Con i Referendum della CGIL
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Questo strumento previsto dalla nostra Carta Costituzionale (istituto giuridico contemplato dalla Costituzione della Repubblica Italiana) per consentire ai cittadini di decidere in merito alla legislazione del Paese viene utilizzato dalla CGIL per promuovere quattro quesiti finalizzati a correggere alcune norme che riguardano il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori nell’esercizio dell’attività lavorativa e le condizioni per contrastarne la precarietà:
1- per il superamento del contratto con scarse tutele;
2- per la conservazione del posto di lavoro (l’impedimento/indennizzo dei licenziamenti senza giusta causa anche nelle piccole imprese);
3- le assunzioni senza condizionamenti (reintroduzione delle causali per i contratti a termine);
4- relativo agli appalti,(il contrasto all’utilizzo degli appalti “a cascata”; sulla responsabilità del committente per le tutele di sicurezza e di salute, gli infortuni che dovessero accadere nello svolgimento del lavoro acquisito.
Normalmente il Sindacato utilizza altri strumenti per avanzare e per sostenere le proprie proposte e le proprie rivendicazioni.
L’esercizio della democrazia partecipata per la CGIL significa partire da elaborazioni, da proposte condivise sia all’interno dell’organizzazione sia nel rapporto con le persone rappresentate nei luoghi di lavoro e in pensione.
La democrazia partecipata è uno strumento molto faticoso e sconta sicuramente anche lentezze. Credo che sia comunque l’unico modo per condividere veramente e sostenere proposte e percorsi frutto di mediazioni. Solo così si può capire anche le ragioni dell’”ALTRO”, anche quando non collimano perfettamente con le proprie, e decidere così che è sempre utile condividere anche le iniziative, decidere come e se apprezzare punti di accordo fino a approvare o respingere i risultati che ne vengono prospettati come possibili.
Questo livello di democrazia non è ancora raggiunto per intero nelle organizzazioni sindacali, particolarmente la parte di validazione da richiedere ai lavoratori e alle lavoratrici e/o ai pensionati e alle pensionate interessati alla materia del contendere. La CGIL sta fortemente impegnandosi su questo terreno.
La pratica dei Referendum istituzionali è per la CGIL invece una modalità non consueta, anzi, normalmente non considerata come propria dell’attività sindacale. Si deve tenere conto che ad un referendum partecipa (aderendo o astenendosi- problema quorum da raggiungere) tutta la popolazione italiana in età e diritto di voto. Fare comprendere a tutti le ragioni (a volte molto tecniche) di una parte specifica di cittadini (nel nostro caso i lavoratori e le lavoratrici dipendenti)
per potere avere le firme necessarie per potere presentare i quesiti referendari e, poi nelle urne, il voto favorevole è cosa molto ardua. In caso di risultato negativo, questo rischia di creare molte difficoltà nel rimontare le ingiustizie presenti che hanno causato i referendum stessi.
Si è dunque di fronte ad un impazzimento? Ad una azione avventurista, movimentista?
Questo sarebbe un improvvido giudizio che non tiene conto della situazione nella quale siamo.
Sono mesi (e per alcuni temi anni) che la CGIL ha proposto e riproposto elaborazioni di piattaforme rivendicative per il rilancio del lavoro, per le tutele mentali-fisiche-economiche delle persone attive al lavoro e pensionate. Sono oramai mesi, anni che si sostengono con incontri, manifestazioni e scioperi locali, manifestazioni e scioperi nazionali, molte volte unitarie (particolarmente con la UIL).
Purtroppo la sensibilità di chi ha governato “ieri” e di chi governa oggi ha registrato la più totale sordità, anzi arriviamo da un recente passato che ha visto peggiorare le leggi che normano il mondo del lavoro, “in barba ai sindacati”.
Una esigua maggioranza parlamentare (a volte anche raccogliticcia per problemi emergenziali) non ha saputo ascoltare e interpretare, in primis la voce, poi i silenzi e l’abbandono del terreno della politica di una buona parte degli Italiani.
Sorge un imperativo su cosa altro questo nostro sindacato inascoltato possa fare, ovviamente nell’alveo delle regole democratiche del Paese e con la trasparenza dei fini delle richieste.
Quindi si pratica lo strumento del referendum nazionale al fine di cercare di costringere a recepire almeno nelle leggi le nostre ragioni di lavoratori e lavoratrici (anche se in pensione).
Falliremo l’obiettivo “grosso”? Non riusciremo appieno nel raggiungere il risultato atteso?
Il percorso come già detto è sicuramente arduo, ma se le persone che abitano questo nostro Paese hanno veramente voglia di contare, questa volta devono proprio partecipare e “farsi contare”.
La vera scommessa della CGIL credo sia proprio questa: riportare alla partecipazione attiva i cittadini soprattutto quelli che sono ormai stanchi e sfiduciati ma che hanno ancora tutta la loro viva intelligenza da spendere.
Per questo è importante oggi più che mai provare a vincere, assieme!
di Marilde Provera
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