SONDAGGIO. Le aziende sanitarie pubbliche comunicano i disastri che hanno creato, le private il loro profitto

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21° Rapporto Ospedali e Salute promosso da Aiop, l’Associazione Italiana delle aziende sanitarie ospedaliere e territoriali e delle aziende socio-sanitarie residenziali e territoriali di diritto privato

Con la collaborazione del CENSIS hanno scoperto questo vissuto degli italiani: l’84,2% degli italiani ritiene che i benestanti possono curarsi prima e meglio. L’enorme percentuale è così divisa per aeree geoografiche: 85,5% dei residenti nel Nord-Ovest; 81,2% nel Nord-Est; 83,1% nel Centro; 85,4% nel Sud/Isole. In merito all’autonomia sanitaria regionale il 73,2% afferma che le diversità tra i sistemi regionali hanno aumentate le diseguaglianze di salute e il 72,9% è convinto che sono destinate ad aumentare ulteriormente nel futuro prossimo (ovviamente si riferiscono all’approvazione del progetto governatico dell’Autonomia Differenziata).

Poi le risposte si addentrano nelle percentuali di persone che sono state costrette a ritardare la fruizione delle prestazioni sanitarie causa i tempi d’attesa, troppo lunghi in particolare per i redditi più bassi che hanno dovuto rinunciare ad altre spese di benessere essenziale per curarsi, mentre il 14,7% è stato costretto a posticipare o rinunciare alle cure a causa del costo troppo elevato.

Poi ci sono i ricattati della sanità a pagamento: persone che hanno provato a prenotare una prestazione nel Servizio Sanitario ma, vista la lunghezza o il blocco della lista di attesa, sono stati costretti (spesso su diretto consiglio di medici pubblici) a farla a pagamento nel privato esterno o in intramoenia negli ospedali.
Le risposte sulle visite specialistiche confermano un dato ormai consolidato da anni: ci sono 141 giorni medi di attesa per una visita gastroenterologica, 137 giorni per una visita dermatologica, 132 per una visita oncologica, 129 per una visita diabetologica, 127 per una visita neurologica, 126 per una visita oculistica, 122 per una visita pneumologica, 119 per una visita endocrinologica, 115 per una visita cardiologica, 114 per una prima visita cardiologica con elettrocardiogramma, 114 per una visita ortopedica, 110 per una visita chirurgica vascolare, 110 per una visita fisiatrica, 108 per una visita otorinolaringoiatrica, 102 per una visita urologica, 95 per una visita ginecologica (compreso pap test-papilloma virus), 59 per una visita pediatrica.

Una anomalia tutta italiana riguarda il forzato turismo sanitario, defnito anche “nomadi del Servizio Sanitario”: il 41,4% degli italiani si è spostato almeno una volta per motivi sanitari in un altro Comune (36,3%) e/o in un’altra Provincia della stessa Regione di residenza (18,8%). Il 46,7% di costoro ha dovuto percorrere più di 50 Km. Il 28,1% degli italiani malati è riuscito a restare nel territorio provinciale mentre la migrazione verso altre Regioni ha coinvolto il 10,1% degli italiani, per sperare in tempi di cura più veloci (31,6%) come di una maggiore qualità delle prestazioni (26,5%).

Questa è l’Italia dell’Apartheid sanitario fotografato relativamente al numero degli intervistati ma la realtà del disastro è ben più ampia, come raccontiamo su Lavoro e Salute da decenni.

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