Luciano Canfora: Dizionario politico minimo

Il Dizionario politico minimo di Luciano Canfora (Fazi 2024, a cura di Antonio di Siena) è un agile volume di 230 pagine organizzato come voci enciclopediche in ordine alfabetico. È un libro accattivante, scritto con meravigliosa semplicità e svelte note a piè di pagina che soccorrono il lettore nei termini che il professor Canfora tende a dare per scontate (tipo COMECON o la Conferenza di Baku). Si tratta del risultato di una lunga intervista, pazientemente trascritta e resa accessibile dal curatore; la matrice orale risulta presente con la freschezza e comunicativitá del risultato finale, per cui si tratta di una lettura adattissima per chi non è troppo addentro alle sue dinamiche.

I momenti in cui un gigante intellettuale si concede ad una comunicazione più divulgativa spesso non vanno bene, spaziando da una semplificazione eccessiva (che in tal caso potrebbe coinvolgere figure di minor spessore ma più a loro agio con le tempistiche del vasto pubblico) a concetti troppo difficili. In questo caso l’operazione riesce, presumibilmente in gran parte per la mediazione del curatore.

I termini sviluppati spaziano attraverso tutto il lessico politico, dalla A di antifascismo alla Z di Zeitgeist, pienamente visibili sulla copertina stessa.

Nella impossibiltá di render conto della molteplicità delle osservazioni e dei concetti che si rinvengono nel volume è invece preferibile soffermarsi sull’autore. Luciano Canfora è probabilmente il più importante intellettuale italiano vivente. 

Il suo profilo è sintetizzabile in due elementi. È un filologo classico fortemente radicato negli studi sulla antichità greco-romana, e come altre figure di tale estrazione piuttosto ostile alle correnti postmoderne; politicamente è legato alla tradizione dei classici del socialismo (Marx, Lenin ecc.), quindi tanto contrario al progressismo di establishment che alle frattaglie delle varie sinistre (Sinistra Italiana, dice spiritosamente, è come un panda: fenomeni molto rari ma tollerati con simpatia data la loro inefficacia…).

Per chi lo ha seguito negli ultimi anni è stata una voce autorevole che nel guazzabuglio del dibattito pro e contro il cosiddetto “sovranismo” (termine spregevolmente insignificante, mera espressione del più raccattato progressismo di cui esprime la inguaribile vacuità) non ha mai cessato di inserire una ottica di classe nel piccolo Vietnam ideologico di scontro fra opposti identitarismi (identità nazionali con sfumature regressive di destra vs. identity politics delle “minoranze oppresse”); recuperando un asse di confronto liberali vs. socialisti, storicamente risalente ma che illumina il presente con prospettive che si cerca di far dimenticare, per esempio in merito al fatto che i liberali (termine abbastanza incerto) in passato hanno sostenuto il fascismo ed in generale le forze più regressive purché possedessero salde credenziali anticomuniste. Così il professore poteva ironicamente commentare: “ si autodenominano liberali pensando di farsi un complimento”.

Indubbiamente la sua popolarità fra i (cosiddetti) liberali si è ulteriormente assottigliata per la sua posizione poco allineata in merito al sostegno dell’Ucraina dì Zelensky contro la Federazione Russa. La sua prefazione al testo di Benjamin Abelow, Come l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina, assieme al fatto che osi solo rammentare i fatti storici che mettono il crisi lo schema per cui i torti sarebbero tutti da una parte (la Russia) gli sono costate le etichette di putiniano e simili. 

Sia il fascino che il fastidio suscitato dal professor Canfora non risiedono nella radicalitá dei contenuti in senso socialista/comunista. Ma nell’asse del suo discorso che si basa sempre sulla dimensione storica. Lo spazio comunicativo attuale è popolato di slogan, prese di posizione contingenti, polemiche da social destinate ad esaurirsi rapidamente. Cosicché si può, orwellianamente, sostenere qualcosa e in seguito il suo opposto senza dover giustificare il cambiamento e l’incoerenza. La profondità, lo spessore della storicità disturba e dá fastidio, ma sarebbe l’antidoto più adeguato alla pochezza dell’orizzonte politico contemporaneo. Il Dizionario politico minimo è un passo in tal senso.

Matteo Bortolon

5/6/2024 https://www.lafionda.org/

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