La corsa ad ostacoli per chiudere gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari e superare le Rems

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È una corsa ad ostacoli la strada per porre fine alla stagione manicomiale, che ha nell’OPG l’ultimo baluardo. Sono passati otto mesi dal 31 marzo 2015, la data fissata dalla legge per la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, e questi sono ancora aperti.

E’ un male questo ritardo, che prolunga la sofferenza di tante persone costrette all’internamento, ma ancora peggio sarebbe stato concedere un’ulteriore proroga alla scadenza del 31 marzo: sarebbe stata la terza proroga che avrebbe interrotto, forse irrimediabilmente, un percorso complesso e difficile. Che invece resta tutto da esplorare.

Mentre scrivo, nei cinque manicomi giudiziari superstiti (gli Opg di Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino, Napoli, Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto) risultano ancora internate 181 persone (173 uomini e 8 donne). Ma bisogna conteggiare tra gli Opg anche Castiglione delle Stiviere, dove altre 231 persone (di cui 42 donne) sono internate, in una struttura che ha solo cambiato targa diventando una Rems: Residenza per l’esecuzione della misura di sicurezza di tipo detentivo.

Nelle altre Rems, attivate per ora in Emilia Romagna, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Trento, Marche, Lazio, Campania, Basilicata e Sicilia, gli internati detenuti sono n. 222 (di cui 24 donne).

E’ bene ribadire che nelle Rems le persone sono detenute, e infatti si applicano, seppur adattate, le norme del regolamento penitenziario. Nelle prime visite che abbiamo fatto ad alcune Rems abbiamo potuto constatare la contraddizione clamorosa tra il mandato custodiale e quello di cura (si vedano i report delle visite alle Rems, pubblicati sul sito di stopOpg). E quanto le Rems, pur apparendo migliori come ambienti detentivi rispetto agli Opg (e al carcere), salvo eccezioni. riproducono la logica manicomiale (sbarre, porte chiuse, difficoltà o impedimenti per i pazienti ad uscire, a tenere colloqui con i familiari, regole carcerarie, separazione dalla comunità, ecc).

Complessivamente, la popolazione internata in misura di sicurezza detentiva (tra vecchi Opg e nuove Rems) è di 673 persone. In pochi anni c’è stato un dimezzamento del numero di internati, che nel 2011 erano oltre 1.400. Segno che esiste un turn over, con dimissioni che compensano gli ingressi, tuttavia deve preoccupare il fatto che da un anno non cala il numero delle persone in misura di sicurezza detentiva.

Anzi nelle Rems la magistratura continua ad inviare in misura di sicurezza detentiva – soprattutto provvisoria – molte, troppe persone.

Eppure la Rems, e quindi la misura di sicurezza detentiva, non è la soluzione alla chiusura degli Opg. La nuova legge 81, approvata a maggio del 2014, dichiara che l’internamento nelle Rems è una misura estrema e privilegia misure alternative alla detenzione. Questa dovrebbe essere la regola, salvo eccezioni limitate in cui dovesse prevalere l’esigenza di custodia (stimata per non più di un quarto degli attuali internati e dichiarata perfino nelle Relazioni del Governo al Parlamento e in Audizioni del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria DAP al Senato). Le Rems sono, (dovrebbero essere) quindi una extrema ratio e in ogni caso una soluzione transitoria nei percorsi di cura delle persone. Non a caso la legge 81 ha modificato l’assegnazione di pericolosità sociale (in presenza della quale scatta la misura di sicurezza), che non può più essere dichiarata, o confermata, solo perché la persona è emarginata, priva di sostegni economici o per la sola mancanza di programmi terapeutici individuali. Infine, sempre la legge 81, vieta le proroghe senza fine di misure di sicurezza detentive mettendo fine così ai cosiddetti “ergastoli bianchi”.

Lo abbiamo detto più volte: la legge 81 ha introdotto un cambio radicale della normativa sugli Opg, che apre, pur senza modificare il codice penale, una fase del tutto nuova per il superamento degli Opg, seguendo lo spirito della legge 180. La riforma Basaglia che, abolendo il manicomio, ha indicato come centrali gli interventi terapeutico riabilitativi di comunità, fuori dalla logica delle esclusioni e della custodia che aveva caratterizzato la psichiatria fino ad allora. Questo vale anche per la chiusura degli Opg, se si adottano i Progetti Individuali di cura e riabilitazione (anch’essi previsti dalla legge 81) da attuare nella comunità, non in luoghi separati. Naturalmente perché questo si realizzi bisogna che i servizi socio sanitari nel territorio, a partire dai Dipartimenti di Salute Mentale DSM, funzionino e assumano l’iniziativa. È per questo che abbiamo chiesto di assegnare ai DSM le risorse stanziate per la chiusura degli Opg. Ma non basta, bisogna coinvolgere tutti gli attori impegnati in questa vicenda: magistrati (i veri decisori), avvocati, governo, regioni, organizzazioni e operatori sanitari, associazioni.

Per queste ragioni il superamento degli Opg è ben altra cosa rispetto alla apertura delle Rems. Ed è per questo che, di fronte ai ritardi nella chiusura degli Opg e al rischio che si aprano solo le Rems, serve mantenere la mobilitazione della società civile. Perciò il comitato stopOpg continua la sua iniziativa. Al Sottosegretario alla Salute Vito De Filippo (Presidente dell’Organismo di Coordinamento del processo di superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari), in occasione di un recente incontro, abbiamo presentato precise richieste:

 nominare subito il Commissario nelle regioni inadempienti (il Governo ha già inviato le lettere di diffida a otto regioni (Veneto, Piemonte, Toscana, Abruzzo, Lazio, Campania, Calabria, Puglia)

 il commissario deve chiudere nonsolo e finalmente gli Opg ma anche intervenire affinché le misure alternative alla detenzione siano la norma e non l’eccezione;

 sollecitare le Regioni a presentare le proposte di riconversione delle risorse e dei progetti di attivazione delle Rems, a favore dei dipartimenti di salute mentale nel territorio, utilizzando la facoltà, contenuta nella legge1 ;

 monitorare l’applicazione della riforma, in particolare verificare:

  • se i Progetti Terapeutico Riabilitativo Individuali (PTRI) vengono presentati dai Dms e inviati, secondo la norma2 , a Magistratura e a Ministero della Salute entro 45 giorni dall’internamento nelle Rems e se sono esplicitamente finalizzati a soluzioni diverse dalle Rems;
  •  se la magistratura provvede ad applicare misure di sicurezza diverse dall’internamento in Rems; (1 Legge 81/2014 articolo 1 comma 1bis 2 Accordo della Conferenza Unificata Rep. 17 del 26.2.2015 all’articolo 7)
  •  le dimissioni delle persone che hanno raggiunto i termini massimi di internamento 3 , per evitare proroghe della misura di sicurezza detentiva.

C’è dunque molto da fare per il superamento degli Opg. Consapevoli che per fermare del tutto gli ingressi in Opg e ora nelle Rems bisogna cambiare i Codici ancora in vigore, che mantengono separato il trattamento per i folli rei da quello per gli altri cittadini autori di reato.

C’è un duro lavoro per contrastare lo stigma che associa follia a pericolosità sociale, e che produce anche in questa vicenda allarmismi ingiustificati (come è successo con la chiusura dei manicomi). C’è bisogno di cambiare le culture che ancora permeano parte dei servizi (soprattutto nel mondo accademico) e settori della magistratura, e per superare resistenze al loro interno Bisogna sostenere i servizi e gli operatori, in difficoltà per i tagli al finanziamento, e per la pochezza che hanno dimostrato molte Regioni nell’affrontare la sfida della chiusura degli Opg.

E’ una corsa ad ostacoli ma chiudere gli Opg e superare le Rems sarà una vittoria per tutti.

Stefano Cecconi

Cgil nazionale: Responsabile Politiche della Salute, Non Autosufficienza, Terzo Settore, Dipendenze (co-Osservatorio Contrattazione Sociale) Gruppo Protezione Sociale CES (Confederazione Europea dei Sindacati). Tra i promotori del Comitato stopOPG.

www.stopopg.it

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