Viva l’indomita resistenza palestinese (testi – video)

Mentre l’assalto dell’esercito sionista a Rafah si intensifica, e chi fugge da Rafah è costretto a muoversi verso zone inabitabili, o a morire a Nuseirat. Mentre in Cisgiordania i coloni, con il totale sostegno del governo Netanyahu, si accaparrano nuove terre spargendo altro sangue palestinese. Mentre a Rafah dal 9 maggio non entrano più “aiuti umanitari”, e gang di fanatici ultrasionisti si divertono a sventrare i sacchi di farina e di riso destinati ai palestinesi. Mentre riparte il bombardamento del campo profughi di Jabalya, che già era stato “bonificato” dall’esercito di occupazione. Mentre, ad onta di tutte le chiacchiere sulla “protezione dei civili” palestinesi, gli Stati Uniti di genocide Joe assicurano nuovi urgenti invii di armi ad Israele, e spiegano al mondo che “a Gaza non è in atto un genocidio”. Mentre il governo Meloni e la sua finta opposizione confermano la loro piena intesa con gli apparati di guerra israeliani sancita solennemente con la legge 94 del 2005, incuranti delle proteste nelle piazze e nelle università. Mentre tutto ciò che gli stati arabi sanno fare “a sostegno” dei palestinesi è arrestare masse di dimostranti o impedire con la violenza le proteste di piazza filo-palestinesi. Dopo 7 mesi di una guerra di sterminio senza precedenti e senza limiti, la resistenza armata palestinese è viva. E continua ad infliggere continui colpi all’“esercito più potente del Medio Oriente” nonostante i tentativi di piegarla con ogni mezzo.

Ci sono molti modi di ricordare oggi la Nakba, la catastrofe palestinese del 1948 provocata dal sionismo e dai protettori internazionali (non solo occidentali) del sionismo. Noi preferiamo ricordarla mostrando l’inanità degli sforzi sionisti di sradicare dalla sua terra la popolazione palestinese che resiste agli occupanti da oltre un secolo – da quel marzo 1920 in cui nel Nord della Palestina ci furono scontri tra i contadini di alcuni villaggi e bande di coloni sionisti. Questi di seguito sono gli ultimi due resoconti circolanti sulle attività della Resistenza palestinese, insieme ad un video che ne mostra alcune azioni.

Primo resoconto [11 maggio]:

“Rafah si dimostra il cimitero per le truppe nazi-sioniste come hanno asserito i diversi esponenti delle varie fazioni della resistenza palestinese. Pur impiegando 4 battaglioni nella loro invasione, questi sono rimasti inchiodati nei quartieri periferici ad est, zone poco popolate e semi agricole. Cioè un terreno che potrebbe essere ideale per i carri armati e i blindati. Invece, molti corrispondenti dal campo riferiscono che gli scontri sono corpo a corpo con le truppe che arretrano sotto i colpi inferti dalla resistenza. Le piccole formazioni di 3-5 partigiani per ciascuna e sparse sul territorio in modo da fare una diga, con la tattica di colpire e nascondersi, questa tattica sta funzionando molto bene. Le formazioni dei partigiani delle prime linee sono supportati dal lancio di missili di corta gettata e di mortai pesanti anche dai territori di Khan Younis a nord.

“Si parla di decine di banditi e di carri armati fatti fuori anche se il portavoce militare sionista cerca di minimizzare le perdite.

“Sembra molto più interessante la battaglia che si svolge nei quartieri sud est e sud ovest della città di Gaza. Al quartiere Zeitun le truppe nazi-sioniste hanno cercato di irrompere lungo due direttive, ma sono state fermate subito con una resistenza accanita. A nulla sono serviti i bombardamenti aerei e dei carrarmati, non sono riusciti a spianare la strada per gli invasori. Anche qui si parla di perdite altissime e, mentre ferve la battaglia in tutta la Striscia di Gaza, la resistenza continua a martellare le postazioni e gli accampamenti dei sionisti sia all’interno della Striscia di Gaza sia a quelle fuori. Decine di missili e mortai colpiscono anche tutte le colonie che circondano a corona la Striscia di Gaza. Nella giornata di ieri [10 maggio] i partigiani di Hamas sono riusciti a sparare due raffiche di missili in direzione della base aerea di Hatzerim e verso la città di Beir shebà. È un’impresa, considerando che gli aerei, i droni e gli elicotteri non abbandonano neanche per un istante i cieli di Gaza.”

Secondo resoconto [13 maggio]

“Il bilancio delle vittime dell’esercito di occupazione noto sinora dall’operazione Al-Aqsa del 7 ottobre, è salito a 3.415 feriti tra ufficiali e soldati.

“Il bilancio delle vittime dall’inizio dell’aggressione di terra nella Striscia di Gaza è salito a 1.660.

“Finora, secondo quanto sostiene l’occupazione, 620 ufficiali e soldati sono stati uccisi dall’operazione Al-Aqsa Flood, mentre il bilancio delle vittime dall’aggressione di terra ha raggiunto 272 ufficiali. Ma la resistenza palestinese ha confermato che ‘il numero è molto più alto, e che l’esercito di occupazione sta deliberatamente nascondendo il numero dei suoi morti’”.

La guerra “per le menti ed i cuori” lo stato di Israele l’ha persa ormai, in modo irreversibile. Non potrà più invocare l’olocausto subíto per giustificare quello che sta compiendo. Lo testimonia l’estensione pressoché mondiale del movimento di solidarietà con la causa palestinese che – anche questo conta – vede attivi non pochi ebrei anti-sionisti. Ma giorno dopo giorno emerge un dato che forse è ancora più imbarazzante: l’iper-tecnologico esercito sionista non riesce a sgominare le forze della resistenza palestinese infinitamente meno equipaggiate ed ormai, forse, a corto di munizioni; ed è anzi costretto a ritornare a combattere anche al nord della striscia di Gaza.

Negli anni ‘70 un acuto storico ha scritto: “la rivoluzione palestinese è giunta in ritardo rispetto al nazionalismo, e in anticipo rispetto alla rivoluzione” (sociale). Vero. Ma le quattro grandi sollevazioni palestinesi del 1987 (l’Intifadah delle pietre), del 2000 (l’Intifadah di Al Aqsa), del 2018 (la grande marcia per il ritorno), del 2021 (l’Intifadah dell’unità) e l’operazione Al Aqsa Flood – intrecciate come sono queste ultime con le grandi Intifadah arabe degli anni 2011-2012 e 2018-2020 e con la più profonda crisi di tutto l’ordine capitalistico mondiale – sono i segni inequivocabili del maturare di un grande processo rivoluzionario di area che farà saltare per aria tutta la struttura coloniale sionista, e insieme con essa gli spietati regimi di oppressione arabi che l’hanno spalleggiata.

Non diciamo che la vittoria delle masse oppresse e sfruttate della Palestina e del Medio Oriente è inevitabile (potrebbe esserci anche un mostruoso bagno di sangue e una catena di apocalittiche distruzioni all’insegna del “muoia Sansone con tutti i Filistei”); affermiamo che la battaglia è aperta, e che la guerra di liberazione dal colonialismo, dall’imperialismo, dal capitalismo in tutte le sue declinazioni, sioniste, arabe, iraniane, etc., può essere vinta.

Viva l’indomita resistenza palestinese, scuola di coraggio, dignità e organizzazione per la lotta di liberazione degli oppressi e degli sfruttati di tutto il mondo!

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