GAZA. Uccisi a decine in fila per il pane. I morti superano i 30.000
Israele ha sparato sulla folla in attesa dell’arrivo dei camion di aiuti umanitari nel nord di Gaza. Anche la fame uccide: morti sei bambini.
Oggi Israele ha ucciso circa 100 persone tra le migliaia in attesa dell’arrivo dei camion di aiuti umanitari lungo Al Rasheed street, nel nord di Gaza. Più di mille i feriti ma il bilancio potrebbe aggravarsi. Uno dei camion che avrebbe dovuto consegnare farina alla popolazione affamata è stato tragicamente utilizzato per trasportare decine di feriti verso ciò che resta degli ospedali. Secondo i testimoni oculari l’esercito ha colpito la folla con diverse tipologie di armi. I medici hanno confermato che le ferite sono riconducibili a colpi di arma da fuoco, di artiglieria e di missili da droni.
Video Player
https://pagineesteri.it/wp-content/uploads/2024/02/VIDEO-2024-02-29-12-18-30.mp4?_=1
A quasi cinque mesi dall’inizio dei bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza sono state uccise 30.000 persone. I due terzi sono donne e bambini, questi ultimi circa 12.500. L’1% della popolazione è stata spazzata via. Ma i numeri potrebbero essere addirittura ottimistici: decine di migliaia di persone sono morte fuori dagli ospedali e sono state sepolte dai propri familiari, o sono rimaste intrappolate sotto le macerie delle case distrutte (8.000 secondo una stima approssimativa).
Dal 7 ottobre, dopo l’attacco di Hamas in Israele che ha ucciso circa 1.200 persone e ne ha fatte prigioniere circa 250, i bombardamenti israeliani hanno colpito prima il nord della Striscia e hanno continuato poi verso il centro e il sud. Alla popolazione è stato ordinato di evacuare e sono state indicate “zone sicure” che sono state a loro volta colpite. Mentre l’esercito entrava a Gaza sui carri armati, 1,8 milioni di persone su una popolazione di 2,3 milioni, diventava sfollata.
Il nord della Striscia di Gaza è stato completamente distrutto. Quello che le bombe non sono riuscite a colpire è stato appianato dai mezzi militari: sono stati demoliti con l’esplosivo interi quartieri residenziali ma anche moschee, scuole, università. Le ruspe hanno abbattuto campi sportivi e i resti di numerose case rimaste in piedi.
Durante il cessate il fuoco di fine novembre, quando Hamas e Israele hanno concordato uno scambio di prigionieri, i palestinesi che hanno provato a ritornare nel nord di Gaza hanno trovato a fermarli i checkpoint dell’esercito, che li hanno rimandati indietro anche sparando sulla folla. Chi è rimasto nel nord della Striscia vive oggi fame e povertà estreme. Almeno sei bambini sono morti per malnutrizione, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Sono 582 i soldati israeliani morti nei combattimenti con Hamas nel nord di Gaza.
Né l’Egitto né Israele permettono ai giornalisti di entrare nella Striscia. Alcune delle più importanti testate internazionali hanno avuto il permesso di farlo da “embedded”, ossia insieme all’esercito e stipulando un accordo secondo il quale tutto il materiale prodotto sarebbe stato visionato dai soldati, dei quali i giornalisti si impegnavano ad accettare la censura. Un gruppo di oltre 50 giornalisti di varie testate, tra le quali CNN, Sky News, ABC, NBC e CBS, hanno inviato una lettera aperta alle autorità israeliane ed egiziane nella quale chiedono che sia permesso il libero accesso dei giornalisti a Gaza e che venga garantita la sicurezza dei giornalisti palestinesi che lavorano nella Striscia. Fino al 29 gennaio sono stati più di 100 i giornalisti uccisi dall’esercito.
Nel sud di Gaza la situazione non è migliore. Sono circa 1 milione e 200 mila le persone sfollate che si sono rifugiate nella zona. Intere famiglie in una stanza, quelle che sono riuscite a trovarne una libera e che hanno le possibilità di permettersi di pagare un affitto. Tutte le altre per strada, nelle tende costruite con qualsiasi cosa potesse servire a proteggere dalla pioggia che allaga comunque i campi profughi improvvisati, dove non esistono bagni né elettricità, non c’è acqua.
Le Nazioni Unite hanno denunciato che Israele non permette ai camion di aiuti ammassati al confine con l’Egitto o ai valichi di entrare nella Striscia. Le famiglie sono costrette a mangiare ciò che trovano tra i rifiuti e gli scarti marciti. La fame e le malattie potrebbero uccidere più persone di quelle morte fino ad oggi. L’ONU ha fatto sapere che 576.000 persone nella Striscia sono sull’orlo della carestia. Si tratta del 25% dell’intera popolazione. Il Word Food Program ha dichiarato che nel nord di Gaza i bambini sotto i due anni soffrono di grave malnutrizione e che 155.000 donne incinte o che allattano non hanno accesso a cibo nutriente. I pochi aiuti lanciati con i paracadute dall’Egitto e dalla Giordania hanno raggiunto pochissime persone o sono andati dispersi nel mare di Gaza.
Gli ospedali sono stati attaccati e la maggior parte è completamente fuori servizio. I cecchini sono appostati sui tetti delle case e nei mezzi blindati e i medici denunciano un alto numero di vittime, anche tra i bambini, colpiti alla testa dai fucili di precisione. Nelle strutture ospedaliere ormai da mesi si opera in condizioni estreme. Le amputazioni, numerose, dovute alle ferite causate dall’abbattimento delle case o dai bombardamenti nelle strade, sono effettuate da mesi ormai spesso senza anestesia, con strumenti assolutamente inadeguati. Molti tra i medici e il personale sanitario sono stati arrestati. Come centinaia di altre persone, che non si sa dove siano state portate. Molti tra coloro che sono stati rilasciati dall’esercito, hanno denunciato di essere stati sottoposti a torture.
Le Nazioni Unite e la Mezzaluna Rossa palestinese hanno denunciato che le ambulanze vengono colpite dall’esercito nonostante il loro passaggio sia stato concordato con i militari.
La popolazione di Rafah, ossia la maggior parte della popolazione dell’intera Gaza, attende con terrore l’attacco militare che Israele ha annunciato. Senza l’UNRWA, l’Organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa dei profughi palestinesi, con la Mezzaluna Rossa che ha sospeso gli interventi perché non è in grado di garantire la sicurezza del personale, che viene regolarmente attaccato e ucciso, con gli ospedali fuori servizio, danneggiati o affollati dai feriti e dai profughi, un attacco militare potrebbe portare a conseguenze che al momento sembrano essere addirittura inimmaginabili.
Eliana Riva
29/2/2024 https://pagineesteri.it/
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!