Cina: “I ‘diritti umani all’americana’ non sono altro che privilegi ed egemonia”

Il 29 maggio 2024, il governo cinese ha pubblicato il “Rapporto sulle violazioni dei diritti umani negli Stati Uniti del 2023”, rivelando al mondo la verità sulle violazioni dei diritti umani in America, sulla base di una vasta quantità di dati e casi concreti. Il rapporto rappresenta come la situazione dei diritti umani negli Stati Uniti abbia continuato a deteriorarsi e i diritti fondamentali della maggioranza dei cittadini ordinari siano continuamente messi a repentaglio.

Perché la necessità di questo rapporto? Semplicemente perché gli USA per decessi si sono sentiti in dovere, con la scusa del “sogno americano” e della “esportazione delle democrazia liberale in tutto il mondo” di fare le pulci agli altri Stati sulla violazione dei diritti umani, senza mai guardare loro stessi. Oggi la Cina, con questo rapporto, sta mandando dei messaggi molto chiari agli USA: i diritti umani non sono proprietà privata dell’anglosfera; non hanno bisogno di “guerre umanitarie” per farsi rispettare; non devono essere una giustificazione dell’imperialismo occidentale; il concetto di “diritti umani” non nasce esclusivamente nella cultura liberale occidentale, ma molto prima (ricordiamo che la prima carta dei diritti umani – la Carta di Kourukan Fuga – nacque durante l’Imperò Mandè, in Africa, nel 1235); e dopo anni di vessazione atlantiste sul rispetto dei diritti umani, ora è la Cina a fare le pulci.

Il “Rapporto sulle violazioni dei diritti umani negli Stati Uniti del 2023” ha preso ad esempio la violenza armata. Secondo le statistiche del sito web “Gun Violence Archive”, nel 2023 negli Stati Uniti ci sono stati almeno 654 episodi di sparatorie di massa. La violenza armata ha causato quasi 43.000 morti, con una media giornaliera di 117 vittime. Il rapporto sottolinea che i politici americani, concentrati unicamente su interessi economici e politici, non riescono a trovare un consenso sul controllo delle armi, e questo fa sì che il prezzo più alto lo paghi la gente comune con la propria vita.

Nel frattempo, rispetto alla minoranza che detiene il potere politico, economico e sociale, la maggior parte degli americani è sempre più emarginata, con diritti e libertà fondamentali spesso ignorati. I “diritti umani all’americana” – afferma il rapporto – si sono ormai trasformati in “privilegi all’americana”, con il razzismo che rimane uno dei problemi più evidenti.

Inoltre, la disparità di ricchezza negli Stati Uniti ha raggiunto il livello più alto dai tempi della Grande Depressione del 1929. Da una prospettiva più attenta, il declino della fiducia del popolo americano è principalmente attribuibile alla “politica del denaro” e alle “rivalità di partito” che hanno prevalso negli Stati Uniti per lungo tempo. Inoltre, la crescente polarizzazione politica ha esacerbato la lacerazione della società americana, compromettendo la fiducia della popolazione.

È ormai chiaro che i cosiddetti “diritti umani all’americana” non sono altro che i privilegi di pochi all’interno del Paese e una forma di egemonia imposta arbitrariamente all’estero.

Secondo Benjamin Norton, Caporedattore del Geopolitical Economy Report, gli Stati Uniti stanno affrontando una serie di problemi sociali come razzismo, violenza e disordini che né il Partito Repubblicano né il Partito Democratico sono in grado di risolvere, limitandosi a scaricare la colpa sulla Cina1 innescando in Occidente un clima di sinofobia, come successo durante la Covid-19. Questa purtroppo è una realtà e, da esterni, non dobbiamo fare altro che analizzare la situazione attuale.

Gli USA, saltuariamente ripescano quelli che sarebbero i buchi neri del “regime cinese”: la disputa su Taiwan, la sovranità del Tibet, la repressione della cultura buddhista, il fatidico “sistema di credito sociale” per il controllo dei cittadini, i campi di concentramento di Uiguri e la questione legata alla pena di morte. Ma una domanda sorge spontanea: davvero gli USA possono disquisire su questi temi e imporsi, a livello di immagine, come un modello rispetto a quello cinese? Stando alla situazione attuale gli USA non posso insegnare nulla da questo punto di vista.

Le ingerenze degli Stati Uniti in politica estera hanno compreso azioni sia esplicite sia segrete volte a modificare, sostituire o preservare governi stranieri e a violare la sovranità di molti Paesi. Gli Stati Uniti hanno eseguito almeno 81 interventi noti, tra espliciti o sotto copertura, in politica internazionale durante il periodo che va dal 1946 al 20002. Successivamente alla seconda guerra mondiale, il governo degli Stati Uniti ha organizzato operazioni per favorire cambi di regime, nel contesto della guerra fredda, per contendersi l’influenza e la leadership a livello globale con l’Unione Sovietica3. Operazioni significative hanno compreso il colpo di Stato in Iran del 1953 – ovvero l’Operazione Ajax – orchestrato da Stati Uniti e Regno Unito, l’invasione della Baia dei Porci del 1961 contro Cuba, il favoreggiamento del “genocidio indonesiano” e il sostegno alla “guerra sporca” in Argentina, oltre all’area tradizionale delle operazioni degli Stati Uniti – quali l’America centrale, l’America Latina ed i Caraibi – e l’organizzazione di colpi di Stato di stampo fascista in Nicaragua, in Honduras, in Messico e in molti altri Paesi. Non dimentichiamoci delle guerre ben volute dai neocon americani, siano essi repubblicani o democratici, che hanno portato alla destabilizzazione del Medioriente: penso alla Guerra in Libia, alla Guerra in Siria, alla Guerra in Ucraina e al decennale appoggio ad Israele per l’occupazione coloniale belligerante della Palestina.

Questo è solo un accenno alla storia guerrafondaia degli USA, senza dimenticare il sistema di controllo e vigilanza di cui gli USA sono forniti, partendo dall’introduzione della biometria e della famosa “Green Card” del 2003 nello Stato di New York, che non si avvicina minimamente a quello che potrebbe essere il presunto “sistema di credito sociale” cinese.

Certamente, le politiche cinesi sulle scuole residenziali volte a cancellare al cultura tibetana sono un affronto indicibile, ma se vogliamo essere coerenti ciò non è minimamente paragonabile a quello che gli Stati Uniti hanno commesso con le politiche di separazione familiare a confine con il Messico, mettendo donne e bambini messicani in gabbia. La politica di separazione familiare di Donald Trump, testimoniata in un rapporto di Amnesty, che ha diviso con crudeltà e intenzionalmente le famiglie al confine meridionale Usa, è stata fortemente voluta dal Dipartimento di Giustizia in particolare dall’allora procuratore generale Jeff Sessions. Le immagini dei minori in gabbia avevano fatto il giro del mondo: più di 3000 famiglie separate famiglie separate e migliaia di bambini detenuti in strutture del Dipartimento della Salute. Dopo quasi tre anni, nel 2021, l’amministrazione Biden ha ritirato questa pratica inumana e non con poca dose di pressione da parte dell’opinione pubblica mondiale.

La Repubblica Popolare Cinese è uno dei Paesi in cui è applicata la pena di morte4 come sanzione prevista dal codice penale anche se da qualche anno si è aperto un dibattito sulla sua abolizione, cosa che invece non è minimamente presa in considerazione dagli USA che perseverano nel mantenerla.

Un abisso invece c’è tra gli USA di Biden e la Cina di Xi Jinping sul fronte dei diritti sociali del lavoro. Secondo George Soros, anti-comunista e finanziatore delle “rivoluzioni colorate”, nel febbraio 2022 aveva dichiarato: “Xi Jinping ha fatto del suo meglio per smantellare quanto ottenuto da Deng Xiaoping. Ha portato le aziende privae fondate sotto Deng sotto il controllo del Partito e ne ha minato il dinamismo che le caratterizzava. Invece di favorire il fiorire di imprese private, Xi Jinping ha introdotto il suo personale China Dream che può essere riassunto in due parole: controllo totale. E questo ha comportato conseguenze disastrose”. Eppure ciò che ha affermato Soros non ha alcuna attinenza con quanto successo. Da quando Xi è diventato presidente, il PIL cinese è cresciuto in media del 7% l’anno contro il 2% degli USA; il salario medio è più che raddoppiato, mentre quello italiano è diminuito del 3%; gli ultimi 100 milioni di cinesi sono usciti definitivamente dalla soglia di povertà assoluta; il livello di gradimento del suo governo viaggia stabilmente ben oltre l’80%, contro il 33% degli Stati Uniti. Forse Soros avrebbe voluto ingaggiare l’ennesima lotta politica su modello delle molteplici “rivoluzioni colorate” perché non accetta che, nonostante le molteplici contraddizioni, la Cina di Xi Jinping non è la Cina di Xiaoping arretrata, assetata di capitali occidentali e disposta a cedere allo schiavismo neoliberista delle multinazionali occidentali alla ricerca di manodopera a basso costo. Non è più la Cina territorio di sfruttamento e di profitti sulla pelle di chi lavora, ma una potenza economica che – come ha dichiarato Marrucci di OttolinaTv – si ritrova ad essere finalmente “padrona a casa sua”.

Per quanto siano due superpotenze, ciò che oggi più che mai dobbiamo imparare è che l’avvenire del multipolarismo sta mettendo in crisi anche il falso binomio USA-diritti umani e soprattutto che i ‘diritti umani all’americana’ non devono essere uno strumento di guerra e di egemonia, come non devono essere nemmeno dei privilegi.

di Lorenzo Poli

1 https://italian.cri.cn/2024/05/29/ARTIi1UGSL54BqYtg5LxvGz4240529.shtml

2 Partisan electoral interventions by the great powers: Introducing the PEIG Dataset chrome-extension://efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj/https://journals.sagepub.com/doi/pdf/10.1177/0738894216661190

3 Lindsey O’Rourke, The U.S. tried to change other countries’ governments 72 times during the Cold War https://www.washingtonpost.com/news/monkey-cage/wp/2016/12/23/the-cia-says-russia-hacked-the-u-s-election-here-are-6-things-to-learn-from-cold-war-attempts-to-change-regimes/

4 Una piena conoscenza del fenomeno è impossibile. La maggior parte delle informazioni derivano infatti da studi di ONG come Amnesty o Nessuno Tocchi Caino e i dati sono assai differenti tra i rapporti pubblicati dalle varie organizzazioni.

31 maggio 2024

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