Gaza, vietato informare

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Le uccisioni di cronisti palestinesi e la disumanizzazione del “nemico” da parte dei media mainstream israeliani nelle testimonianze dei giornalisti Shuruq As’ad e Haggai Matar

Una palestinese e un israeliano, insieme i giornalisti Shuruq As’ad e Haggai Matar raccontano come la libertà di stampa e di opinione sia continuamente violata durante il conflitto in corso tra Israele e Hamas, nel corso del seminario dell’Fnsi ‘La guerra di Gaza: i fatti e le narrazioni‘ raccontano come la libertà di stampa e di opinione sia continuamente violata durante il conflitto in corso tra Israele e Hamas.  Un occasione durante la quale hanno potuto avere modo di dialogare i due giornalisti insieme ai colleghi italiani Lucia Goracci, inviata Rai, Alberto Negi, reporter di guerra ed editorialista de Il Manifesto, Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia e Alessandra Costante, segretaria generale della Federazione nazionale della Stampa italiana, coordinati dalla giornalista Anna Maria Selini.

La disumanizzazione

I media israeliani di lingua ebraica non danno informazioni sul popolo palestinese. Lo conferma Haggai Matar, direttore esecutivo del magazine online +972 e condirettore di Local Call, spiegando come “il nazionalismo israeliano e il giornalismo israeliano siano strettamente interconnessi”.  “La reazione all’attacco di Hamas del 7 ottobre è stata uno shock, un vero trauma che ha portato a un contesto che è quello che c’è oggi, per cui i palestinesi sono visti quasi esclusivamente come gli autori dei massacri contro gli israeliani: questa lo considero un fallimento per il giornalismo israeliano”.

“Siccome non è mai stato raccontato per bene il contesto, a oggi gli israeliani non sanno realmente perché i palestinesi fanno resistenza e ciò li ha portati a percepirsi unicamente come vittime”. Matar racconta che i media mainstream mostrano i soldati israeliani mentre entrano nelle città, ma senza mai fare vedere le immagini cruente del conflitto e nemmeno i palestinesi. Di contro, ci sono immagini postate sui social dai soldati israeliani nella Striscia che mostrano loro stessi “mentre rubacchiano dalle case, ridacchiano facendo vedere la biancheria che vi trovano, festeggiano, …”. Si tratta della stessa opera di disumanizzazione che viene operata a danno dei palestinesi, spiega Matar: “Se non si fa vedere il volto di una persona, diventa più facile raccontare che è un terrorista e questo è il fine ultimo di questo gioco”. 

Matar, dopo avere specificato che la testata +972 è stata fondata “proprio per mettere a disposizione degli israeliani fonti di informazione indipendenti, racconta anche che “negli ultimi mesi all’interno delle università israeliane vengono diffusi messaggi da parte di studenti che parlano lingue diverse e che provengono da Paesi stranieri”, diffondendo così il pensiero dominante assolutamente acritico nei confronti dell’operato israeliano e del primo ministro Benjamin Netanyahu. Questa a riprova di una specifica volontà di disinformare per evitare coscienze critiche. 

Giornalisti palestinesi target di guerra

C’è poi il fronte dei reporter palestinesi nella Striscia di Gaza. Dal 7 ottobre sono 128 i giornalisti palestinesi uccisi, non si contano i feriti e le redazioni e le stazioni radio bombardate. La testimonianza è di Shuruq As’ad, reporter palestinese con base a Gerusalemme, portavoce del sindacato dei giornalisti Pjs, prima giornalista donna e anchorwoman della televisione pubblica palestinese. 

“Ci sono stati ben 80 arresti tra i giornalisti – dice Shuruq As’ad –. Molti colleghi che si trovano a nord di Gaza stanno letteralmente morendo di fame, non hanno acqua, non hanno cibo. Questo riguarda non soltanto i giornalisti stessi, ma anche le loro famiglie. Sappiamo che alcuni colleghi sono morti perché l’esercito israeliano ha rifiutato loro l’uscita da Gaza per ricevere cure mediche.  Ci sono due colleghi che mancano all’appello. Non sappiamo dove sono andati a finire”.

“Una mia collega, in particolare ha ricevuto minacce dirette – racconta – e 48 ore dopo la sua casa è stata bombardata, ha perso il padre e ha perso anche due figli”. È recentissima la notizia di un gruppo di giornalisti arrestati “dai soldati israeliani nonostante stessero indossando le loro pettorine della stampa e si fossero riuniti all’interno di un ospedale, l’unico posto dove c’era l’elettricità, internet, senza i quali non riusciamo a comunicare con l’esterno. I militari israeliani sono entrati, li hanno arrestati e li hanno fatti restare completamente nudi, in ginocchio, con una benda sugli occhi. Li hanno picchiati brutalmente per ben 12 ore, li hanno lasciati senza cibo, senza acqua e poi li hanno rilasciati, ma erano ovviamente sotto shock. Questo è soltanto un esempio di quello che sta avvenendo”. 

“Che cosa stiamo chiedendo? – dice concludendo Shuruq As’ad –. Stiamo chiedendo di essere al sicuro, di essere liberi, di fare il nostro lavoro, di informare e stiamo chiedendo del cibo. Tutti questi sono diritti assolutamente fondamentali. Diciamo cosa forte: i giornalisti sono diventati dei veri e propri bersagli di guerra”.

Simona Ciaramitaro

23/3/2024 https://www.collettiva.it

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