano a dieci anni di vita e già lottano per sopravvivere.
Momenti di tensione come quelli che si vivono ora a Lashkar-gah non ci dividono, al contrario: costruiscono relazioni, ci rendono più forti.
Perché un ospedale come il nostro a Lashkar-gah ti si infila sotto la pelle e non se ne va più. Perché ora più che mai ci sentiamo tutti parte di un’idea, di un progetto, di un obiettivo da raggiungere. Emergency è qui per questo e nei momenti di tensione non possiamo che dare il nostro meglio. Dobbiamo farlo.
Vorrei poter nominare tutti, vorrei che li conosceste tutti anche voi. I nostri pazienti, i nostri colleghi.
Non sono dei numeri, delle statistiche o degli “effetti collaterali”. Sono persone. E come tali dovrebbero essere considerati, sempre».
– Luca
coordinatore di Emergency in Afghanistan
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