L’Italia non è più Ogm free. Quali sono i rischi per il nostro paese?
La sperimentazione in campo aperto di un riso frutto di tecnologia Ngt a Pavia interrompe di fatto la moratoria per il transgenico nel nostro paese. Con il libro “Perché fermare i nuovi Ogm”, Francesco Paniè e Stefano Mori di Crocevia spiegano a quali rischi va incontro il nostro paese
La sperimentazione in campo aperto di un riso frutto di tecnologia Ngt a Pavia interrompe di fatto la moratoria per il transgenico nel nostro paese. Con il libro “Perché fermare i nuovi Ogm”, Francesco Paniè e Stefano Mori del Centro internazionale Crocevia spiegano a quali rischi va incontro il nostro paese. “Non abbiamo molto tempo. L’emersione di nuove tecniche di ingegneria genetica, le cosiddette New genomic techniques, ha portato le istituzioni europee a proporre la deregolamentazione dei nuovi Ogm che ne derivano. Con gravi pericoli per ambiente, salute e diritti” spiegano gli autori.
“Con la falsa pretesa che si tratti di biotecnologie meno invasive, un blocco di interessi consolidati tenta di far passare una supposta equivalenza tra prodotti di laboratorio e piante coltivate nei campi” scrivono Paniè e Mori nel libro che arriva proprio nel corso di una grande mobilitazione che vede, in Italia e in Europa, movimenti contadini e associazioni del biologico impegnati nel contrastare la deregolamentazione in atto. Dopo il fallimento degli Ogm di prima generazione,”si tenta oggi di aggiornare la narrazione, promettendo nuovi Ogm indistinguibili (a detta delle lobby) dai prodotti dell’agricoltura contadina, e che si vorrebbe quindi far arrivare sulle nostre tavole senza più valutazione del rischio, né tracciabilità né etichettatura, oggi obbligatorie per legge” spiegano gli autori.
A tal proposito, riportiamo di seguito un estratto del libro che si concentra sui rischi.
I brevetti sulle Ngt e il rischio per l’Europa
“In tutto questo vorticoso mutamento, l’Unione Europea rimane però relativamente indenne da brevetti e colture geneticamente modificate, se si eccettua il complesso soia transgenica -carne industriale. Le sollevazioni contadine e popolari spingono infatti le istituzioni a varare norme di cautela, che limitano la commercializzazione e la coltivazione di Ogm. A quasi venticinque anni da quei giorni, però, le cose stanno cambiando: nel 2023 la Commissione Europea ha proposto la deregolamentazione degli organismi ottenuti con le New genomic techniques e il Parlamento Europeo l’ha approvata. Se anche gli Stati membri troveranno un accordo e se uscirà una sintesi dal negoziato finale tra le istituzioni comunitarie, andremo incontro a un altro profondo cambiamento nei nostri sistemi alimentari.
Come detto, oggi nell’Unione Europea le varietà commerciali ottenute senza manipolazione genetica possono essere al massimo coperte da privativa vegetale, una forma di protezione della proprietà intellettuale che però consente l’accesso di terzi al materiale genetico per fini di ulteriore selezione. Sdoganare le Ngt innescherà invece una transizione verso il modello del brevetto industriale, più restrittivo perché accessibile solo con il consenso dell’inventore.
A questo si aggiunge una minaccia che non viene mai abbastanza sottolineata: la possibile abolizione della tracciabilità e della pubblicazione dei processi di identificazione delle modifiche genetiche operate in laboratorio. Eliminata la possibilità di rilevare un tratto modificato, le aziende potrebbero richiedere brevetti su sequenze genetiche già esistenti in piante coltivate nei campi degli agricoltori. Se il legame tra queste informazioni genetiche e le relative funzioni non è stato ufficialmente pubblicato prima, le imprese potranno millantare di averlo realizzato in laboratorio e brevettare caratteri nativi o selezionati dai contadini. Tutto questo sarebbe illegale, perché le norme distinguono l’invenzione (brevettabile) dalla mera scoperta (non brevettabile). Ma chi potrà contestare le dichiarazioni delle aziende, se mancheranno le prove e saranno stati eliminati gli strumenti per cercarle?
Questo scenario preoccupa particolarmente i movimenti agrari transnazionali, a partire dal Coordinamento Europeo Via Campesina e le sue ramificazioni nazionali. Anche se la deregolamentazione in Europa non è ancora passata, molti brevetti sono stati già rilasciati. Secondo i nostri calcoli, al primo semestre 2023 sono già 970 le domande di brevetto europeo sulle Ngt, di cui 510 già approvate e 460 in attesa di approvazione81. Oltre a Bayer-Monsanto, Basf, Corteva e Syngenta, le Big4 che oggi coprono il 62% del mercato sementiero mondiale, una gran parte dei brevetti è in mano a Harvard University, Massachusetts Institute of Technology, Broad Institute e Sangamo Biosciences. Tuttavia, ciascuno di questi centri di ricerca e società biotech ha già stretto uno o più accordi di licenza per cedere le tecnologie a una delle quattro grandi corporation. Che in questo modo si candidano a controllare, direttamente e indirettamente, ricerca, sviluppo, produzione e distribuzione dei nuovi Ogm.
Per organizzare quest’ultima fase della filiera e rifornire gli agricoltori europei di piante Ngt brevettate, i quattro colossi hanno creato nel marzo 2023 l’Agricultural Crop Licensing Platform (Aclp), una piattaforma di licenza che permetterà di gestire l’offerta di processi e prodotti geneticamente modificati in regime di oligopolio. Tra i membri fondatori della piattaforma troviamo anche Limagrain, Kws, Bna, Hzpc ed Elsoms Ackermann Barley. Insieme, le imprese citate contano un totale di 180 brevetti depositati sulle Ngt. In base a questo sistema, l’accesso di terzi ai tratti coperti da brevetto può essere definito dai membri della piattaforma in base al diritto privato. In pratica, è nato uno “sportello unico”, parallelo a quello pubblico e non trasparente, per agricoltori e selezionatori, che dovranno pagare una quota per accedere al materiale genetico gestito dai membri della piattaforma.
Il rischio di una concentrazione del mercato mai vista in Europa è infatti proprio lo scoglio sul quale si è arenato il negoziato politico sulla deregolamentazione dei nuovi Ogm. Nel nostro continente, il settore sementiero è popolato da circa 7000 aziende, per lo più di piccola taglia, che danno lavoro a 52.000 persone. La maggior parte degli Stati membri non ospita grandi industrie, che puntano tutto sui brevetti. A parte Germania (sede di Bayer, Basf e Kws), Francia (patria di Vilmorin e Limagrain), Olanda e Danimarca, il settore è composto da pesci piccoli, che saranno fagocitati non appena sarà possibile coltivare Ogm brevettati nel continente.
Fa specie vedere l’Italia sostenere una deregulation che andrebbe a ingrassare potenze di altri paesi. La maggior parte dei paesi che oggi non ci sta – Ungheria, Romania, Polonia, Croazia, Austria e altri ancora – non ha un’industria sementiera ipertrofica. Non sono pazzi, sanno contare. Sanno che i loro agricoltori e i selezionatori diventeranno dipendenti dagli industriali tedeschi, francesi, olandesi e danesi. E non è qualcosa che riguarderebbe solo chi decide di comprare le sementi brevettate. L’aspetto davvero preoccupante della deregolamentazione delle Ngt è la biocontaminazione. Molte colture dipendono infatti dal vento o dagli insetti per l’impollinazione. La prossimità geografica tra appezzamenti, soprattutto in paesi come il nostro, causerà con ogni probabilità il passaggio, nei campi liberi da Ogm, di materiale genetico brevettato proveniente da colture modificate. La generazione successiva delle piante contaminate potrebbe quindi esprimere i tratti coperti da brevetto. Questo è un problema di prima grandezza: oltre a presentare un potenziale rischio per la sicurezza alimentare, l’inquinamento genetico dà il diritto alle imprese proprietarie del germoplasma brevettato di fare causa all’agricoltore che se lo ritrova in campo senza averlo acquistato. Secondo la legge italiana, l’autorità giudiziaria può decretare la distruzione del raccolto o consentire al titolare del brevetto di requisirlo interamente. L’articolo 125 del nostro Codice della proprietà industriale, in più, prevede un risarcimento danni in denaro. La biocontaminazione, in questo modo, metterebbe in grave difficoltà gli agricoltori, che per evitare un processo per violazione di brevetto potrebbero dover scendere a patti con l’impresa proprietaria”.
Lorenzo Misuraca
23/5/2024 https://ilsalvagente.it
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