Un chirurgo britannico racconta l’orrore vissuto negli ospedali di Gaza

Bambini feriti lasciati a terra soli e semicoscienti, malnutrizione, sovraffollamento, nessun sistema igienico-sanitario e di acqua corrente, infezioni e mosche in sala operatoria che riposavano sul petto dei pazienti. Il tutto mentre il ronzio spaventoso dei droni telecomandati di precisione circondava la zona. È questa l’immagine descritta dal professore Nick Maynard, 61 anni, chirurgo dell’ospedale universitario di Oxford che da dieci anni per volontariato forma medici anche all’ospedale dei martiri di Al-Aqsa nel centro di Gaza. Maynard si trovava a Gaza all’inizio del conflitto e lì è rimasto fino a venerdì scorso, quando un attacco missilistico ha danneggiato l’unità di terapia intensiva costringendo i sanitari a costruire un centro di tende e rifugi improvvisati, continuando a fare il possibile per salvare vite umane. Di ritorno ha raccontato la sua esperienza al quotidiano britannico Telegraph, in una intervista che rappresenta un punto di vista essenziale per capire gli effetti devastanti sulla popolazione civile di una guerra che è valsa ad Israele l’accusa di genocidio presso la Corte di Giustizia Internazionale. «È stata la cosa peggiore che abbia mai visto nei miei 35 anni di carriera medica», ha dichiarato il chirurgo. Il medico ha riferito inoltre la testimonianza di alcuni colleghi i quali assicurano che non c’è prova che l’ospedale Al-Shifa fosse utilizzato da Hamas, accusando Israele di «prendere di mira direttamente le strutture sanitarie con l’obiettivo di disabilitare completamente il sistema sanitario a Gaza».

Il professor Nick Maynard all’interno dell’ospedale. Credits: Prof Nick Maynard/MAP

Il professor Nick Maynard è un chirurgo consulente del tratto gastrointestinale superiori con sede ad Oxford, con oltre venticinque anni di esperienza nel settore e insegna chirurgia a Gaza dal 2010. In qualità di chirurgo esperto, si è occupato principalmente di gravi lesioni da esplosione all’addome e al torace. Tra le esperienze peggiori del suo ultimo viaggio – gestito dall’organizzazione benefica britannica Medical Aid for Palestines (MAP) – vi è un bambino di sei anni avvolto in una coperta, disteso a terra solo e semicosciente. Il paziente aveva riportato un trauma cranico, il suo copro era coperto di ustioni ed il suo petto era stato squarciato da una ferita da scheggia. «Non aveva parenti con sé e non era stato visto da nessun infermiere o medico. Si poteva vedere l’aria che veniva risucchiata e poi ribolliva fuori. Gli abbiamo messo delle flebo per drenare l’emorragia nel petto, abbiamo cercato di coprire le sue ustioni perché tremava. È stato terribile. La tragedia è che non so se sia sopravvissuto», ha dichiarato Maynard. Il tutto a causa del sovraffollamento incontrollato: l’ospedale Al-Aqsa ha una capacità di circa 150 pazienti, ma durante l’esperienza del chirurgo sono stati raggiunti picchi da 700 persone in stato di necessità.

Il medico ha aggiunto che ogni giorno arrivavano diverse centinaia di persone e che il sistema di priorità per colori era guasto. Inoltre, nei periodi in cui la zona era interessata da bombardamenti aerei, molti pazienti sono stati portati all’ospedale dai familiari su carri improvvisati o direttamente a mano per lunghezze fino a 2 chilometri. Maynard ha poi spiegato che i pezzi di schegge «molto piccoli ed estremamente caldi» passavano facilmente attraverso i tessuti corporei: «Quando apri l’addome del torace e vedi il caos che questi piccoli frammenti hanno causato, distruggono tutti i diversi organi interni». Il tutto mentre malnutrizione ed infezioni minacciavano continuamente la vita dei più piccoli: «Ricordo vividamente un bambino. Aveva circa otto o nove anni e continuava a venire da noi chiedendoci da mangiare perché tutta la sua famiglia era stata uccisa e lui non mangiava da tre giorni. È stato profondamente angosciante».

L’ultimo giorno di lavoro del professore è stato venerdì scorso, quando un attacco missilistico ha danneggiato l’unità di terapia intensiva dell’ospedale Al-Aqsa costringendo i sanitari a costruire un centro di tende e rifugi improvvisati: «C’erano persone completamente povere che vivevano lì nelle situazioni più spaventose. Niente acqua corrente. Nessun sistema igienico-sanitario. C’erano mosche in sala operatoria, mosche che riposavano sull’addome aperto mentre stavamo operando. Semplicemente spaventoso». Inoltre, il medico ha riportato che secondo voci a lui vicine i cecchini dell’IDF nei quartieri vicini sparavano alle persone e dirigevano parte del fuoco contro l’ospedale: «Non l’ho visto, ma ho sicuramente visto le ferite da arma da fuoco sui pazienti». Nel frattempo, i droni telecomandati giravano «incessantemente» intorno alla struttura con un ronzio «molto spaventoso e forte». Infine, Maynard ha riportato anche le testimonianze di alcuni suoi colleghi di vecchia data impiegati nell’ospedale Al-Shifa, attaccato dalle forze israeliane che accusavano Hamas di usare le strutture sanitarie come basi: «Conosco molti medici che sono stati lì per molti anni, di cui mi fiderei ciecamente e che hanno ben chiaro che non c’è mai stata alcuna prova di attività militare. Non ci possono essere certamente dubbi nella mia mente, da ciò a cui ho assistito di recente, che Israele sta prendendo di mira direttamente le strutture sanitarie con l’obiettivo di disabilitare completamente il sistema sanitario a Gaza».

Secondo il ministero della Sanità della Striscia, il bilancio delle vittime dal 7 ottobre è salito ad oltre 23.708 morti, di cui il 70% si ritiene siano donne e bambini. Quasi 2 milioni di persone (oltre l’85% della popolazione) risultano sfollate ed oltre 59.410 palestinesi sarebbero rimasti feriti. Si è intanto aperto all’Aja, nei Paesi Bassi, il procedimento davanti alla Corte internazionale di giustizia sull’accusa di genocidio che il Sudafrica ha intentato contro Israele per il massacro di Gaza.

Roberto Demaio

14/1/2024 https://www.lindipendente.online/

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